Prima di tutto, è bene precisare che stiamo parlando di un disturbo psichiatrico cronico, caratterizzato da frequenti alterazioni dell'umore. Una persona dunque alterna fasi in cui è depressa, disperata, senza energie e totalmente apatica, ad altre in cui invece è di ottimo umore, ha un eccesso di autostima e sfocia spesso in stati di euforia ed esaltazione. Al centro di tutto questo c'è l'eutimia, ovvero la condizione di umore stabile, i cui cambiamenti restano entro i limiti della norma.
Lo studio italiano è stato coordinato dalle psichiatre Raffaella Zanardi e Cristina Colombo, professoressa ordinaria presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e direttrice del Centro Disturbi dell’Umore dell’Ospedale San Raffaele Turro e ha coinvolto in tutto 151 pazienti per un periodo di 12 mesi. Durante la loro osservazione hanno preso in considerazione diversi tipi di comportamenti aggressivi come irritabilità, aggressività verbale, aggressività contro oggetti e aggressività contro le persone. Il primo infatti, sebbene non sia un vero e proprio comportamento violento, aiuta a far percepire le persone con disturbo bipolare come potenzialmente pericolose.
Dallo studio però è emerso chiaramente come gli episodi di aggressività fossero scarsi e soprattutto si concentrassero durante i periodi in cui la malattia era in fase acuta. Inoltre, solo l'1,32% dei pazienti ha mostrato atteggiamenti violenti rivolti verso le persone, mentre in tutti gli altri casi il bersaglio erano oggetti, oppure si trattava unicamente di violenza verbale.
"Abbiamo osservato come la quasi totalità degli episodi aggressivi verificatisi nei periodi di benessere – commenta la dottoressa Zanardi – fosse correlato alla presenza di una co-diagnosi psichiatrica: disturbi di personalità, disturbo da uso di alcol o abuso di sostanze".
Insomma, essere bipolari non significa essere violenti. E soprattutto le malattie mentali devono essere curate proprio come quelle che colpiscono il fisico, non diventare un tabù del quale ci vergogniamo di parlare.
"Resta ancora da capire se la compliance alle visite possa costituire un fattore protettivo verso agiti aggressivi, o viceversa, chi ha comportamenti violenti ha tassi di abbandono più elevati. Siamo speranzosi che i nostri risultati possano aiutare a demolire lo stigma secondo cui la diagnosi psichiatrica equivale a violenza, e che la violenza possa in questo modo essere giustificata da una malattia", conclude la professoressa Colombo.
Fonte| "Aggressiveness in bipolar illness: from stigma to reality" pubblicato sul Journal of Psycopatology, l'8 aprile 2020