Coronavirus: la storia di Fabio, neolaureato in Medicina durante l’isolamento: “Non vedo l’ora di scendere in campo”

Fabio si è laureato in Medicina due giorni dopo il decreto che ha reso abilitante la sua laurea. Prima però deve completare il percorso con il tirocinio. Nell’attesa studia per la specializzazione e non vede l’ora di scendere in campo.
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Emanuele La Veglia 27 Marzo 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

Dal 17 marzo scorso, con l'ufficialità del decreto "Cura Italia", si può esercitare la professione di medico già dopo la laurea. Il provvedimento ha eliminato l'esame di Stato, che non c'entra con la maturità di scuola superiore, ma era il tassello finora necessario per iscriversi all'albo dei medici. E lo è ancora per tante professioni come farmacisti, biologi, avvocati, psicologi, architetti, ingegneri e giornalisti

Per diventare medico rimane però necessario il tirocinio: prima andava fatto dopo la laurea, a partire da quest'anno è incluso nell'ultimo anno di studi. Chi però ha concluso il percorso nel 2018-2019 non ha potuto beneficiare di questo provvedimento e si ritrova a dover fare comunque il tirocinio post-laurea.

Tra questi c'è Fabio Mari, che si è laureato in Medicina e Chirurgia il 19 marzo, appena due giorni dopo il decreto. Se da un lato è tra i primi a discutere la tesi con la consapevolezza di non dover fare l'esame di Stato, non può però ancora esercitare la professione. "Per poter essere ufficialmente abilitato devo completare comunque il tirocinioci spiega. Ma al momento è tutto fermo per l'emergenza sanitaria.

"Per adesso posso solo stare a casa per osservare le regole ministeriali e ne approfitto per prepararmi al concorso di accesso alla specializzazione. Mi piacerebbe Ortopedia, materia della mia tesi, ma anche Anestesia e Rianimazione o Cardiologia. Purtroppo la scelta è relativa perché dipende da molti fattori."

Fabio Mari

La seduta di Fabio, iscritto all'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli", si è svolta online, ormai una prassi nell'ultimo periodo.

"Non avrei mai pensato di laurearmi in quarantena. Mi è mancato abbracciarmi con la mia ragazza e con i miei amici, ma non vedo l'ora di scendere in campo! Ho dato tutto me stesso per questo traguardo e ritengo di essere nella fase migliore della mia vita. Il mio obiettivo è non perdere mai la curiosità che mi anima. Anche oltre il contesto della medicina cerco sempre di approfondire e a memorizzare scrupolosamente tutto quello che mi interessa".

Il suo entusiasmo è coinvolgente, e lo sono anche le sue aspirazioni e i suoi progetti.

"Ho voglia di imparare e sarei disposto ad allontanarmi dalla mia città, Napoli, per approfondire le mie conoscenze. In futuro però vorrei lavorare nel mio Sud Italia. Qui non mancano le eccellenze, ma andrebbero migliorare le strutture indispensabili per il buon funzionamento della sanità".

Il sogno di lavorare in corsia lo accompagna sin da bambino.

"Ricordo il momento in cui ho deciso di intraprendere questa strada. Avevo 6-7 anni e mio padre, medico allora della Federcalcio, era solito portarmi con sé mentre faceva assistenza alle gare. Un ragazzo cadde durante una partita per un contrasto di gioco e lui intervenne nel primo soccorso. Ricordo che mi piacque quel ruolo. Fu senz'altro papà ad ispirarmi".

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