In Italia ne esistono solo due, una viene utilizzata all'ospedale San Raffaele di Milano e l'altra all'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma. Sto parlando dell'ultima generazione di Cyberknife, un macchinario per la somministrazione della radioterapia che si dimostra sempre più efficace nel trattamento del tumore alla prostata. E proprio nella Capitale hanno messo a punto un protocollo che prevede solo quattro sedute, al posto di cinque, sfruttando la possibilità di indirizzare i farmaci direttamente sulla massa cancerogena, evitando invece i tessuti sani. Il dottor Giuseppe Sanguineti, direttore della UOC di Radioterapia, ci ha spiegato come funziona e quali sono i vantaggi di questo nuovo approccio di cura.
Dottor Sanguineti, come funziona Cyberknife?
Il funzionamento di Cyberknife è piuttosto semplice: il paziente è sdraiato su un lettino, in modo che un braccio robotico gli possa girare attorno. Da questo dispositivo fuoriescono delle radiazioni che verranno irradiate alla persona in terapia durante una ventina di minuti circa a seduta. Quest'ultima, in ogni caso, non vede nulla e non prova fastidio.
Ed è corretto dire che non è più necessario alcun intervento?
Non proprio. Non serve più l'intervento chirurgico di asportazione del tumore, ma prima di iniziare il trattamento bisogna ricorrere a una piccola procedura che può essere effettuata anche in ambulatorio e in anestesia locale. Perché Cyberknife sia efficace contro il cancro alla prostata, infatti, bisogna inserire all'interno dell'organo quattro semi d'oro, con un procedimento che si potrebbe descrivere come una biopsia al contrario. La loro funzione è proprio quella di rendere visibile la prostata al macchinario, che scatterà delle fotografie a brevi intervalli l'una dall'altra per tracciare la posizione della prostata in tempo reale.
Cyberknife è una tecnologia che esiste già da diversi anni, ma cosa rende questo specifico trattamento diverso dagli altri?
Innanzitutto, le applicazioni sono quattro invece che cinque, come avviene nella radioterapia stereotassica tradizionale. E poi permette di distribuire la radioterapia in modo non omogeneo. Così, alcune zone ricevono un dosaggio maggiore rispetto ad altre e il risultato è un trattamento più mirato, che nel contempo riduce la dose ai tessuti sani. Questo è il reale vantaggio di Cyberknife rispetto ad altre macchine.
Voi avete quindi sviluppato un nuovo protocollo?
Abbiamo ripreso un'esperienza americana che aveva dato dei risultati molto incoraggianti sia in termini di controllo della malattia che di tolleranza degli effetti collaterali. Di conseguenza, abbiamo adottato questo nuovo protocollo, che è diventato uno standard per alcune categorie di pazienti con malattia a rischio basso e intermedio. Stiamo poi avviando un protocollo di ricerca che interessi anche gli stadi più avanzati, perciò, quando lo avremo ultimato, queste quattro sedute diventeranno una possibilità per un'importante porzione di persone affette da tumore alla prostata localizzato.
In mancanza di Cyberknife, come viene approcciato il tumore alla prostata?
Quando si effettua una diagnosi di tumore alla prostata, bisogna preliminarmente stabilirne l'estensione. Per fortuna, la maggior parte dei pazienti presenta una patologia che non si è estesa agli organi e ai tessuti circostanti ed è pertanto localizzata solo alla prostata. In questo caso le opzioni sono sostanzialmente due: una è l'intervento e l'altra è la radioterapia, che danno risultati sovrapponibili in termini di controllo della malattia e infatti a 10 anni dalla diagnosi le probabilità di sopravvivenza sono le stesse, indipendentemente dall'età del paziente. A fare la differenza è la logistica, perché un'operazione chirurgica dura un giorno, più qualcuno necessario per la degenza, mentre un ciclo di radio ha bisogno di più sedute. Ma con la radioterapia stereotassica, cioè quella che pratichiamo noi, anche i tempi si stanno avvicinando sempre di più a quelli chirurgici.
C'è differenza poi anche per quanto riguarda il profilo di tossicità. La chirurgia infatti è associata a un rischio variabile di incontinenza e impotenza, mentre la radioterapia presente un rischio di tossicità legato prevalentemente all'infiammazione, transitoria, di vescica e retto. Sarà il paziente a decidere quale opzione preferisce, naturalmente avvalendosi del consiglio degli specialisti coinvolti.
Credits photos: Ufficio stampa IRCCS Istituto Nazionale Tumori Regina Elena