Come mai si sta pensando di vaccinare contro il Covid anche gli animali? Negli USA sono partiti dagli zoo

I primi a ricevere il vaccino sono state alcune grandi scimmie nello zoo di San Diego, in California. Seguiranno gli altri esemplari presenti nella struttura, così come quelli che vivono nei santuari oppure quelli utilizzati nei laboratori. Servirà ad evitare che il virus circoli liberamente tra queste specie e sviluppi nuove varianti. Ma ci pone davanti anche a una riflessione sul nostro rapporto con gli animali.
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Giulia Dallagiovanna 6 Luglio 2021
* ultima modifica il 06/07/2021

Negli Stati Uniti, la campagna vaccinale a tappeto è arrivata a coinvolgere anche gli animali. Gli esemplari che vivono in cattività negli zoo, nei santuari o nei laboratori delle università riceveranno presto la loro dose di farmaco. Ma come mai accade tutto questo? Che senso ha coinvolgere specie differenti da quella umana? Non sei di fronte a un classico esempio di umanizzazione degli animali, bensì a una vera e propria necessità: se vogliamo limitare al massimo la circolazione del SARS-Cov-2 ed evitare che si sviluppino altre variante dobbiamo immunizzare anche quelle specie che, volenti o nolenti, vivono a stretto contatto con noi.

Quali animali contraggono il Covid

Fin dalle prime fasi della pandemia è apparso chiaro come anche gli animali potessero contrarre il Covid e non solo dai pipistrelli, ma direttamente da esseri umani infetti. Esiste insomma la trasmissione uomo-animale. Uno studio pubblicato su PNAS ad agosto 2020 mostrava come fossero oltre 400 le specie di vertebrati a rischio contagio. Ancor prima, inoltre, un articolo di Nature parlava di prove di infezione in puma, gorilla, leopardi delle nevi e visoni, sia negli zoo che negli allevamenti.

Oggi sappiamo con certezza che il virus può essere trasmesso agli animali selvatici così come a quelli domestici. Gatti e cani sono infatti risultati positivi al SARS-Cov-2 dopo essere stati in contatto con persone infette. E, tra i primi, qualche esemplare ha anche mostrato i sintomi veri e propri. Per questo motivo, il Ministero della Salute raccomanda alle persone in isolamento domiciliare di evitare gli incontri anche con il proprio animale da compagnia, nonché di indossare una mascherina in loro presenza.

I visoni e lo spillback

Un discorso a parte lo meritano i visoni, gli unici nei quali finora sia stato registrato il fenomeno dello spillback, ovvero il passaggio da uomo ad animale e poi di nuovo all'essere umano. A inizio 2021 questa relazione aveva portato allo scoppio di diversi focolai in Nord Europa originati proprio da allevamenti di visoni destinati alla produzione di pellicce. Gli animali, sia asintomatici che con segni evidenti della malattia, avevano contagiato gli allevatori, i quali era diventati vettori del virus per i propri contatti stretti.

Lo spillback è un fenomeno per cui il virus passa dall'uomo all'animale e poi di nuovo all'uomo

La decisione adottata in quell'occasione da nazioni come la Danimarca e i Paesi Bassi è stata quella di abbattere in massa tutti gli esemplari per bloccare sul nascere la circolazione del virus. Una scelta estrema, che serviva per far fronte all'emergenza.

Per prevenirne di nuove, invece, i governi di Paesi Bassi e Austria hanno chiesto alla Commissione europea di vietare l'allevamento di visoni e di altri animali da pelliccia su tutto il territorio comunitario. Nel frattempo, grazie a un'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza, in Italia questa attività è stata bloccata fino al 2021.

La necessità di un vaccino

A questo punto avrai dunque capito come mai si sia reso necessario vaccinare anche gli animali. Il pericolo più grande che deve essere scongiurato è quello di una panzoozia, cioè della libera circolazione del virus tra le specie e in ambiente naturale, dove darebbe vita a nuove varianti che potrebbero far ripartire la pandemia.

