A partire dal 2013, la sopravvivenza media dei pazienti con melanoma è aumentata. Ed è, come potrai facilmente immaginare, un'ottima notizia. Un risultato emerso grazie a uno studio di Airtum, l'Associazione dei registri tumori italiani, coordinato dal Registro tumori della Romagna, presentato in anteprima al XXVII Congresso nazionale Imi, l'Intergruppo melanoma italiano, che si tiene a Torino. Si tratta della prima volta in assoluto che in Italia e in Europa si osservano questi numeri e non sono certo frutto del caso: è la dimostrazione di come diagnosi precoce e la ricerca sui nuovi farmaci siano il binomio vincente persino contro le malattie che ci fanno più paura. Nello specifico, possiamo festeggiare un aumento della sopravvivenza a 5 anni che passa dall'87% del 2007, al 93% del 2017. E, si spera, crescerà ancora.
Di solito si prendono 5 anni come misura di riferimento perché è un tempo congruo per valutare se la neoplasia sia effettivamente in remissione. In questo caso, ci si è concentrati soprattutto sullo spessore del melanoma, che è già un indicatore di quale potrà essere la prognosi. Significa, cioè, che le probabilità di guarigione sono superiori quando la formazione è sottile e minori se questa risulta particolarmente spessa. "Lo studio – ha spiegato Emanuele Crocetti, consulente dell'Istituto Tumori della Romagna (Irst) – ha confermato che, in entrambi i sessi, lo spessore mediano dei melanomi registrati nel periodo 2003-2017 ha continuato a diminuire e che, parallelamente, la sopravvivenza dei pazienti ha continuato a migliorare". Un progresso che a quanto pare ha interessato soprattutto gli uomini che per la prima volta raggiungono la parità di aspettative di vita con le donne, nonostante di norma mostrino tumori più spessi.
La prima ragione di questo ottimo risultato è da ricercarsi nelle diagnosi sempre più precoci, che permettono di individuare subito i melanomi meno spessi, prima che peggiorino. Mentre le campagne di prevenzione hanno favorito una maggiore aderenza ai controlli periodici da parte delle persone, l'intelligenza artificiale fornisce un valido aiuto per stabilire più velocemente se un neo è sospetto oppure no. In questo modo è l'intera catena a beneficiarne perché vengono trattati prima i pazienti più a rischio e si riducono le liste di attesa.
Dall'altro lato, a partire dal 2010 sono entrati in uso nuovi farmaci, diretti soprattutto contro quei tumori con mutazione del gene BRAF, oltre all'immunoterapia anti PD1 e anti CTLA4 che si somministrano ai pazienti con malattia in stadio avanzato.
Un'altra novità che ha riguardato gli ultimi anni sta nell'intervento chirurgico. Oggi infatti si operano i tumori fino al quarto stadio e si cerca di eliminare tutte le eventuali metastasi. Questo significa che molti più pazienti possono considerarsi liberi dalla malattia. Alla base, di nuovo le terapie e soprattutto l'immunoterapia che consente di ridurre la massa tumorale e renderla quindi più facilmente operabile.
Fonte| Ansa