Cancro ai reni: sperimentati due nuovi trattamenti immunoterapici

Due studi americani hanno provato ad abbinare farmaci immunoterapici alle tradizionali cure contro il tumore. I risultati hanno mostrato come l’aspettativa di vita si allunghi di qualche mese e le probabilità di sopravvivere alla malattia aumentino quasi della metà. Rimangono ancora alcuni punti critici, ma si tratta di un passo avanti nel trattamento di questo tumore.
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Giulia Dallagiovanna 12 Febbraio 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

Quando una persona si ammala di tumore, il problema non è solo il malessere provocato dalla patologia in sé, ma anche gli effetti collaterali delle cure utilizzate oggi: chemioterapia e radioterapia. Metodi invasivi, che bombardano letteralmente il carcinoma con radiazioni che lo raggiungono attraverso il sangue. Lungo la strada però intaccano anche alcune cellule sane, provocando nausea, problemi gastrointestinali e disturbi, anche seri, a fegato e tiroide. Ecco perché il mondo della ricerca è al lavoro per trovare nuove cure, che abbiano sempre meno complicanze per il corpo del paziente. Due nuovi studi pubblicati sul New England Journal of Medicine potrebbero aprire la strada per l'immunoterapia contro il cancro ai reni.

Su Ohga ti abbiamo già spiegato cos'è l'immunoterapia e ti avevamo mostrato come potrebbe essere utilizzata in via sperimentale contro il tumore al seno. In breve, si tratta di un meccanismo di attivazione dei tuoi stessi anticorpi, in modo che sia direttamente il tuo sistema immunitario ad attaccare le cellule malate. Questa sorta di accensione può essere fatta attraverso diversi interventi: farmaci, iniezioni, pillole o cateteri. In questo caso, entrambi i gruppi di ricerca hanno utilizzato una medicina in abbinamento alle cure tradizionali.

Grazie all'immunoterapia si allunga l'aspettativa di vita e aumentano le probabilità di sopravvivenza

Nel primo caso, seguito dall'Università di Harvard a Boston, si è trattato del binomio avelumab, dispositivo immunoterapico disponibile anche in Italia, e axitinib, farmaco tradizionale. Hanno preso parte alla cura sperimentare 886 pazienti affetti da cancro ai reni e la metà di loro ha ricevuto anche l'immunoterapia. Chi era stato sottoposto al doppio trattamento ha ottenuto un'aspettativa di vita più lunga di sei mesi, rispetto a chi aveva seguito il percorso più classico.

Il secondo studio, portato avanti dall'Università di Cleveland, nell'Ohio, ha invece inserito medicine a base di pembrolizumab, principio attivo immunoterapico utilizzato anche nel nostro Paese. I partecipanti sono stati 861 e, come nel caso precedente, tutti loro avevano ricevuto una diagnosi di carcinoma renale. Sono stati 432 i pazienti che hanno ricevuto la cura sperimentale e la loro aspettativa di vita si è rivelata più lunga di quattro mesi. Ma i risultati davvero importanti riguardano la probabilità di sopravvivenza alla malattia: le persone che avevano ricevuto il pembrolizumab avevano il 47% di rischio in meno di morire a causa del tumore e il 31% di probabilità in meno che questo progredisse.

Rimangono però ancora diverse questioni da approfondire. Anche con una cura in parte immunoterapica, gli effetti collaterali non spariscono del tutto e i ricercatori si sono chiesti se sia davvero il caso di prolungare le sofferenze di un malato terminale solo per garantirgli pochi mesi di vita in più. E un altro punto critico sono i costi: al momento non è pensabile sostenere interventi di questo tipo su larga scala.

Si tratta però di un passo avanti. Forse l'immunoterapia per il cancro ai reni non potrà essere utilizzata a partire da domani, ma la medicina oncologica del futuro va in quella direzione e potrebbe diventare una realtà già entro il 2050.

Fonti| "Avelumab plus Axitinib versus Sunitinib for Advanced Renal-Cell Carcinoma" pubblicato su New England Journal of Medicine, il 16 febbraio 2019;
            "Pembrolizumab plus Axitinib versus Sunitinib for Advanced Renal-Cell Carcinoma" pubblicato su New England Journal of Medicine, il 16 febbraio 2019;

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