Con un nuovo tessuto creato dalle staminali le fratture ossee si potrebbero curare più in fretta

Nei casi di fratture gravi, spesso si rendono necessari innesti ossei. Questi interventi, tuttavia, si portano dietro diversi inconvenienti come la necessità due operazioni, scarsa efficacia o dolore cronico. Un team di ricercatori avrebbe invece creato un nuovo tessuto che, grazie alle staminali pluripotenti, permetterebbe di riparare le ossa rotte nella metà del tempo rispetto ai trattamenti standard.
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Kevin Ben Alì Zinati 23 Agosto 2020
* ultima modifica il 23/09/2020

Utilizzare innesti ossei creati con cellule staminali per riparare una frattura nella metà del tempo. È lo scenario non più così impossibile a cui potrebbe prepararci uno studio pubblicato su Nature Communications. Un team di ricercatori della Texas A&M University in collaborazione con l’Hospital Muenster in Germania avrebbe infatti creato un nuovo materiale in grado di sostituirsi ai classici innesti ossei e risolvere una frattura in modo più preciso e rapido scongiurando così ogni problematica legata ad un intervento simile: dal dolore cronico alla necessità di un doppio intervento invasivo.

Troppi inconvenienti

Accanto al gesso e al riposo, nel caso di una brutta frattura, magari scomposta, può diventare necessario sottoporsi a un intervento chirurgico per innestare tessuti ossei e mettere in moto la riparazione. Operazioni di questo tipo, tuttavia, portano con sé diversi inconvenienti. Devi sapere che generalmente gli innesti ossei provengono dal paziente stesso, prelevandoli da un'altra parte del corpo (e in questo caso si parla di un autotrapianto) oppure dalle ossa di un cadavere.

Puoi capire, però, che con gli autoinnesti il paziente deve sottoporsi a due interventi, uno per estrarre il tessuto e uno per riparare la frattura e questo non solo aumenta i tempi di recupero ma può cronicizzare il dolore. Gli innesti derivati ​​da cadavere invece tendono ad essere meno efficaci dal momento che le ossa prelevate sono prive di molte delle biomolecole che promuovono la riparazione. E può succedere anche che l’innesto osseo non attecchisca in maniera perfetta rendendo così necessario un intervento di revisione che spesso è più complicato del primo.

Una rivoluzione?

I ricercatori per ovviare a questi disagi hanno pensato di realizzare un nuovo materiale partendo dalle cellule staminali. Ma non le staminali mesenchimali, che possono sì produrre innesti ossei biologicamente attivi convertendosi in cellule ossee ma che, tuttavia, vengono solitamente estratte dal midollo di un osso adulto e sono, di conseguenza, più vecchie. L’idea è stata partire invece dai loro “antenati”, le staminali pluripotenti: queste possono fornire cellule staminali mesenchimali in modo illimitato. E nell’esperimento messo in campo, avrebbero avuto ragione poiché la matrice extracellulare generata con il nuovo materiale era biologicamente molto più attiva rispetto a quella creata dalle cellule mesenchimali ottenute dall'osso adulto ed era da cinque a sei volte più efficace rispetto allo standard.

Fonti | "Characterization of a pluripotent stem cell-derived matrix with powerful osteoregenerative capabilities" pubblicata il 15 giugno 2020 sulla rivista Nature Communications

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