Che cosa sono i contagi di ritorno e perché preoccupano così tanto

Allentare le misure di contenimento comporta il rischio di far ripartire il contagio e provocare una seconda ondata di infezioni. Per avere un riferimento dobbiamo guardare alla Cina, che è stato il primo paese ad essere colpito dal nuovo coronavirus e adesso si ritrova ad affrontare, dopo due mesi di blocco totale, il problema dei contagi di ritorno.
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Federico Turrisi 14 Aprile 2020
* ultima modifica il 03/01/2021

Bisogna mettersi il cuore in pace: il ritorno alla normalità è ancora lontano. La cosiddetta fase 2 annunciata dal governo italiano sarà contrassegnata dalla cautela. Riaprire sì, ma gradualmente, e soprattutto mantenendo le misure di tutela alla salute. Il che significa che il distanziamento sociale, il divieto di assembramenti e l'utilizzo di dispositivi di protezione individuale, come le mascherine, saranno la norma.

Tutto questo per un motivo molto semplice: scongiurare i contagi di ritorno. L'hanno ripetuto a più riprese gli esperti. La soluzione "tana liberi tutti" darebbe origine alla formazione di nuovi focolai e a nuova impennata di casi che porterebbe rapidamente alla saturazione dei reparti di terapia intensiva. La quarantena invece è stata imposta proprio per cercare di dare un po' di fiato alle strutture ospedaliere, e per questo motivo una ripresa delle attività, come a gennaio per intenderci, rischia di vanificare tutti gli sforzi fin qui fatti. Come puoi capire, l'ingresso nella fase 2 rappresenta un momento molto delicato.

Per capire meglio di che cosa stiamo parlando, possiamo osservare il caso cinese. Ti avevamo già parlato di quali misure stesse prendendo Pechino per impedire una nuova ondata di contagi. Tra queste c'è la chiusura delle frontiere. Già, perché Covid-19 è una pandemia, vuol dire che il virus circola in tutto il mondo. Nei giorni scorsi, il ministero degli Esteri cinese ha fatto sapere che dei circa 1.200 casi importati accertati, circa il 90% è rappresentato da cittadini cinesi, soprattutto studenti, che rientravano dagli altri Paesi. Insomma, se stavi pensando a un viaggio all'estero per la prossima estate ti conviene rivedere i tuoi piani. Nessuno Stato vorrà esporsi al rischio di introduzione di casi importati.

Certo, in Italia siamo ancora in una fase di plateau e dobbiamo contenere la trasmissione a livello locale. L'incognita principale è rappresentata dagli asintomatici, persone che hanno contratto il virus e sono in grado di trasmetterlo a loro insaputa. Qui entrano in gioco i tamponi. Occorre una strategia ben precisa. In altre parole, occorre migliorare la capacità diagnostica del sistema (che non ha niente a che vedere con i test sierologici): vanno individuati i casi sommersi e vanno sottoposte al test tutte le persone che possono avere avuto un contatto con loro. La soluzione definitiva all'emergenza coronavirus è però solamente una e si chiama vaccino. Dato lo sforzo senza precedenti messo in campo dalla comunità scientifica, potrebbero accorciarsi sensibilmente i tempi per il suo sviluppo. Si parla comunque di mesi.

Fonte | Scienza in rete

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