A tu per tu con la variante Omicron, il prof Clementi: “Più contagiosa e meno pericolosa. È la fine della pandemia? Forse sì”

Isolata per la prima volta l’11 novembre 2021 in Botswana e poi in Sudafrica, la variante Omicron si è ormai diffusa in tutto il mondo facendo letteralmente esplodere il numero dei contagi. Secondo il professor Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, il picco potrebbe arrivare a breve, comportando così una riduzione dei casi per la fine di gennaio.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Kevin Ben Alì Zinati 13 Gennaio 2022
* ultima modifica il 14/01/2022
Intervista al Prof. Massimo Clementi Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano

Ha fatto la sua comparsa in scena l’11 novembre 2021. Analizzando i tamponi molecolari di diversi pazienti che si erano testati (positivi) nonostante una sintomatologia non proprio da Covid, i ricercatori del Botswana Harvard HIV Reference Laboratory si erano trovati di fronte a qualcosa che non avevano avevano mai visto prima.

In Botswana non era mai stata presa traccia di quella forma mutata di Sars-CoV-2 e nemmeno nella recente letteratura scientifica. Eppure lei mica si è fermata alle presentazioni, anzi è andata dritta per la sua strada.

Appena 4 giorni dopo si era già mossa fino in Sudafrica e mentre il 26 novembre l’Organizzazione Mondiale della Sanità la definiva come una "Variant of Concern", B.1.1.529 si era presa il mondo: il 22 dicembre ben 110 paesi avevano fatto la sua conoscenza, Italia compresa.

Le conseguenze del suo arrivo le vedi anche tu tutti i giorni. Contagi che raddoppiano in poche ore, con picchi di oltre 200mila positivi in 24 ore, un record per il nostro paese dall'inizio della pandemia. E poi ancora ospedali che si saturano, nuove ondate di decessi e nuove (contro)misure per contenere quanto di buon raggiunto, anche grazie ai vaccini.

Questi sono i contorni di Omicron. Oggi però sono due mesi che ci conviviamo, un tempo sufficiente per farci un'idea più solida di chi e cosa sia davvero questa variante. Di cosa sia capace, cosa dovremmo temere e come possiamo ostacolarla.

Abbiamo stilato l'identikit insieme al professor Massimo Clementi, Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Professor Clementi, la variante Omicron è davvero più contagiosa?

Sì, Omicron ha una capacità di essere trasmessa da un soggetto all’altro maggiore rispetto alle altre. È stato valutato sia sperimentalmente in vitro sia in campo, nell’osservazione delle infezioni umane. Per questo è stata definita una variant of concern.

Come si riconosce linfezione?

Infettando prevalentemente le cellule dell’albero respiratorio superiore, questa variante del virus provoca riniti (raffreddore), faringiti (mal di gola) e molto meno tutti quei sintomi collegati invece a una bronchite o a una polmonite.

Rispetto a Delta cambia il tempo di incubazione? 

Sì, è inferiore di un paio di giorni. Il tempo medio di incubazione dell’infezione da variante Omicron è 3 giorni, con Delta di 5.

Come si cura?

Non cambia nulla a livello terapeutico rispetto a un’infezione da una variante differente. In più, 9 volte su 10 non c’è necessità di una terapia specifica a parte qualche qualche rarissimo caso. Con persone con comorbidità può esserci la necessita di utilizzare farmaci antivirali oppure gli anticorpi monoclonali.

Da cosa dipende questa facilità di trasmissione? 

Omicron è una variante con 32 diverse mutazioni a livello della proteina S, 15 delle quali relative al sito attivo della proteina Spike, il cosiddetto Receptor-Binding Domain, ovvero quello che favorisce il primo legame del virus con le nostre cellule. Queste molteplici mutazioni hanno conferito a questo virus la capacità di infettare molto bene le cellule delle vie aree superiori favorendo quindi una trasmissione più facile. Raggiungendo importanti livelli di carica virale nelle prime vie aree, il virus può infatti trasmettersi con molta più facilità. Il fatto che preferisca le cellule delle prime vie aree, però, è anche il suo limite come patogeno.

In che senso?

La variante Omicron ha una patogenicità inferiore rispetto a Delta. Infettando meno bene le cellule delle basse vie respiratorie, quindi bronchi e polmoni, determina molto meno polmoniti gravi e infezioni severe. La sua capacità di indurre una sintomatologia grave che necessita di ricovero in ospedale è circa 10 volte inferiore. Ancora più bassa se pensiamo a una malattia grave che mette a rischio la vita del paziente.

Perché così tante mutazioni?

