Come reagisci ad ansia e paura? I neuroni responsabili potrebbero essere il bersaglio di futuri farmaci antidepressivi

Un nuovo studio della University of North Carolina Health Care ha identificato nei topi le cellule cerebrali che guidano le reazioni a emozioni come la paura o l’ansia, che nell’uomo possono derivare anche da disturbi psichiatrici: individuando i neuroni equivalenti nel cervello umano si potrà giungere allo sviluppo di nuovi trattamenti contro queste malattie.
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Alessandro Bai 24 Novembre 2020
* ultima modifica il 17/12/2020

Forse in quei momenti non avrai neanche avuto modo di accorgertene, ma emozioni forti come l’ansia o la paura provocano reazioni fisiche a volte anche evidenti: pensa ad esempio al battito cardiaco e la respirazione che accelerano, o al modo improvviso in cui le pupille dei tuoi occhi possono dilatarsi.

Stando a quanto scoperto da un team di ricercatori della University of North Carolina Health Care, queste risposte del corpo umano potrebbero essere governate da un gruppo specifico di cellule cerebrali, che è stato identificato per la prima volta nei topi.

Ma non è tutto qui: i risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica Cell Reports, svelano che intervenendo artificialmente su questi neuroni è stato possibile replicare o inibire questi comportamenti nei roditori. Potrebbe sembrarti poco, ma in realtà si tratta di un primo passo importante per arrivare in futuro allo sviluppo di nuovi trattamenti per i disturbi d’ansia o per altre condizioni caratterizzate da uno stato di eccitazione anormale, come la depressione, e adesso proverò a spiegarti meglio il perché.

I neuroni che fanno reagire ad ansia e paura

L‘ansia e la depressione sono soltanto i più noti tra i disturbi in grado di dare negli esseri umani reazioni dovute a uno stato di eccitazione alterato, attraverso meccanismi cerebrali che, per larga parte, rimangono tutt'oggi un mistero. Proprio per indagare questo aspetto, i ricercatori dell'ateneo californiano si sono concentrati su una regione cerebrale localizzata nell'amigdala e chiamata BNST che, stando a precedenti ricerche, sarebbe collegata nei topi a determinati comportamenti, innescati da emozioni come paura o ansia. Sto parlando proprio delle pupille che si dilatano o del battito cardiaco che si fa più veloce, risposte comuni negli umani quanto nei roditori.

In particolare, all'interno dell'area BNST, il team si è soffermato sul ruolo di un gruppo di neuroni, che è stato monitorato attentamente mentre i topi venivano esposti a odori nocivi oppure invitanti, una serie di stimoli in grado di provocare emozioni positive o negative, accompagnate da un'alterazione dello stato di eccitazione (anche chiamato "arousal"). La cosa particolarmente interessante di questa fase dell'esperimento è che i ricercatori hanno potuto notare come l'attività dei neuroni della regione BSNT fosse accompagnata da una chiara reazione fisica, ovvero la dilatazione rapida delle pupille di cui ti parlavo.

Una volta messo in luce questo meccanismo, la ricerca è passata allo stadio successivo. Utilizzando una tecnica piuttosto innovativa, nota come optogenetica, il gruppo guidato da Jose Rodríguez-Romaguera ha provato a controllare in modo artificiale l'attività degli stessi neuroni mentre i topi percorrevano un labirinto. Attivando le cellule cerebrali dell'area BNST, i segnali di ansia mostrati dai roditori tendevano ad aumentare, mentre l'effetto contrario veniva ottenuto silenziando i neuroni in questione.

I risultati ottenuti non solo spiegano la nascita di alcune emozioni a livello neurale, ma suggeriscono che identificare negli umani le cellule corrispondenti ai neuroni dell'area BNST studiati nei topi potrebbe dare agli scienziati un nuovo bersaglio sul quale lavorare per mettere a punto nuovi trattamenti contro i disturbi psichiatrici. Per farti un esempio pratico, sulla base di quanto osservato dai ricercatori potrebbero essere sviluppati dei farmaci che, agendo su queste cellule specifiche, sarebbero in grado di ridurre quelle reazioni eccessive agli stimoli negativi nelle persone che soffrono di disturbi d'ansia; oppure, al contrario, i medicinali potrebbero rafforzare quelle risposte, solitamente troppo deboli, che i soggetti affetti da depressione hanno nei confronti degli stimoli positivi.

Fonte| "Prepronociceptin-Expressing Neurons in the Extended Amygdala Encode and Promote Rapid Arousal Responses to Motivationally Salient Stimuli" pubblicato su Cell Reports il 10 novembre 2020

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