Anche le sale operatorie inquinano, ma ora abbiamo un modo per riciclare la plastica prodotta da un intervento chirurgico

Un gruppo di di ricercatori svedesi ha sviluppato una tecnologia capace di convertire i rifiuti misti dell’assistenza sanitaria in elementi chimici di base riutilizzabili per la produzione di nuova plastica. L’intuizione potrebbe aiutare a ridurre le emissioni del settore sanitario che, secondo le stime, rappresentano quasi il 5% delle emissioni globali di gas serra.
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Kevin Ben Alì Zinati 8 Agosto 2024
* ultima modifica il 08/08/2024

Risolvono problemi, ci migliorano la vita e molto spesso ce la salvano. Non sempre, però, fanno del bene al Pianeta che ci ospita.

È l’annoso paradosso in cui sono incastrati gli interventi chirurgici, ancora oggi caratterizzati da un’impronta ambientale decisamente importante a cui oggi però potremmo aver trovato una soluzione.

Passo indietro. Sì, anche le sale operatorie inquinano. Secondo una revisione di quasi 900 articoli pubblicata sul Journal of Visceral Surgery, procedure oftalmologiche, di chirurgia generale/digestiva così come gli interventi ginecologici, ortopedici, neurochirugici e cardiaci possono produrre da 4 a 814 kgCO2e grazie all’utilizzo di gas anestetici e al proprio consumo energetico.

Senza contare poi l’enorme quantità di rifiuti di plastica e altri materiali che una sola sala operatoria può generare. Stiamo parlando di una capacità di quasi 4kg a intervento.

L’impatto ambientale delle sale operatorie rientra nel conto delle emissioni dell’intero settore sanitario che, secondo le stime, rappresentano il 4,9% delle emissioni globali di gas serra.

I rifiuti sanitari hanno sempre rappresentato un problema complesso. In parte perché si tratta di articoli monousoguanti, mascherine, sacche per il sangue – che non possiamo sempre riciclare dal momento che non abbiamo a disposizione tecnologie adeguatamente efficaci.

Il problema ha poi raggiunto proporzioni ancora più grandi durante la pandemia, con l’abbandono smisurato di mascherine lungo strade, marciapiedi e pure mari e oceani.

Visto l’utilizzo a cui sono destinati, poi, questi prodotti oggi non possono realizzati con plastica riciclata perché necessitano di requisiti di purezza e qualità estremamente alti. Una circolarità compromessa, insomma, anche per il fatto che grossa parte di questi articoli sanitari sono contaminati dopo l’uso e, quindi, devono essere maneggiati in modo da evitare i rischi di diffusione di potenziali infezioni.

Del peso ambientale delle sale chirurgiche ci aveva già parato il dottor Piergiorgio Messa, Presidente Società Italiana Nefrologia, riportando già nel 2021 la necessità di migliorare i trattamenti di dialisi, una delle attività nefrologiche con il maggior impatto ambientale ma ora un gruppo di di ricercatori della Chalmers University of Technology, in Svezia, sembra aver trovato una soluzione nuova e potenzialmente rivoluzionaria.

Hanno scoperto cioè un modo sicuro ed efficace per convertire i rifiuti misti dell’assistenza sanitaria in elementi chimici di base riutilizzabili a loro volta per la produzione di nuova plastica.

L’idea è quella di utilizzare una tecnologia ribattezzata «riciclaggio termochimico» per scomporre i rifiuti mescolandoli con sabbia a temperature fino a 800°C. Le molecole di plastica che li compongono vengono quindi scomposte e convertite in un gas, che rappresenta la base per la produzione di nuova plastica.

Le parole di Martin Seemann, professore associato presso la Divisione di tecnologia energetica di Chalmers, hanno reso ancora più chiaro il funzionamento di questa tecnologia: “Può essere paragonato a un martello termico che frantuma le molecole e allo stesso tempo distrugge batteri e altri microrganismi. Ciò che rimane sono diversi tipi di composti di carbonio e idrocarburi. Questi possono quindi essere separati e utilizzati nell'industria petrolchimica, per sostituire i materiali fossili attualmente utilizzati nella produzione”.

I test eseguiti nella vita reale in una struttura di prova su mascherine e guanti di plastica e anche altri oggetti composti da un mix di dieci materiali plastici differenti hanno dimostrato l’efficacia del sistema. Le potenzialità di questo nuovo approccio di gestione dei rifiuti ospedalieri aprono dunque a scenari ambiziosi.

Il riciclaggio termochimico, per esempio, offre un modo efficace per riciclare quei rifiuti che oggi vengono scartati, faciliterebbe il recupero di preziosi atomi di carbonio e permette anche di creare materiali abbastanza puri e di qualità per dare vita a nuovi strumenti sterili per fare ciò he si fa dentro una sala operatoria.

Ovvero risolvere problemi, migliorare la vita, salvarla proteggendo allo stesso tempo il Pianeta. Circolarità ristabilita.

Fonte | Chalmers University of Technology

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