È una casualità. Un virus crea varianti in continuazione. Basti pensare che quando infetta una cellula, un virus dà luogo a 3000 nuovi virus e a 30 varianti. Queste ultime quasi mai hanno la possibilità di replicare ed è poi molto raro che conferiscano un vantaggio rispetto al virus precedente. Però qualche volta succede, soprattutto quando il virus circola molto: non è un caso, infatti, che le varianti escano in quelle aree dove minore è la incidenza dei vaccinati. Circolando di più, il virus forma più varianti e più p alto il numero di forme mutate più è elevata la possibilità che dia origine a varianti più “importanti” per la sua diffusione.

Lha citato, quindi apriamo il capitolo vaccinazione. Lidentikit che ha appena stilato, quindi la maggior contagiosità ma una minor pericolosità, vale per i vaccinati, giusto?

Sì, soprattutto per chi ha fatto anche la terza dose. Nonostante il vaccino sia stato preparato con il primo virus, l’immunità solida che viene conferita con il richiamo in qualche modo contrasta molto l’infezione da Omicron. I soggetti che hanno ricevuto le tre dosi possono essere infettati da una variante di questo tipo, albergarla per qualche giorno ma quasi mai si ammalano.

Professore, Pfizer ha annunciato lo sviluppo di un vaccino ad hoc per Omicron: è necessario? 

Sarebbe certamente utile, anche se i soggetti vaccinati con le tre dosi del vaccino attuale quasi mai ammalano.

Proviamo ora a fare unistantanea della situazione epidemiologica in Italia: come siamo messi rispetto alla diffusione di Omicron?

Sta prendendo sempre più piede. Si sta diffondendo molto e in alcun regioni più di altre. Credo per esempio che la Lombardia sia una delle regioni in cui si è diffusa di più, anche oltre il 50%. Questo notevole aumento dei contagi è normale se pensiamo che alla recrudescenza di infezioni da variante Delta cui stavamo già assistendo si è poi aggiunta anche una variante nuova e più contagiosa. È normale poi che la forma che si trasmette meglio sostituisca la precedente.

Per alcuni sta dilagando anche perché i tamponi rapidi non riescono a rilevarla lasciando libere persone potenziamenti contagiose. È così? 

Il test antigenico è di per sé meno sensibile rispetto a un molecolare, ha una minore sensibilità di circa il 30%. Ciò significa che lascia il 30% delle infezioni non diagnosticate, quindi come dei falsi negativi. Ma non credo che Omicron in questo abbia giocato un ruolo clamoroso.

quando-fare-un-tampone

Che ruolo possono avere invece i bambini che rientrano a scuola?  

Penso che abbiano un ruolo nella diffusione, anche perché i bambini sono frequentemente asintomatici o poco sintomatici e possono portare l’infezione da scuola a casa. Però non credo che la scuola sia ciò che provoca un’ulteriore impennata dei casi. Se chiudessimo le scuole come è stato ipotizzato in questi giorni, i bambini non resterebbero comunque isolati. Continuerebbero ad andare in piscina, in palestra e in tutti quei luoghi dove hanno moltissime occasioni di socializzare. Per certi versi la scuola potrebbe invece aiutare a limitare i contagi visto che i ragazzi devono stare ore sui banchi con indosso la mascherina.

Secondo lei quando potremmo avvicinarci al picco di contagi? 

È chiaro che non possiamo dirlo con certezze. L’unica cosa che posiamo osservare è quanto accaduto in Sudafrica, dove la variante è emersa. Qui ha dato una fiammata di casi improvvisa e molto violenta e poi altrettanto rapidamente i contagi sono diminuiti. Stiamo osservando lo stesso andamento anche in Gran Bretagna, dove in questi giorni i casi si stanno riducendo. Se anche in Italia e in Europa dovesse andare così, dovremmo vedere una significativa riduzione di casi di infezione da variante Omicron verso la fine di gennaio.

Anche se ora si parla di Deltacron, un mix tra Delta e Omicron potenzialmente più pericoloso? 

L’allarme è rientrato. Ieri i ricercatori che avevano segnalato questa variante hanno ritirato i dati. Si pensa ad un errore di laboratorio. In ogni caso, questi virus possono dare forme di mescolamento genetico che poi si riflettono in un altro virus molto diverso.

Professor Clementi, alcuni sostengono che Omicron rappresenti linizio della fine della pandemia. È daccordo?

Da un po’ ci si aspettava che il virus formasse una variante meno patogena, meno aggressiva e in qualche modo più adattata all’uomo. È improbabile che un virus che ha dato una pandemia così diffusa ci abbandoni in tempi brevi: l’auspicio quindi è che si trasformi magari in un virus stagionale che ci darà un raffreddore. Avere un virus che non crea troppi problemi e richiede magari una vaccinazione stagionale nei mesi precedenti l’inverno può essere una situazione che fa uscire da quella eccezionalità della gestione attuale e che rimanda a situazioni che viviamo continuamente con altri virus respiratori noti.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.