Chiude Mosaico, il più avanzato studio sul vaccino anti-HIV. La professoressa Castagna: “Grossa delusione ma ci sono altre due strade”

Lo studio internazionale di Fase III ha fallito poiché il farmaco non si è dimostrato in grado di prevenire l’infezione da HIV. Secondo il Primario di Malattie Infettive del San Raffaele di Milano, lo stop a Mosaico non ci chiude la strada verso la conquista di un vaccino ma la rallenterà solo di qualche anno.
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Kevin Ben Alì Zinati 2 Febbraio 2023
* ultima modifica il 02/02/2023
In collaborazione con la Prof.ssa Antonella Castagna Primario del reparto di Malattia Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano

“Speravamo di essere vicini alla meta, è vero, mentre invece adesso dobbiamo rimandare indietro le lancette di qualche anno. Per la professoressa Antonella Castagna, primario del reparto di Malattia Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, lo stop allo studio Mosaico va letto così.

Che il più avanzato progetto per lo sviluppo di un vaccino anti-HIV sia stato mandato in pensione è un bastone tra le ruote, un ostacolo che delude, frustra e fa arrabbiare ma non compromette i piani per contrastare le infezioni da virus dell’immunodeficienza umana: ne rallenta semmai la riuscita.

Sentirlo dire da chi, questa maratona, la sta correndo in prima persona – il San Raffaele di Milano è stato uno dei centri italiani coinvolti nello studio – aiuta a tenere a bada la delusione. Oggi la sconfitta fa un po’ meno male.

Mosaico, insomma, ha fallito. La revisione da parte del Data and Safety Monitoring Board, un organismo esterno che ogni 3-4 mesi controlla l’andamento del trial e che non sa quale gruppo di pazienti sta prendendo il placebo e quale il vaccino, ha infatti dato luce rossa. Sebbene il regime vaccinale sperimentale fosse sicuro e ben tollerato dai pazienti, il farmaco non è riuscito a prevenire l’ingresso di HIV nelle cellule umane.

Il numero di infezioni da HIV registrato nel braccio di pazienti sottoposti al trattamento era equivalente a quello registrato nel braccio sotto placebo. “La speranza era che tra i due gruppi di pazienti ci fossero delle differenze, segno che qualcosa stava effettivamente andando nella direzione giusta – ha aggiunto la professoressa Castagna – In realtà però è andato tutto all’opposto”. Non è stata riscontrata alcuna differenza nel numero di infezioni tra i due bracci, anzi: il placebo e il vaccino andavano nella stessa direzione.

Con lo stop a Mosaico dobbiamo rimandare indietro le lancette di qualche anno

Prof.ssa Castagna, Primario Malattie Infettive San Raffaele Milano

Mosaico era una sperimentazione clinica di fase 3 iniziata nel 2019, messa in piedi da Janssen, la divisione di ricerca dedicata ai vaccini di Johnson & Johnson, e finanziata dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), parte del National Institutes of Health statunitense.

L’arruolamento dei pazienti ha richiesto del tempo ma alla fine ha incluso più di 3800 persone di età compresa tra i 18 e i 60 anni provenienti da oltre 50 centri in Argentina, Brasile, Italia, Messico, Perù, Polonia, Porto Rico, Spagna e Stati Uniti.

“Lo studio aveva coinvolto soprattutto individui MSM (uomini che fanno sesso con altri uomini) e transgender ed era diventato il più grande nella ricerca di un vaccino contro HIV” ha raccontato con orgoglio l’infettivologa. Lo stesso orgoglio con cui ha sottolineato che la forza di Mosaico stava anche nel aver resistito a tutte le difficoltà legate alla pandemia.

Il regime vaccinale sperimentale sotto osservazione consisteva in quattro iniezioni nell’arco di un anno e l’obiettivo era valutare se questo vaccino, “basato su una serie di antigeni diversi per stimolare una risposta immunitaria nei confronti dei diversi sottotipi virali di HIV, e per questo detto Mosaico, fosse effettivamente in grado di prevenire l’infezione da HIV.

Con oltre 3800 pazienti Mosaico era diventato il più grande studio attivo su un vaccino anti-HIV

Prof.ssa Antonella Castagna, Primario Malattie Infettive San Raffaele Milano

Tutti i dati raccolti dalle somministrazioni, completate nell’ottobre 2022, hanno però dato responso negativo. Nato come vaccino preventivo, Mosaico non era stato in grado di sbarrare l’accesso al virus. “In questi anni lo studio è andato avanti raggiungendo risultati importanti, quindi eravamo molto speranzosi. C’era una grossa aspettativa a riguardo, anche perché è stato condotto in paesi tra cui l’Europa e l’America dove  si poteva contare su tutte le migliori possibilità di monitoraggio”.

La lotta all’HIV, che ormai ci accompagna da più di tre decenni, come sai si spalma su due fronti diversi. Uno è quello della cura e dei trattamenti, che oggi ci sta dando sempre più soddisfazioni e vittorie. Nel luglio del 2022, per esempio, abbiamo visto l’arrivo in Italia della cosiddetta «CaRLA», una nuova terapia basata su farmaci «long-acting».

