A Torino un intervento ha salvato la vita di una 17enne e le ha evitato il trapianto di cuore

Quando è arrivata in Italia dalla Serbia, le sue condizioni cliniche erano disperate. La forma di cardiopatia congenita dalla quale era affetta costringeva il suo cuore a fare affidamento su un solo ventricolo. Così questa ragazza di 17 anni doveva assolutamente ricevere un trapianto per sopravvivere, ma i cardiochirurghi dell’Ospedale Regina Margherita sono riusciti a evitare questa strada.
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Giulia Dallagiovanna 20 Agosto 2019
* ultima modifica il 22/09/2020
Intervista al Dott. Carlo Pace Direttore del reparto di Chirurgia pediatrica dell'ospedale Regina Margherita della Città della Salute di Torino

Quando è arrivata in Italia dalla Serbia, di speranze non ne aveva più molte. Il cuore di questa ragazza di 17 anni, della quale non è stato diffuso il nome, doveva infatti riuscire a funzionare servendosi di un solo ventricolo. La sua era una forma di cardiopatia congenita, o, in parole più semplici, di malformazione al muscolo cardiaco. Nel suo paese era già stata operata diverse volte e ormai sembrava che l'unica strada da percorrere fosse il trapianto. Ma all'Ospedale Regina Margherita della Città della Salute di Torino i medici hanno scelto un'altra strada e le hanno salvato la via, senza ricorrere a nessun donatore.

La ragazza è arrivata dall'ospedale di Belgrado grazie a un accordo tra il governo serbo e il nostro Paese. Se ne è occupato direttamente il Centro di Coordinamento Trapianti Nazionale che ha lanciato un appello ai centri regionali. La risposta è arrivata proprio dal reparto di Cardiochirurgia pediatrica del Regina Margherita, diretto dal dottor Carlo Pace. Ma quando è giunta in Italia, le condizioni della giovane paziente erano già terminali. "Ha dovuto affrontare un viaggio di diverse ore in ambulanza dalla Serbia fino a Torino – ha raccontato a Ohga il dottor Pace – ed è quindi arrivata in grave scompenso".

L'idea iniziale era quella di sostituire il suo cuore malfunzionante, con uno "normale", ma i chirurghi hanno poi cambiato idea. "Di solito, si opta per il trapianto quando non si può più percorrere nessun'altra strada – ha spiegato il dottor Pace – A prima vista può infatti sembrare che un muscolo cardiaco nuovo risolva il problema, ma è necessaria una terapia immunosoppressiva e l'intero procedimento deve essere seguito in un centro idoneo: non eravamo certi che a Belgrado potessero gestirlo in modo ottimale. Inoltre, attendere un cuore da un donatore significa andare incontro a lunghi tempi di attesa e le condizioni della ragazza erano troppo gravi per aspettare". I medici hanno poi tenuto conto del fatto che trapiantare un cuore significa anche toglierlo a un'altra persona che potrebbe averne bisogno: una ragione in più per scegliere la strada più convenzionale.

L'intervento chirurgico a cuore aperto è durato 8 ore

E la strada convenzionale consiste nel costruire un collegamento tra le vene e i polmoni, in modo che il sangue potesse circolare liberamente, anche senza passare attraverso il ventricolo inesistente. "È un intervento che eseguiamo regolarmente per questo tipo di cardiopatie congenite e al quale la ragazza si era già sottoposta. Il problema è che in Italia si effettua attorno ai 4 anni, mentre lei ha ricevuto l'ultima operazione quando ne aveva 15. Sono state poi utilizzate delle metodologie che risultano ormai superate. I suoi problemi erano infatti dovuti non solo alla patologia, ma anche al modo in cui era stata trattata. Perciò abbiamo deciso di rifare l'intervento, ma con tecniche moderne".

In Cardiologia pediatrica sono quindi stati effettuati tutti gli accertamenti necessari e poi si è passati all'operazione: otto ore di intervento a cuore aperto.

Il risultato ha premiato l'esperienza e le conoscenze di tutti i professionisti che si sono occupati di questo caso e soprattutto dell'equipe di cardiochirurghi che portato a termine l'intervento. La ragazza ha potuto evitare il trapianto ed è notizia di pochi minuti fa che è stata dimessa dall'ospedale di Belgrado. Finalmente, dunque, sta bene ed è tornata a casa sua, pronta per vivere la sua vita come i suoi coetanei.

Devi sapere, poi, che c'era anche un altro elemento che non poteva essere trascurato: la paziente aveva 17, e durante la degenza ha festeggiato il suo 18esimo compleanno. Non era insomma né una donna adulta, né una bambina. "Allo stato attualeha commentato in proposito il dottor Giovanni La Valle, direttore sanitario della Città della Salute – il nostro centro rappresenta l'unico esempio regionale e uno dei pochi a livello nazionale nel quale le cardiopatie congenite possono essere curate indipendentemente dall'età del paziente, potendone garantire la presa in carico dall'età pediatrica fino alla transizione all'età adulta".

Fonte| Azienda ospedaliero universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino

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