Laboratori in tutto il mondo stanno testando molecole e composti che possano funzionare come vaccino per il Coronavirus. Quando ci pensi, probabilmente immagini un farmaco da ingerire o una sostanza da iniettare. Un’altra via potrebbe permetterci invece di assumerlo con una puntura fatta però attraverso 400 minuscoli aghetti posti su un cerotto grande quanto un polpastrello.
Il meccanismo è semplice. Questi aghetti entrerebbero nella pelle somministrando frammenti di proteina spike, cioè quella che costituisce le punte della corona del virus: in due settimane l’organismo potrebbe sviluppare gli anticorpi specifici per il Coronavirus, arrivando entro altri 25-30 giorni ad una concentrazione sufficiente per contrastarlo in modo decisivo.
È il vaccino sperimentale sviluppato un gruppo di ricercatori della School of Medicine dell'Università di Pittsburg, il cui studio è stato presentata sulla rivista EBioMedicine, edita da The Lancet. Si tratta della prima ricerca per un potenziale vaccino pubblicata dopo una revisione da parte di altri esperti. Fai attenzione però, il vaccino finora è stato testato soltanto sui topi e non sugli umani: non si tratta quindi della svolta nell’emergenza Coronavirus. È piuttosto una strada molto promettente da seguire.
Ribattezzato “PittCoVacc”, il vaccino dei ricercatori di Pittsburg è stato realizzato partendo da frammenti di proteine virali ricreate in laboratorio. Queste, una volta somministrate, possono stimolare la risposta immunitaria verso il virus. Nel caso dei coronavirus Sars e Mers la proteina in grado indurre l'immunità è la cosiddetta Spike, ovvero quella che compone le punte esterne del virus con cui entra nelle cellule.
Il vaccino funzionerebbe dunque così: attraverso 400 aghi lunghi 0,75 millimetri e larghi 0,2 millimetri e fatti di carbossimetilcellulosa, la proteina Spike viene somministrata nell’organismo attraverso la pelle, così il sistema immunitario riconosce l’elemento esterno e attiva l’azione difensiva. Nel momento in cui il soggetto dovesse così entrare in contatto con il virus, il suo organismo avrebbe già sviluppato gli anticorpi necessari per contrastarlo.
Come si legge nello studio, somministrare il vaccino con un cerotto direttamente sulla cute è risultata la soluzione migliore in termini di efficacia e di tempo. La pelle è il primo ostacolo che batteri e virus incontrano nel momento in cui attaccano il nostro organismo e per questo è dunque ricca di cellule immunitarie. Perciò se il vaccino viene iniettato nella pelle è più facile che la risposta del sistema immunitario sia più massiccia. Ma non solo.
L’iniezione del vaccino nelle attraverso i microaghi del cerotto è molto più localizzata rispetto, per esempio, ad un una puntura intramuscolare. Ciò significa avere una concentrazione di vaccino maggiore in una zona più limitata dove l’attività immunitaria e la replicazione degli anticorpi specifici può avvenire più velocemente e senza ulteriori dosi di vaccino.
In questo modo si contribuirebbe, scrivono i ricercatori, “a un effetto di risparmio di dose che potrebbe ridurre le dosi di vaccino necessarie per un'immunizzazione efficace e ridurre sostanzialmente sia i costi che la tossicità”.
Come ti accennavo poco fa, finora il vaccino è stato testato soltanto sugli animali, nello specifico sui topi. I ricercatori di Pittsburgh hanno notato che, una volta applicato il cerotto, l’organismo dei topi è stato capace di produrre una grande quantità di anticorpi contro il Coronavirus nell’arco di sole due settimane.
Nonostante manchino ancora le valutazioni sul lungo periodo e non si sappia quindi per quanto potrebbe durare la risposta immunitaria contro il Coronavirus, i ricercatori indicano due buoni motivi per essere ottimisti. Nei topi in cui la stessa procedura è stata utilizzata per somministrare il vaccino contro la Mers, la produzione di anticorpi che contrastavano virus è stata sufficiente per un anno. E inoltre, nel caso della Sars-Cov-2, secondo i ricercatori finora gli anticorpi stanno seguendo lo stesso andamento. Non resta che aspettare.
Fonte| "Microneedle array delivered recombinant coronavirus vaccines: Immunogenicity and rapid translational development" pubblicato su EBioMedicine il 2 aprile