Covid-19, come si evolverà l’epidemia? Ecco i possibili scenari secondo l’Ecdc

Sulla base delle (poche) informazioni riguardo al nuovo coronavirus SARS-Cov-2, l’European Centre for Disease Prevention and Control ha stilato una sorta di scala, suddivisa in cinque scenari previsionali, per fornire uno strumento ai paesi europei e consentire così una risposta più efficace all’emergenza.
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Federico Turrisi 9 Marzo 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

Le domande che tutti ci stiamo facendo adesso sono: Quando raggiungeremo il picco? Come si potrebbe evolvere l'epidemia? Fino a quando durerà l'emergenza coronavirus? Nessuno ha la sfera di cristallo. Gli esperti e i virologi di tutto il mondo possono solo formulare ipotesi, perché non sappiamo ancora come si comporta esattamente questo nuovo virus e la ricerca scientifica continua a studiare la nuova minaccia, raccogliendo dati su dati.

L'European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) è l'ente europeo tecnico-scientifico di riferimento che ha il compito di monitorare la situazione ed elaborare le contromisure per contrastare la diffusione del coronavirus. Gli esperti dell'Ecdc hanno analizzato le conoscenze epidemiologiche attualmente a disposizione sul coronavirus SARS-Cov-2 che causa la sindrome respiratoria Covid-19 e hanno elaborato una scala per descrivere la possibile progressione dell'epidemia in Europa. L'obiettivo è avere un quadro il più possibile preciso per poi modulare una risposta da parte del sistema sanitario di ciascuno Stato. L'Ecdc ha individuato cinque possibili scenari. Vediamoli insieme.

Scenario 0

Descrive una situazione senza casi registrati nel paese. In questa fase, l'obiettivo principale delle misure di sanità pubblica dovrebbe essere quello di consentire una rapida individuazione e un conseguente isolamento di singoli casi per spezzare sul nascere la catena di trasmissione del virus. Fino a un mese fa la maggior parte degli Stati europei si ritrovava in questo scenario.

Scenario 1

Descrive una situazione in cui ci sono più casi confermati ma siamo di fronte a una limitata trasmissione locale all'interno del paese. In questo scenario l'obiettivo è il contenimento dell'epidemia bloccando tutte le opportunità di trasmissione attraverso l'immediata identificazione dei casi positivi e il tracciamento dei contatti delle persone infette. Ritardare la diffusione del virus significa in primis avere più tempo per preparare la risposta del sistema sanitario nazionale. Ma questo, in fondo, vale per tutti gli scenari.

Scenario 2

Descrive una situazione con un numero crescente di casi positivi. Si formano dei veri e propri cluster epidemici, o focolai. Era questo lo scenario in cui si ritrovava l'Italia alla fine di febbraio, quando erano state individuate due zone rosse, una nel Basso Lodigiano, in Lombardia, e l'altra a Vo'Euganeo, in Veneto. Isolare quelle due aree aveva proprio lo scopo di arginare la diffusione dell'epidemia e dare il tempo al servizio sanitario per lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di Dpi (dispositivi di protezione individuale, come le mascherine) e per alleggerire il peso sui reparti ospedalieri.

Scenario 3

Descrive una situazione con focolai localizzati, che iniziano però a fondersi, diventando indistinti. I casi cominciano a moltiplicarsi in maniera sostenuta e la pressione sul sistema sanitario aumenta considerevolmente. L'obiettivo in questa fase è mitigare l'impatto dell'epidemia, ritardandone il picco: si cerca il più possibile di ridurre il peso sui servizi di assistenza sanitaria e di proteggere le fasce di popolazione più a rischio di malattia grave (nel caso di Covid-19 gli anziani), si prendono misure, anche drastiche, per il contenimento (vedi alla voce chiudere le scuole, evitare i rapporti sociali e gli assembramenti e via dicendo). La situazione attuale in Italia può essere inquadrata in questo scenario.

Scenario 4

Siamo di fronte a una situazione di trasmissione diffusa e sostenuta del virus. Il sistema sanitario è sovraccarico e non in grado di reggere: manca il personale per rispondere alle domande di emergenza, mancano i posti letto nelle terapie intensive, mancano i Dpi, manca la capacità di fare test diagnostici. In questo caso i paesi dovrebbero essere pronti ad attuare piani di emergenza, riprogrammando le operazioni non essenziali e valutando la possibilità di utilizzare postazioni alternative per fornire assistenza sanitaria. Per questo scenario l'Ecdc definisce, se non necessaria, quanto meno auspicabile una maggiore collaborazione a livello comunitario, con l'ipotesi di ridistribuire le risorse tra tutti i paesi dell'Unione Europea.

Fonte | European Centre for Disease Prevention and Control

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