Somministrata con una doppia iniezione intramuscolare in ciascun gluteo una volta ogni due mesi, questa terapia promette di migliorare ulteriormente la qualità di vita dei pazienti, non più vincolati a un trattamento giornaliero.

Guardando l’ultima fotografia in cui Unaids ha cristallizzato la situazione globale della lotta contro HIV, tuttavia, torna alla mente la famosa massima che è prevenire è sempre meglio che curare.

Nell’ultimo report si legge infatti che i progressi globali contro il virus anziché accelerare stanno rallentando. Le nuove infezioni da HIV a livello globale sarebbero diminuite solo del 3,6% rispetto al 2020, «la riduzione annuale più bassa dal 2016» mentre negli ultimi 10 anni Europa orientale, Asia centrale, Medio Oriente, Nord Africa e l'America Latina avrebbero invece fatto registrare un aumento dei casi.

«Ogni giorno, 4000 persone, tra cui 1100 giovani dai 15 ai 24 anni si infettano con l'HIV. Se le tendenze attuali continuano, 1,2 milioni di persone saranno contagiate dall'HIV nel 2025, tre volte di più rispetto all'obiettivo per il 2025 di 370mila nuove infezioni» si legge ancora nel report, secondo cui nel 2021, circa 650mila persone sarebbero morte per cause legate all’Aids: una ogni minuto.

Oltre a tamponare un’infezione, più saggio e utile sarebbe insomma fare in modo che essa non varcasse mai le soglie del nostro organismo. E gli sforzi su questo fronte, quello che vede la comunità scientifica internazionale impegnata nello  sviluppo di un vaccino in grado di prevenire il contagio da HIV, non si sono arenati con Mosaico.

Secondo Unaids, nel 2022 ogni giorno 4000 persone, tra cui 1100 giovani dai 15 ai 24 anni si infettano con l'HIV

“Il messaggio è che la strada verso un vaccino anti-HIV non si ferma – ha continuato la professoressa Castagna, unendo una buona dose di entusiasmo all’orgoglio di prima – Lo stop a Mosaico è una grossa delusione ma ci rialzeremo in fretta. Grazie anche all’impatto positivo ottenuto nella vaccinazione contro Sars-CoV-2 la prospettiva di studiare un vaccino efficace per la prevenzione dell’infezione da HIV si sta ampliando.

Al momento ci sarebbero, infatti, due grandi progetti aperti. Uno di queste vuole testare la piattaforma usata per Covid-19 anche contro HIV. Sto parlando dell’mRna. Questi vaccini funzionerebbero esattamente come quelli contro Sars-CoV-2: fornendo un frammento di materiale genetico di un patogeno (la proteina Spike sulla superficie dell’HIV), istruirebbero l’organismo a creare un bersaglio che il sistema immunitario potrebbe riconoscere e ricordare così da attivare una risposta sostanziale in caso di contatto con quel determinato agente patogeno.

La strada verso un vaccino anti-HIV non si ferma, lo stop a Mosaico è una delusione ma ci rialzeremo in fretta

Prof.ssa Antonella Castagna, Primario Malattie Infettive San Raffaele Milano

“Sono in corso studi nei modelli animali come quello di cui ci aveva parlato il dottor Lusso, ndr – e già nell’uomo di Fase 1. Il loro obiettivo è dimostrare che un vaccino così costruito abbia un buon profilo di sicurezza e sia immunogeno: in grado, cioè di innescare una risposta anticorpale efficace. Una volta acquisite queste conferme bisognerà capire se la produzione di questi anticorpi previene l’infezione”.

Un’altra strada, oggi ancora preliminare ma che avrebbe già dato recentemente risultati importanti nell’uomo, è la cosiddetta tecnica del «germ-line targeting»: “Si tratta di una strategia volta a identificare precursori molto rari delle cellule B e a indurle a produrre anticorpi specifici anti-HIV. Si tratta dei cosiddetti anticorpi neutralizzanti, quelli che ci servono per prevenire l’infezione”.

La stimolazione di questi anticorpi neutralizzanti attraverso la vaccinazione è una sfida decisamente impegnativa. Essi raramente si sviluppano durante l'infezione e, negli esseri umani, le cellule B precursori sono piuttosto rare. Eppure c’è speranza. Molta speranza.

“La strada verso un vaccino per contrastare il virus dell’immunodeficienza umana non si ferma. Ci sono tre percorsi per arrivare al traguardo e oggi quello più veloce, sicuro e solido si è bloccato. Dobbiamo dunque intraprendere altre strade. L’attesa sarà un po’ più lunga ma arriveremo dove vogliamo arrivare ha concluso la professoressa Castagna, aggiungendo all'orgoglio e all'entusiasmo delle sue parole anche una abbondantissima dose di fiducia.

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