Il contatto tra persone che non abitano nella stessa casa deve essere evitato il più possibile. Anche se il rapporto a cui ci si riferisce è quello tra medico e paziente. Come infatti spiegavano 13 dottori dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in una lettera al New England Journal of Medicine, le strutture sanitarie e le visite a domicilio da parte di volontari a paramedici hanno purtroppo contribuito alla diffusione del virus. E questo è potuto accadere soprattutto perché non sono stati fatti tamponi a tappeto a tutto il personale sanitario e perché non c'erano mascherine e strumenti di protezione a sufficienza. Ma una soluzione per limitare ancora di più il contatto, senza rinunciare all'assistenza ai pazienti, arriva dalla Lombardia, dove è in corso di sperimentazione un cerotto che rileva i parametri vitali della persona e li comunica direttamente al medico curante.
I primi 50 kit sono già stati distribuiti a Milano, Cremona e Varese. "Dalla settimana prossima – ha spiegato Antonio Di Malta referente cremonese della Federazione dei medici di medicina generale – altri mille kit saranno distribuiti per consentire il monitoraggio domiciliare da remoto ed evitare così il più possibile le visite a casa, divenute purtroppo una pratica pericolosissima".
Ma come funzionano questi cerotti? Li applicherai sul torace, in modo che il loro sensore possa controllare e riferire i tuoi parametri vitali, nel caso in cui risultassi positivo al Coronavirus o ci fosse il forte sospetto che tu lo abbia contratto. Lo sopo è quello di rilevare la frequenza cardiaca e la traccia elettrocardiografica, ma anche la frequenza respiratoria e la saturazione.
Tutti questi valori indicano se l'infezione stia progredendo e stia intaccando altri organi, permettendo di capire in tempo, e senza bisogno di una visita, se stia subentrando la polmonite interstiziale e se ci sia bisogno di un ricovero in ospedale. Il tuo medico curante potrà infatti leggere i referti direttamente sul suo computer, attraverso un portale apposito.
Se dovessero dimostrarsi efficaci, sarebbe davvero un passo avanti che permetterebbe sia al medico che al paziente di sentirsi un po' più al sicuro. Purtroppo questa battaglia si combatte con l'isolamento, più che con la vicinanza fisica tra le persone.
Fonte| Ansa