Corea: nessuna reinfezione da Covid-19 documentata, ma solo falsi positivi

Il tampone ha rilevato delle particelle virali in persone già risultate negative, ma queste erano solo frammenti inattivi si SARS-Cov-2 che non possono provocare una seconda infezione e che, molto probabilmente, non rendono nemmeno contagioso l’individuo.
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Giulia Dallagiovanna 4 Maggio 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

Un dubbio molto importante e che in queste settimane poteva averti spaventato viene ora chiarito dalla Corea del Sud: non vi sono casi documentati di reinfezione da Covid-19. In poche parole non si conosce ancora nessuna persona che abbia contratto il virus per due volte nell'arco di breve tempo. E questa notizia fondamentale in previsione dello sviluppo di un vaccino l'ha comunicata l'autore dello studio clinico, il professor Oh Myoung-don, a capo della commissione centrale dell'emergenza per conto del Korea Centers for Disease Control and Prevention, durante una conferenza stampa.

A questo punto potresti però avere alcune obiezioni. Avrai infatti sentito dire, o magari ne hai addirittura esperienza diretta, che alcune persone si sono ammalate, sono guarite e poi sono tornate positive al tampone. Dunque c'è qualcosa che ancora non si riesce a capire? Al contrario, finalmente è stato dimostrato che si trattava di falsi positivi.

Cosa vuol dire "reinfezione"

Ma andiamo con ordine. Come ha spiegato Guido Silvestri, virologo e professore alla Emory University di Atlanta negli Stati Uniti, per poter parlare di "reinfezione" vera e propria una persona dovrebbe innescarsi un meccanismo ben preciso:

  • Contrarre il SARS-Cov-2
  • Guarire e risultare negativo ad almeno due tamponi consecutivi
  • Sviluppare gli anticorpi IgG nel sangue, specifici contro questo coronavirus
  • Tornare positivo al tampone
  • Presentare i sintomi del Covid-19
  • Dimostrare di essere stato contagiato da un'altra variante dello stesso virus

Nessuna delle persone che oggi sono tornate positive ha subito questa trafila, per il semplice fatto che nessuno di loro ha ricominciato a mostrare i sintomi. E qui si arriva al falso positivo.

Il test PCR sul tampone

Il test PCR (ovvero il test di reazione a catena della polimerasi) sul tampone è molto sensibile ed è in grado di rilevare ogni più piccola traccia del SARS-Cov-2. Significa che se è rimasto un "pezzetto" di Rna vitale, il tampone risulterà positivo, ma quel frammento non è in grado di replicarsi e non può quindi provocare una nuova infezione.

In Corea sono state più di 290 le persone risultate infette una seconda volta e questo aveva fatto temere che l'immunità fornita dagli anticorpi non fosse sufficiente per prevenire un secondo contagio nel giro di breve tempo. Il che portava a una seconda domanda: che utilità avrebbe un vaccino in questa situazione?

Tutti i frammenti virali rinvenuti con il tampone erano in realtà inattivi e incapaci di provocare una nuova infezione

Finalmente abbiamo un inizio di risposta: tutti i frammenti rinvenuti e messi a coltura si sono dimostrati morti, inattivi, senza più la capacità di produrre altro materiale virale. In sostanza, non erano altro che rimasugli della precedente infezione. E questa, unita alla constatazione che il 100% delle persone guarite dal Covid-19 aveva sviluppato gli anticorpi, sono tra le notizie più importanti di questi ultimi giorni.

Perché falsi positivi

Il professor Oh Myoung-don ha spiegato che queste persone sono risultate di nuovo positive a causa di limiti tecnici del test della PCR. Non sono dunque da considerarsi di nuovo infette perché le particelle ritrovate sono inattive. Il problema infatti è che i frammenti sono stati ritrovati proprio nelle vie aeree superiori. Nel naso insomma. E qui le cellule che formano la mucosa hanno un ciclo vitale che va dai 30 giorni ai tre mesi. Impiegano quindi parecchio tempo prima di rinnovarsi e poter eventualmente espellere il materiale indesiderato.

È un po' come quando fai le pulizie e pensi di aver rimosso ogni granello di polvere, ma poi ti imbatti in quell'angolo che non avevi considerato. Non significa che la tua casa sia ancora sporca, ma solo che ne è rimasto indietro un pezzetto.

Il Coronavirus può diventare cronico?

Ci si è chiesti anche questo, mentre si cercava di capire come si sarebbe comportato questo nuovo virus. In particolare, era sorto il dubbio che potesse comportarsi come l'herpes, che rimane annidato nel tuo organismo e quando si abbassano le tue difese immunitarie si ripresenta puntuale. Ma per fortuna, anche in questo caso la risposta è no.

Il SARS-Cov-2 infatti non è in grado di penetrare fino al nucleo della cellula che attacca, come invece sanno fare l'Hiv o la varicella. Non si integra dunque nel tuo genoma, dove potrebbe annidarsi per anni per poi riattivarsi. Preferisce piuttosto rimanere fuori, per poter infettare più facilmente altre cellule del tuo corpo. Di conseguenza, produce un'infezione in tempi più rapidi (pensa che per l'Hiv possono volerci anche 10 anni prima che tu avverta i primi sintomi), ma una volta eliminato, scompare del tutto.

Se si torna positivi, si è contagiosi?

Non lo si può ancora dire con certezza, ma è probabile di no. I frammenti virali che non possono replicarsi non sono in grado di provocare un'infezione né in te, né in chi ti sta vicino. Saranno però necessari altri studi sul test della PCR e sul materiale rilevato dal tampone prima di poter affermare con certezza questo importante dato.

Fonti| YonHap News AgencyPagina Facebook di Guido Silvestri

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