Come funziona la terapia genica e per quali malattie può essere utile

Lo scopo della terapia genica è quello di correggere un errore del Dna che ha portato allo sviluppo di una malattia genetica. Ma sono stati ottenuti risultati importanti anche contro i tumori del sangue, mentre si studiano impieghi nell’ambito di Alzheimer e Parkinson. Siamo davanti a un argomento molto complesso e delicato, che rappresenta una delle maggiori speranze per il futuro.
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Giulia Dallagiovanna 23 Luglio 2021
* ultima modifica il 05/04/2022

La terapia genica è, ad oggi, tra i trattamenti più avanzati che abbiamo a disposizione. Lo scopo principale è quello di curare le malattie genetiche andando a correggere il difetto del Dna che sta all'origine del problema. Questo significa che deve fornire al tuo organismo una copia corretta del gene alterato, oppure un altro gene che però sia in grado di compensare il malfunzionamento di quello difettoso. Come si fa a trasportare una parte di Dna fin dentro la cellula? Si utilizzano dei virus inattivati. In questo caso si parla soprattutto di retrovirus come l'Hiv, di adenovirus o di virus adenossociati. Sì, proprio come accade anche per alcuni vaccini. No, i vaccini non sono una terapia genica. Anzi, proprio nel momento storico che stiamo vivendo è forse più importante capire cosa si intenda con questo termine per evitare slogan e fraintendimenti pericolosi.

Cos'è la terapia genica

La terapia genica è una terapia a tutti gli effetti, che viene studiata a sviluppata per intervenire principalmente su pazienti affetti da una malattia genetica. Ma non solo. Il suo scopo non è quello di modificare il Dna a suo piacimento, ma di correggere gli errori presenti.

L'immagine più semplice alla quale può essere accostata è quella di una fabbrica che produce automobili in serie. Se un meccanismo si inceppa, le macchine risulteranno tutte fallate. Nel momento in cui si interverrà per ristabilire il corretto funzionamento, però, il prodotto finale sarà pronto per essere messo su strada. Naturalmente, quando si parla di sequenze di Dna e malattie genetiche, il discorso è ben più complicato.

Quello che si può fare attraverso la terapia genica è supplementare il prodotto derivante da un gene mutato responsabile di una malattia, inattivare un gene che non funziona come dovrebbe o introdurre nuovi geni per contrastare la patologia. Questa, almeno, è la teoria.

Come avrai capito, siamo di fronte a un qualcosa di enorme. Ed è per questo motivo che la ricerca procede a piccoli passi, con tutte le cautele del caso, ma anche con grandi, grandissimi risultati.

Come funziona

La terapia genica prevede, appunto, l'introduzione nelle cellule di geni o sequenze di Dna corretti. Ma la domanda è: come si riesce a trasportare questi elementi fino al bersaglio desiderato e ad assicurarsi poi che entrino effettivamente nelle cellule? Si utilizza un microorganismo che è abituato proprio a percorrere questa strada: un virus. Naturalmente, dopo averlo reso inattivo e quindi innocuo per l'essere umano.

I virus più utilizzati sono quello dell'Hiv, gli adenovirus, i virus adenoassociati e gli herpes virus. Fanno esattamente quello che fa un corriere quando trasporta l'ordine dal magazzino a casa tua. La scelta tra queste opzioni varia in base al tipo di terapia e all'organo verso il quale deve essere diretta.

Il vettore virale funziona come un corriere che trasporta il tuo ordine dal magazzino a casa tua

Una volta ottenuti i virus modificati, quindi, la terapia può essere somministrata in due modi diversi:

  • In vivo: la somministrazione avviene direttamente nell'organismo del paziente, attraverso un'iniezione diretta all'organo bersaglio, oppure per via sistemica e quindi passando per la circolazione sanguigna.
  • Ex vivo: le cellule del paziente vengono prelevate, modificate, e reinfuse una volta corrette.

Un esempio? Il CAR-T, che oggi viene utilizzato con successo per trattare i tumori del sangue come leucemie linfoblastiche e linfomi non Hodgkin, funziona nel secondo modo. I linfociti T vengono prelevati e modificati geneticamente affinché siano in grado di riconoscere e quindi attaccare le cellule cancerogene. A quel punto vengono introdotti nel corpo del paziente e monitorato il loro progresso contro il tumore.

Per quale malattie viene utilizzata

La terapia genica è tuttora in fase di studio e di sviluppo, perciò non tutte le sue potenzialità sono chiare oggi. La vera novità a cui siamo di fronte è che per la prima volta esiste una strada più o meno tracciata anche per quelle patologie che prima eravamo abituati a considerare incurabili.

Ci sono in particolare due farmaci che hanno segnato una svolta in questi anni: lo Strimvelis, contro l'ADA-SCID (immunodeficienza severa combinata da deficit di adenosina-deaminasi), e il Libmeldy contro la leucodistrofia metacromatica.

Ma la terapia genica viene studiata anche per correggere difetti del Dna che portano a malattie come l'Amaurosi di Leber o la retinite pigmentosa. Entrambe le patologie, tra le complicanze, presentano la perdita della vista. Altri studi si stanno interessando a patologie che possono condurre a una mortalità precoce come la fibrosi cistica, oppure alcune immunodeficienze primitive. Nuove potenzialità si stanno inoltre scoprendo nell'ambito di malattie più comuni come l'Alzheimer, il Parkinson, i problemi cardiaci e i tumori.

