Non se ne parla molto spesso, ma il cancro al colon-retto è il secondo tumore maligno che colpisce le donne, dopo il cancro al seno. E il terzo per incidenza sugli uomini, superato solo da carcinoma al polmone e alla prostata. Con 53mila casi nuovi ogni anno, è evidente di come si tratti di una patologia piuttosto diffusa e di come sia necessaria la ricerca di una cura efficace. Nel frattempo però arriva anche una buona notizia: secondo il sito dell'Airc (Associazione italiana per la ricerca contro il cancro), il tasso di mortalità si è abbassato, grazie soprattutto ai programmi di screening e alle diagnosi sempre più precoci. E ora potrebbe arrivare un nuovo strumento per ridurre i tempi: il microbioma intestinale prelevato da un campione di feci.
Uno studio che ha visto la collaborazione fra il Dipartimento Cibio dell'Università di Trento, l'Istituto europeo di oncologia di Milano e la LILT (Lega italiana per la lotta contro i tumori). Un nucleo italiano di un gruppo di lavoro internazionale che è riuscito a individuare quella che i ricercatori hanno definito "la firma" della neoplasia al colon-retto all'interno della flora batterica dell'intestino. Nei campioni fecali raccolti in prevalenza dall'ospedale milanese, sono stati individuati un gruppo di microorganismi che possono risultare indicativi della presenza del carcinoma.
Non solo, ma è emerso anche un numero statisticamente più elevato di copie di un gene che codifica per l’enzima cutC. Si tratta di un enzima che è coinvolto nel metabolismo della colina, un composto organico che proviene dall'alimentazione, e nella produzione della trimetilammina, una molecola che diversi studi hanno già associato al rischio maggiore di avere un cancro al colon-retto.
Scoprire che da un'analisi delle feci si possa arrivare a una prima diagnosi della malattia è un'ottima notizia. Non solo è un esame meno invasivo di quelli normalmente utilizzati, ma offre anche la possibilità di arrivare a un verdetto definitivo in tempi più rapidi: il miglior modo per applicare una terapia efficace. Sembra inoltre che possa avere effetto anche sul trattamento della malattia: la composizione del microbioma è infatti collegata ai risultati di approcci immunoterapici, almeno per quanto riguarda altri tipi di tumori. Una speranza, dunque, per malati presenti e futuri, anche se si tratta di un metodo che dovrà ancora essere validato per entrare nella prassi.
Fonte| "Metagenomic analysis of colorectal cancer datasets identifies cross-cohort microbial diagnostic signatures and a link with choline degradation" pubblicato su Nature Medicine il 1 aprile 2019