In Italia ci sono ben 3,6 milioni di persone che hanno avuto una diagnosi di cancro. E, di questi, il 27% – circa 900 mila – può essere considerato guarito. Sappiamo bene che affrontare un tumore è un percorso difficile, che ti segna non solo fisicamente, ma psicologicamente. È fondamentale quindi tornare a vivere, seguendo sempre i protocolli di follow up, ma con la consapevolezza che si può guarire e che si ha il diritto di guardare al futuro con speranza. Questa speranza, talvolta, è oscurata da una discriminante grave: la società considera un ex malato oncologico un malato a vita o comunque un predestinato alla malattia. È proprio qui che entra in gioco l’oblio oncologico.
L’oblio oncologico, letteralmente, dovrebbe essere il diritto a non far sapere a tutti che si è stati malati di tumore. Perché c’è questa necessità? In Italia, dopo aver combattuto contro un cancro ed essere guariti, ci si trova a non poter accedere ad alcuni servizi o tutele. Per chi ha un passato oncologico è difficile ottenere un mutuo, un prestito, spesso le assicurazioni non tutelano completamente eventuali malattie o hanno massimali molto alti. In alcuni casi, essere stati malati è anche una discriminante di assunzione, perché il datore non vuole un potenziale malato oncologico nel suo staff.
Per accedere a determinati servizi o colloqui, infatti, bisogna comunicare se si è stati in cura per una neoplasia o una malattia invalidante e purtroppo spesso la storia clinica può condizionare il futuro. Ecco, quindi, che potrebbe diventare importante una legge sul diritto all’oblio oncologico, ovvero al non dover dichiarare che in un passato lontano, si è stati malati. C’è poi anche da fare una riflessione importante: dopo la guarigione, si devono seguire di protocolli di follow up, che possono durare da 5 a 20 anni. Quello che però insegnano i medici è che non vanno vissuti come una terapia. Non bisogna sentirsi malati. Si chiama prevenzione, perché che poi sia il contesto sociale ad affibbiarti l’etichetta di malato a vita.
Per questa ragione Fondazione AIOM ha realizzato la campagna di comunicazione “Io non sono il mio tumore” con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni, nella speranza di raggiungere al più presto una politica condivisa sull’oblio oncologico.
La guarigione da un tumore ha tempi diversi a seconda del tipo di neoplasia:
Sì, in alcuni Paesi esiste. È riconosciuto in Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo, mentre in Italia non c’è ancora una normativa. Mission on Cancer, promossa e finanziata dalla Commissione Europea, prevede di salvare, entro il 2030, tre milioni di persone, assicurando una vita più lunga e migliore. In che modo? Non solo con accesso alle cure e diagnosi tempestive, ma anche sostenendo la qualità della vita, perché solo con il ritorno alla normalità ci si può realmente sentire guariti. E consapevolmente al fatto che il rischio di recidiva esiste e in alcuni casi potrebbe essere elevato, una futura legge permetterebbe di non considerare più paziente oncologico:
Fonte | Diritto all'oblio oncologico