Come nasce

Parlare di terapia genica significa anche parlare tanto, tantissimo, di Italia. Di un istituto, in particolare: il San Raffaele – Telethon di Milano. Ma partiamo dall'inizio, perché la storia di questa innovazione è lunga e complicata.

Le basi per la terapia genica sono state gettate fin dagli anni '70, con la nascita dell'ingegneria genetica e una comunità scientifica che iniziava cautamente a proporre di utilizzare questi strumenti anche per la cura delle malattie genetiche che colpivano l'essere umano.

I primi tentativi, però, avvengono attorno al 1984, quando si cominciano a manipolare dei retrovirus per trasformarli in possibili vettori delle terapie. Proprio a questa famiglia appartiene anche l'Hiv, che prima di essere utilizzato a questo scopo viene naturalmente privato di tutti quegli elementi che lo rendono pericoloso per l'organismo dell'essere umano. Il vantaggio di questa famiglia di patogeni è che tutti loro presentano un enzima molto particolare, la trascrittasi inversa, che permette loro di adattarsi in modo stabile al Dna della cellula che vanno a infettare. È sfruttando questa capacità che si pensa di utilizzarli per veicolare all'interno della stessa cellula un farmaco che possa correggere i difetti genetici.

È il 1990 quando la prima bambina si sottopone ufficialmente a terapia genica. Siamo negli Stati Uniti e i medici French Anderson e Michael Blaise decisero di sperimentare l'innovativo trattamento su una piccola paziente affetta da ADA-SCID, una grave immunodeficienza che rende una persona estremamente esposta alle infezioni. Quelli che ne soffrono vengono chiamati anche "bambini bolla", perché in passato erano costretti a vivere isolati e respirare solo aria appositamente filtrata.

Nel 1990 viene sottoposta a terapia genica la prima paziente: una bambina di 5 anni con ADA-SCID

La bambina in questo caso ha 5 anni e si chiama Ashanti da Silva. Ma dopo di lei tocca a Cindy Kisik, un'altra bambina con il medesimo problema. In entrambi i casi, vengono corretti i linfociti T e così facendo si permette loro di ridurre il riscorso alla terapia enzimatica e, soprattutto, di condurre una vita normale. Dietro a questi risultati, parziali ma comunque molto importanti, c'è anche un italiano, Claudio Bordignon, biologo e genetista. La principale falla di questo primo tentativo è che una volta che le cellule corrette esauriscono il loro ciclo vitale, scompaiono anche gli effetti della terapia.

Fu proprio Bordignon a pensare di agire sulle cellule staminali del midollo osseo, da dove si generano poi tutte le altre cellule del sangue, compresi i globuli bianchi. In questo modo, avrebbero corretto il difetto alla radice e il beneficio sarebbe stato destinato a durare. Nel 1995 si parlava finalmente dei primi due pazienti guariti dall'ADA-SCID, grazie a quello che poi sarebbe diventato, appunto, il farmaco Strimvelis.

Tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000, però, si verificano una serie di gravi incidenti, causati soprattutto da procedimenti scorretti nella sperimentazione della terapia, che portano le case farmaceutiche ad abbandonare quel filone di ricerca, lasciandolo così senza fondi. In Pennsylvania nuore un paziente pediatrico a causa di una violenta reazione immunitaria, mentre in Francia alcuni bambini sottoposti a terapia genica sviluppano una leucemia. E qui puoi capire quanto sia delicato questo terreno e quanto tempo sia necessario per muovere anche solo un piccolo passo.

Nel 1990, però, in Italia nasce Fondazione Telethon che cinque anni dopo inaugura l'istituto SR-Tiget, finalizzato proprio alla ricerca sulla terapia genica. Qui convergono ricercatori importanti, tra cui Luigi Naldini, l'attuale direttore, che aveva già partecipato a ricerche sui vettori retrovirali negli Stati Uniti. E qui si trovano i fondi che le case farmaceutiche non garantiscono più.

Nel 2009 un bambino affetto da Amaurosi congenita di Leber recupera la vista, grazie a una terapia che usava come vettori virus adenoassociati. Un traguardo notevole che restituisce nuovo entusiasmo a questo filone di ricerca, ora  portato avanti soprattutto in Italia. I risultati più importanti arrivano però nel 2013, quando su Science compare uno studio, interamente italiano, che illustra il trattamento di 6 bambini. Tre di loro erano a rischio imminente di leucodistrofia metacromatica, una malattia neurodegenerativa, e altri tre erano affetti da sindrome di Wiskott-Aldrich, che colpisce invece la risposta immunitaria. Per tutti loro, il bersaglio sono le cellule staminali del midollo osseo, in modo che i benefici possano durare.

Da lì, la ricerca ha continuato a fare passi avanti e oggi, come sappiamo, abbiamo il CAR-T, ma anche studi sulla fibrosi cistica, su malattie genetiche rare, sul rischio di rigetto dopo il trapianto di midollo. Insomma, oggi la terapia genica è forse il trattamento a cui si guarda con maggiori speranze quando si pensa al futuro.

Fonti| Telethon; Istituto superiore di sanità; Osservatorio terapie avanzate

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