Cos’è il metodo Ponseti per il piede torto congenito? Intervista al dottor Monforte, tra i primi a introdurlo in Italia

Da circa una ventina d’anni viene utilizzato per correggere il piede torto congenito, una delle più comuni malformazioni che possono colpire i neonati. L’introduzione di questa tecnica ha permesso di limitare al massimo l’uso della chirurgia invasiva e di curare questa patologia. Una vera innovazione, anche se, come spiega il dottor Monforte, non è sempre facile in Italia proporre nuove metodiche.
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Giulia Dallagiovanna 27 Novembre 2019
* ultima modifica il 03/06/2022
Intervista al Dott. Sergio Monforte Dirigente medico presso l'Ortopedia pediatrica dell'Ospedale dei bambini "Vittore Buzzi" di Milano

Una delle più comuni malformazioni che colpiscono le ossa e le articolazioni del piede dei neonati. Si chiama piede torto congenito e magari una coppia di tuoi conoscenti ha proprio avuto un figlio, nato con i piedini ruotati verso l'interno. Si tratta infatti di una malattia molto frequente e che colpisce ogni anno tra i 15mila e i 200mila bambini, il che significa che con questa patologia ne nasce uno ogni tre minuti e per la maggior parte nei Paesi in via di sviluppo, tra cui naturalmente anche l'Italia.

Per correggere l'errore si ricorreva di norma a una serie di interventi chirurgici, anche piuttosto invasivi. Circa una ventina di anni fa, però, è entrato nell'uso il metodo Ponseti, ideato dal dottor Ignacio Ponseti, che ha permesso non solo di limitare al massimo il ricorso a un'operazione, ma anche di poter considerare curabile questa malformazione. Ne abbiamo parlato con il dottor Sergio Monforte, dirigente medico presso l'Ortopedia pediatrica dell'Ospedale dei bambini "Vittore Buzzi" di Milano, che è stato tra i primi a introdurre questa metodica in Italia.

Il dottor Sergio Monforte, uno dei primi ad aver introdotto in Italia il metodo Ponseti

Dottor Monforte, cos'è il piede torto congenito?

Il piede torto rappresenta una delle malattie congenite più frequenti in età neonatale, la settima per frequenza, e tra quelle a carico dell’apparato muscolo scheletrico (la seconda). In Europa la prevalenza attesa del piede torto è stimata intorno ad 1,52 ogni 1000 nati vivi, mentre in Italia si presenta con una frequenza leggermente inferiore (circa 1,2/1000), nascendo ogni anno circa 600 bambini con questa malformazione.

Si definisce piede torto isolato una malformazione dello sviluppo, non associata ad altre patologie di natura muscolo scheletrico o sindromiche, che si determina tra la 12-20esima settimana di gestazione caratterizzata da alterazioni tridimensionali delle strutture muscolo scheletriche della regione tarsale, del retropiede e della caviglia determinate da un difetto di accrescimento longitudinale e trasversale delle componenti muscolari del piede e della gamba durante le fasi di rapido accrescimento del piede.

Da cosa è causato?

Varie teorie sono state proposte per il piede torto ma attualmente si è propensi a credere che il piede torto sia causato da una eziologia poligenica multifattoriale. L’eziologia genetica, seppure ancora con un meccanismo non del tutto noto, sembra avere un ruolo molto importante nella genesi di questa malformazione essendo avvalorata da una certa ricorrenza in ambito familiare (circa il 20%), da una maggiore frequenza nei gemelli monozigoti rispetto agli eterozigoti (33% vs 3%) e da una maggiore prevalenza per il sesso maschile (2,5:1).

Come interviene quindi il metodo Ponseti?

Il metodo Ponseti è un originale metodo manipolativo e correttivo associato a gesti chirurgici “mini-invasivi” caratterizzato da una prima fase correttiva e da una fase di mantenimento in tutore di abduzione. Negli ultimi 15-20 anni il metodo Ponseti ha cambiato così radicalmente la prognosi e la storia naturale del piede torto idiopatico da farlo ormai considerare, a più di cinquant’anni dalla pubblicazione dei primi risultati ottenuti con questo protocollo di cura, una malattia facilmente curabile.

