Dalla variante inglese a quella sudafricana fino alla forma nata in Brasile: che cosa sai delle mutazioni del Coronavirus?

È nella natura del Coronavirus mutare e trasformarsi. Da dicembre 2020 sono state individuate forme diverse di Sars-CoV-2: quella “inglese” ha fatto la sua prima apparizione nel Regno Unito e oggi si è diffusa in oltre 70 Paesi, poi sono seguite quella originaria del Sud Africa e la più recente dal Brasile.
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Kevin Ben Alì Zinati 2 Febbraio 2021
* ultima modifica il 24/02/2021

Pandemia. Un virus globale. Un'emergenza che riguarda “tutto il popolo”, tutti i cittadini del mondo. Avrai capito che la natura del nostro Coronavirus non lo porta solo a vagabondare senza confini e frontiere in un Pianeta sempre più interconnesso. Lo induce a trasformarsi, a nascondersi e a cambiare volto quando passa da te a lui a loro. Più infetta, più aumentano le possibilità che il suo materiale genetico muti. Sars-CoV-2 è fatto così, è la sua natura. In questi giorni avrai sentito parlare delle nuove "sembianze" con cui si è fatto vivo in diverse parti del mondo. Si chiamano varianti e tecnicamente sono errori che il virus commette quando copia il proprio codice genetico in un altro organismo. La variante inglese, quella sudafricana e quella brasiliana, ribattezzate sulla base del paese in cui hanno fatto la loro prima apparizione, oggi sono la benzina che alimenta la forza espansiva (o la resistenza) della pandemia.

Breve storia lunga

Il Coronavirus muta, insomma. L’ha fatto e sempre lo farà. Pensa che, ad oggi, sono state individuate più o meno 12mila mutazioni. Una prima variante è emersa alla fine di gennaio 2020 e per diversi mesi ha sostituito il ceppo identificato in Cina all’inizio di tutto. A giugno dell’anno scorso, era diventata la forma di virus dominante a livello globale.

Forse ti ricordi della mutazione individuata tra agosto e settembre 2020 in Danimarca: aveva colpito la popolazione dei visoni e le autorità danesi, vista la diffusione globale di pellicce realizzate con il loro sacrificio, avevano deciso di abbattere oltre 5 milioni di esemplari per prevenire il rischio di diffusione di una versione mutata del virus. Ad oggi, a seguito di indagini e sorveglianza approfondite, secondo l‘Organizzazione Mondiale della Sanità sono stati identificati solo 12 casi “umani” di quel virus.

Da dicembre a oggi, però, sono arrivate le varianti ti di cui ti parlo oggi. Le autorità del Regno Unito avevano segnalato all’Oms una variante più contagiosa prima di Natale, pochi giorni dopo lo stesso allarme era arrivato da tre province del Sud Africa: stessa maggior velocità di diffusione ma virus diverso, mutato. A gennaio 2021 la voce di un’altra variante era arrivata dalle autorità giapponesi, che avevano individuato 4 viaggiatori in arrivo dal Brasile infettati da una forma virale diversa.

Se anche trovano origine da angoli opposti della Terra, le varianti inglese, sudafricana e brasiliana sembrano avere qualcosa in comune: tutte e tre presentano modifiche alla loro proteina Spike, l’arpione che il virus utilizza per legarsi alle cellule umane. Tutte e tre sarebbero quindi in grado di infettare con più velocità e facilità.

La variante inglese

La variante inglese è conosciuta anche come 20I/501Y.V1, VOC 202012/01 o B.1.1.7. È emersa nel Sud del Regno Unito nel dicembre del 2020 e, ad oggi, è la forma predominante in UK e secondo i dati del Ministero della Salute aggiornati al 25 gennaio 2021, la variante inglese si sarebbe già diffusa in ben 70 Paesi.

I Paesi in cui sono stati registrati casi di infezione da variante inglese al 25 gennaio 2021. Fonte Oms al link: https://www.who.int/publications/m/item/weekly–epidemiological–update–––27–january–2021

Non si hanno ancora abbastanza prove scientifiche a conferma che questa variante sia effettivamente responsabile di forme più aggressive di Covid-19. Ciò che sappiamo con certezza, ce l’aveva spiegato anche il professor Pregliasco, è che possiede una maggior contagiosità. Lo testimonia il fatto che l'incidenza dei casi di Covid-19, nel Regno Unito, è aumentata dall'inizio del mese di dicembre fino a raggiungere un picco all'inizio di gennaio 2021.

Ad oggi sono state individuate oltre 12mila mutazioni di Sars-CoV-2

Tra i 70 paesi in cui la variante inglese ha già messo piede c’è anche anche l’Italia. Lo scorso dicembre, subito dopo che il Regno Unito aveva dato l’allarme, lo stesso Ministero della Salute aveva fatto sapere di aver sequenziato “il genoma del virus Sars-CoV-2 proveniente da un soggetto risultato positivo con la variante riscontrata nelle ultime settimane in Gran Bretagna”.

Il paziente e il suo convivente, che rientravano proprio dall’Inghilterra, erano stati posti in isolamento e, se ti ricordi, il nostro Governo per precauzione aveva sospeso tutti i voli da e per il Regno Unito.

La variante sudafricana

Conosciuta anche come known 20H/501Y.V2 o B.1.351, la variante sudafricana ha fatto il suo esordio poco dopo la metà di dicembre 2020. Alla stregua di quanto successo nel Regno Unito, è diventata la variante più diffusa nel Paese e il numero dei casi ha raggiunto il suo picco in fretta, già ai primi di gennaio.