Negli Stati Uniti hanno già iniziato, utilizzando un farmaco a vettore virale, prodotto dalla casa farmaceutica Zoetis e approvato con procedura d'urgenza. Proprio come è accaduto per quelli in uso sull'uomo, anche se in questo caso se ne è occupato il Dipartimento dell'Agricoltura e naturalmente i controlli e i requisiti sono molto diversi. Lo hanno già ricevuto alcune grandi scimmie dello zoo di San Diego, in California, tra cui gorilla, oranghi e bonobo. Tra le prime dimostrazioni della trasmissione uomo-animale vi fu infatti il contagio di alcuni gorilla, ospitati proprio in questa struttura, di cui uno particolarmente anziano e per il quale fu necessario ricorrere a una terapia a base di anticorpi monoclonali.

Gli altri vaccini a disposizione

Oltre a quello di Zoetis, vi sono altri vaccini per animali allo studio. Uno è italiano, prodotto dall'azienda Evvivax in collaborazione con un compagnia americana e destinato all'utilizzo sui gatti. Al momento è arrivato alla fase 1 delle sperimentazioni e i risultati appaiono molto positivi.

Tra gli altri vaccini per animali prodotti, uno è italiano e ha dato buoni risultati in fase 1

Il secondo invece arriva dalla Russia, ad opera del Servizio Federale russo per la Veterinaria e la Sorveglianza Fitosanitaria. Si chiama Carnivac-Cov e gli studi preclinici sono iniziati già lo scorso agosto. Secondo quanto riferiscono gli autori, il farmaco si sarebbe dimostrato sicuro ed efficace in diversi test su cani, gatti, visoni e furetti.

E per bovini, suini e polli?

Finora abbiamo parlato di zoo, animali impiegati nei laboratori oppure allevati per le loro pellicce. Ma all'elenco sfuggono quelli che vivono a stretto contatto con l'uomo e che usiamo per produrre la carne, principalmente bovini, suini e polli. Curiosamente, non è stato riportato alcun caso di positività al SARS-Cov-2 in questo tipo di allevamenti.

Animali come bovini, suini e polli al momento sembrerebbero immuni al contagio

Già l'articolo di Nature spiegava come maiali, polli e anatre risultassero in qualche modo immuni a questo virus. Una situazione particolarmente curiosa, dal momento che i suini di norma sono molto suscettibili alla famiglia dei cornavirus, tanto che nel 2018 scoppiò proprio un'epidemia rimasta vincolata a questa specie e che, anche in quell'occasione, derivò da un virus trasmesso dai pipistrelli. Eppure il SARS-Cov-2 non sembra riuscire a replicarsi nell'organismo di questi animali.

Anche il ministero della Salute precisa: "Non ci sono evidenze scientifiche del fatto che il bestiame possa essere infettato dal virus SARS-CoV-2. Inoltre, i risultati preliminari degli studi suggeriscono che volatili e suini non sono sensibili al virus SARS-CoV-2".

Questo naturalmente non significa che un giorno il virus non possa mutare in modo da risultare pericoloso anche per questi specifici animali.

…oppure cambiamo abitudini

Lo avrai notato anche tu, finora abbiamo parlato principalmente di animali che vivono negli zoo oppure in allevamenti intensivi. Li stiamo vaccinando per proteggere loro, ma soprattutto (non nascondiamocelo!) noi stessi da una ripresa della pandemia. Ma se proprio vogliamo ridurre al minimo i rischi, non potremmo smettere di acquistare pellicce, rendendo così inutili gli allevamenti creati allo scopo? Non potremmo smettere di considerare gli animali in gabbia come strumento di divertimento per bambini e famiglie, rendendo così inutili gli zoo? Non potremmo cominciare a ridurre il quantitativo di carne che consumiamo e magari acquistarla da allevamenti biologici, rendendo così inutili quelli intensivi?

Oppure possiamo continuare a sperare che per le prossime pandemie che emergeranno ci sarà subito un vaccino a disposizione, mettendo però in conto nuovi inverni chiusi in casa, nuovi morti e altri danni all'economia.

Fonti| Ministero della Salute; "Broad host range of SARS-CoV-2 predicted by comparative and structural analysis of ACE2 in vertebrates" pubblicato su PNAS il 21 agosto 2020; "What’s the risk that animals will spread the coronavirus?" pubblicato su Nature, l'1 giugno 2020

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