"Il metodo Ponseti ha permesso di poter considerare il piede torto congenito una patologia curabile"

Tale metodo correttivo prevede la correzione progressiva in gesso, attraverso 4/5 tappe monitorate a cadenza settimanale, delle varie deformità presenti nel piede torto (cavismo, adduzione, supinazione dell’avampiede e varismo del retropiede) mediante l’abduzione progressiva del piede in lieve supinazione facendo fulcro sulla faccia laterale della testa dell’astragalo e procedendo alla progressiva riduzione dell’articolazione astragalo-scafoidea.

Questa prima fase della metodica Ponseti si conclude in circa l’80-90% dei piedi trattati con la tenotomia percutanea del tendine di Achille per correggere l’equinismo residuo causato dalla brevità congenita dello stesso e poter passare più facilmente alla fase di mantenimento in tutore, cioè la seconda fase della metodica Ponseti. E proprio il tutore è parte integrante del trattamento, in quanto è in grado di:

  • rimodellare lo sviluppo dei nuclei di accrescimento delle ossa tarsali
  • distendere il comparto capsulo-legamentoso e muscolare del piede in trattamento
  • mantenere elastica la tensione del muscolo tricipite surale
  • stimolare meccanicamente la crescita in lunghezza dei muscoli
  • ridurre la naturale tendenza del piede torto a recidivare durante le fasi di accrescimento staturale del bambino

Quali sono i vantaggi che ha introdotto questo metodo?

Sono diversi i vantaggi del metodo Ponseti:

  • è in grado di ottenere la correzione anatomica in più del 95% dei casi trattati, indipendentemente dalla loro gravità iniziale, in tempi molto rapidi, in quanto bastano poche settimane di cura, senza arrecare particolari sofferenze, attraverso semplici e delicate manipolazioni, o ricorrere necessariamente a trattamenti chirurgici invasivi
  • i risultati clinici e funzionali ottenuti a breve e lungo termine sono facilmente e rapidamente riproducibili se viene praticato da personale medico (e non) ben addestrato
  • in termini di costi/efficacia si è dimostrato, tra le varie opzioni terapeutiche, piuttosto conveniente

Inoltre, lavori comparativi tra i piedi torti trattati chirurgicamente e quelli trattati con il metodo Ponseti hanno evidenziato per i primi un rischio più elevato di recidive, esiti cronici iatrogeni quali artralgie, artrosi, rigidità articolare (soprattutto a carico della articolazione sotto astragalica) e ipostenia muscolare (soprattutto a carico del tricipite surale), variabili per frequenza, entità ed età di comparsa a seconda della lunghezza del follow-up esaminato.

Ha infine ottenuto il riconoscimento dalle maggiori società specialistiche internazionali e dall'Organizzazione mondiale della sanità che dal 2012 appoggia e consiglia il metodo Ponseti considerandolo il gold standard per il trattamento ortopedico e riabilitativo di questa grave patologia pediatrica.

Quando invece l'intervento chirurgico è davvero inevitabile?

L’intervento chirurgico invasivo può essere un’opzione terapeutica percorribile nei rari casi di piede in cui le deformità residue sono ormai strutturate e difficilmente correggibili con un trattamento conservativo o se il piede torto è associato a patologie neuro-ortopediche o sindromiche.

Quando è stato introdotto, il metodo Ponseti ha quindi rappresentato una vera novità. Secondo lei, in Italia siamo aperti a nuove metodologie di cura o tendiamo a fossilizzarci su trattamenti tradizionali?

La mia esperienza lavorativa è fortunatamente molto positiva in quanto ho avuto fino ad oggi la possibilità di potermi confrontare costantemente con altri colleghi e con altri centri specialistici nazionali ed internazionali in vari campi d’interesse specialistico, e non solo sulla metodica Ponseti, e di poter introdurre presso le strutture ospedaliere nelle quali ho lavorato, ed in particolare all’Ospedale pediatrico Buzzi di Milano, nuove metodiche specialistiche senza particolari resistenze da parte dei colleghi o delle amministrazioni con le quali ho avuto la possibilità di lavorare.

Ma non fatico a credere che, a differenza della Regione Lombardia, che ritengo all’avanguardia in campo sanitario, in altri contesti lavorativi italiani, i colleghi che cercano d’introdurre metodiche innovative possano avere ancora oggi difficoltà ad affermarsi.

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