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Dal pediatra fino a 18 anni? La proposta in difesa del diritto alla salute dei minori

In molti Paesi europei è già così, invece in Italia una volta compiuti i 14 anni i giovanissimi pazienti perdono il diritto al pediatra, mentre negli ospedali non c’è un limite d’età nazionale uniforme. Preoccupa soprattutto l’assistenza ospedaliera: uno su quattro è ricoverato nei reparti di adulti.
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Maria Teresa Gasbarrone 3 Marzo 2023
* ultima modifica il 03/03/2023

Estendere il pediatra fino ai 18 anni e non più ai 14 com'è oggi. È la proposta che arriva dagli Stati Generali della Pediatria convocati al Ministero della Salute dalla Società Italiana di Pediatria per fare il punto sulle criticità dell’assistenza pediatrica.

La premessa è semplice: se per la legge italiana e l'Organizzazione mondiale della Sanità l'infanzia finisce al raggiungimento della maggiore età, allora perché i ragazzi arrivati ai 14 anni devono rinunciare al diritto alle cure pediatriche, sia sul territorio che in ospedale?

La proposta

Anche se non è difficile immaginare le obiezioni – "Il pediatra fino a 18 anni? Non sarà un po' troppo?" – questa è la normalità già in molti Paesi europei, come Francia, Gran Bretagna, Olanda, Polonia e Svezia.

In Italia invece una volta compiuti i 14 anni, i bambini non possono più essere seguiti dal pediatra di libera scelta, ma finiscono in carico al medico dell'adulto (con l'eccezione per i ragazzi con patologie croniche che restano in carico ai pediatri sino a 16 anni).

Ma il vero problema – sottolinea la Società Italiana di Pediatria – riguarda l'assistenza ospedaliera, diversa da Regione a Regione, e perfino nella stessa. A pagarne le spese sono i giovanissimi pazienti: la presidente della Sip ha riferito che allo stato attuale oltre il 25% dei bambini tra 0-17 anni viene ricoverato in reparti per adulti. Stiamo parlano di una persona su quattro.

Il diritto alla cure pediatriche

Il limite dei 14 anni per aver diritto all'assistenza pediatrica fa sì che in ospedale i minorenni sopra quest'età non ricevono il tipo di assistenza a cui avrebbero diritto.

Un'assistenza che dovrebbe essere diversa da quella pensata per gli adulti, ma non è sempre così. Allo stato attuale circa l'85% dei ricoverati tra 15 e 17 anni – riferisce ancora la Sip – è gestito in condizioni di promiscuità con pazienti adulti e anziani e da personale non specializzato nell'assistenza ai soggetti in età evolutiva.

pediatra 18 anni

Differenze tra Regioni

Pensa che in Italia abbiamo pochissime terapie intensive pensate per i bambini. Solo 26 in tutto il Paese (e non uniformi su tutto il territorio), con solo 202 posti letto e una media di tre posti ogni milione di abitanti. La media europea è di otto. Qual è il risultato? Moltissimi pazienti in età pediatrica vengono ricoverati nelle terapie intensive per adulti.

Un'altra questione riguarda la disomogeneità territoriale in termini di sanità pubblica, che non risparmia nemmeno questa fascia anagrafica. Lo si può vedere chiaramente confrontando Regione per Regione.

A differenza di quanto riguarda l'obbligo di passaggio dal pediatra al medico dell'adulto, non esiste nei reparti ospedalieri e nei pronto soccorso pediatrici invece non esiste un limite di età uniforme sul territorio nazionale. Ad esempio – si legge nel report – se in Sicilia, Sardegna, Molise, dopo i 14 anni gli adolescenti generalmente finiscono nei reparti degli adulti, in Lombardia e Trentino-Alto Adige ciò avviene dopo i 15; in Toscana dopo i 16; in Basilicata si è accolti nei reparti pediatrici sino a 17 anni, in Abruzzo e Veneto sino a 18.

Nelle altre Regioni l’età varia tra 14, 16, 18 anni a seconda degli ospedali, salvo che per gli adolescenti con patologie croniche, che generalmente sono accettati nei reparti pediatrici sino alla maggiore età.

I pediatri italiani hanno sollevato la questione, rivendicando "la difesa della “specificità pediatrica”, ossia il diritto dei bambini e degli adolescenti a essere curati – in ospedale e sul territorio – in ambienti a loro dedicati e da personale specificatamente formato per l’età evolutiva".

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.