Contro l’artrite reumatoide potremmo presto avere un nuovo potenziale farmaco con una maggiore efficacia e un grado di sicurezza più alto rispetto ai trattamenti standard. Lo suggeriscono i risultati ottenuti da due studi clinici di fase III sul composto filgotinib, annunciati al congresso dell’Eular, l'organizzazione europea che racchiude le maggiori società di reumatologia del continente. Il filgotinib è un inibitore Jak, ovvero un farmaco che contrasterebbe in modo selettivo l’azione di alcuni enzimi della famiglia Janus chinasi, coinvolti nello sviluppo di processi infiammatori e quindi anche dall’artrite reumatoide. Sebbene il filgotinib sia un farmaco sperimentale che non ha ancora avuto l’autorizzazione da parte delle Autorità Regolatorie, secondo gli studi clinici Finch I e III, in un arco temporale di 52 settimane avrebbe comunque dimostrato di poter aiutare un numero maggiore di pazienti a controllare i sintomi di questa malattia infiammatoria cronica con un profilo di sicurezza migliore rispetto alle terapie e ai farmaci finora utilizzati contro l'artrite reumatoide.
Gli studi Finch I e III si sono concentrati su una coorte di pazienti adulti affetti da artrite reumatoide caratterizzata da un’aggressività moderata e severa. Finch I ha valutato l’azione del filgotinib, un inibitore specifico per la Janus chinasi Jak-1, rispetto al placebo o ad un altro farmaco, l’adalimumab: il campione preso prevedeva pazienti che non avevano avuto risposte dalla terapia con metotrexato, un antitumorale con proprietà antinfiammatorie tipicamente usato nel trattamento dell'artrite reumatoide. Il filgotinib è stato somministrato in dosi da 200 milligrammi una volta al giorno e in dosi da 100 mg: ogni due settimane venivano alternati o l’adalimumab, in dosi da 40 mg, o il placebo. Il programma Finch III, invece, ha valutato il filgotinib in pazienti che non avevano mai assunto il metotrexato.
Lo studio clinico Finch I ha evidenziato che entrambi i dosaggi di filgotinib sarebbero stati più efficaci rispetto al placebo o alla somministrazione di adalimumab. In particolare, il filgotinib avrebbe migliorato almeno del 20% i sintomi della malattia come il dolore e il gonfiore alle articolazioni rispetto al placebo. Alla 52esima settimana di trattamento, inoltre, una percentuale maggiore di pazienti trattati con filgotinib (200 mg) sembrerebbe aver ottenuto una bassa attività dell'artrite reumatoide e la remissione clinica rispetto a quelli trattati con l’adalimumab. I due dosaggi di filgotinib, infine, avrebbero anche dimostrato un profilo di sicurezza elevato tenendo lontani quelli che vengono definiti “eventi avversi” come infezioni gravi, herpes zoster, tromboembolia venosa o problemi cardiovascolari.
Nello studio clinico Finch III, invece, ai pazienti è stato somministrato il filgotinib in dosi di 200 mg in monoterapia oppure in combinazione con il metotrexato. Secondo i risultati, entrambi i tipi di trattamento avrebbero dimostrato un'efficacia importante contro la malattia cronica, mantenuta per le stesse 52 settimane dello studio Finch I: chi aveva assunto il filgotinib (200 mg) da solo o con il metotrexato avrebbe infatti avuto un miglioramento significativo della funzione fisica, con un profilo di sicurezza anche qui decisamente coerente.
Fonte | "A subgroup Analysis of low disease activity and remission from phase 3 study of filgotinib in patients with inadequate response to biologic dmards" presentato il 5 giugno 202o al convegno Eular
(Modificato da Alessandro Bai il 19-06-2020)