Secondo l’Oms, la variante sudafricana è già stata individuata in 31 Paesi ma non in Italia, che per ora sarebbe fuori dal conteggio. Tra questi c’è, però, il Regno Unito. Secondo i dati forniti dal Segretario di Stato per la Salute e gli affari sociali Matt Hancock, al 1 febbraio 2021 la variante del Sud Africa aveva fatto registrare 105 casi di contagio: di questi, 11 sarebbero più "preoccupanti" poiché non legati a viaggi all’estero.

I Paesi che, al 25 gennaio 2021, riportano la variante sudafricana. Fonte: Oms al link https://www.who.int/publications/m/item/weekly–epidemiological–update–––27–january–2021

La variante brasiliana

La prima prova dell’esistenza della variante brasiliana, nota anche come P.1, è arrivata dalle autorità giapponesi ad inizio gennaio 2021. Come ti dicevo all'inizio, 4 viaggiatori in arrivo dal Brasile erano atterrati in Giappone e dalle analisi effettuate sui tamponi erano emersa sì l’infezione, ma con una forma variata di Sars-CoV-2.

Le tre varianti inglese, sudafricana e brasiliana si diffondono e contagiano con più velocità e facilità

Questa variante non è strettamente correlata alle altre due ma come quella inglese e sudafricana su contraddistinguerebbe per una maggior velocità di diffusione: secondo i dati raccolti nello Stato di Amazonas citati dal Ministero, la percentuale dei casi identificati con la variante P.1 sarebbe passata dal 52,2% del dicembre 2020 all'85,4% (41/48) nel gennaio 2021. Velocissima, quindi.

Così rapida che al 25 gennaio 2021, la variante brasiliana si sarebbe già diffusa in 8 paesi, compresa l’Italia. Il primo caso era stato individuato dall’Ats Insubria a Varese, nel tampone di un passeggero asintomatico arrivato all'aeroporto di Milano Malpensa dopo uno scalo a Madrid.

I Paesi con casi di variante brasiliana registrati fino al 25 gennaio 2021– Fonte Oms al link: https://www.who.int/publications/m/item/weekly–epidemiological–update–––27–january–2021

I vaccini

Il virus muta, quindi, ma con le sue trasformazioni è in grado di bypassare anche l’azione dei vaccini con cui, da dicembre, stiamo pungendo miglia di persone al giorno? La vaccinazione anti-Covid, così come l'infezione stessa, è in grado di produrre una risposta anticorpale che prende di mira diverse parti della proteina Spike: più mutazioni nella proteina arpione, ha spiegato il Cdc, potrebbero quindi aiutare Sars-CoV-2 a eludere l'immunità indotta dai vaccini.

Al momento, tuttavia, i vaccini sembrerebbero efficaci contro le varianti. Come avrai capito, di fronte a un virus nuovo, mai visto e che stiamo imparando a conoscere letteralmente giorno dopo giorno, il condizionale è doveroso. Così come la “filastrocca” secondo cui, prima di poter dire sì o no “servono tempo e prove scientifiche”.

Mentre attendiamo, le aziende farmaceutiche produttrici dei vaccini oggi utilizzati, da Pfizer ad AstraZeneca fino a Moderna e Johnson&Johnson hanno comunque già confermato l’efficacia dei loro composti. Nell'ultimo rapporto settimanale di aggiornamento sull’emergenza Coronavirus, il Crisis Management Team delle Nazioni Unite ha spiegato che gli attuali vaccini attuali “sembrano essere efficaci per le varianti”.

E la preoccupazione era stata ridimensionata anche dal Ministero della Salute: per quanto riguarda la variante inglese, ha fatto sapere, si sta studiando il suo effetto sull’efficacia vaccinale, “che sembrerebbe limitatamente e non significativamente ridotta”; a proposito di quella brasiliana, invece, prove suggerirebbero che alcune delle mutazioni nella variante P.1 potrebbero influenzare “la capacità degli anticorpi generati attraverso una precedente infezione naturale o attraverso la vaccinazione di riconoscere e neutralizzare il virus”.

Prima di cambiare modo verbale e parlare di certezze, però, sai bene cosa serve: tempo e prove scientifiche.

Le prossime mosse

Nell’ultima circolare di aggiornamento sulla diffusione a livello globale delle nuove varianti Sars-CoV- 2, il Ministero della Salute ha spiegato anche quelle che ritiene le “azioni di risposta” da mettere in campo fin da subito:

  • dare priorità alla ricerca e alla gestione dei contatti di casi COVID-19 sospetti/confermati da variante e identificare tempestivamente sia i contatti stretti che quelli a basso rischio di esposizione.
  • effettuare la ricerca retrospettiva dei contatti, quindi oltre le 48 ore e fino a 14 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi, o di esecuzione del tampone se il caso è asintomatico: l’obiettivo è identificare la possibile fonte di infezione ed estendere il contact tracing ai casi eventualmente individuati
  • eseguire un test molecolare ai contatti il prima possibile dopo l’identificazione e al 14esimo giorno di quarantena, al fine consentire un ulteriore rintraccio di contatti.

Anche se, lo sai, la prima grande difesa restano le “solite” misure di precauzione: distanziamento, mascherina e buon senso.

Fonti | Ministero della Salute; Organizzazione Mondiale della Sanità; Cdc

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