Demenza, una nuova terapia potrebbe rallentare la malattia

Uno studio pilota della Fondazione Santa Lucia IRCCS ha verificato gli effetti di una nuova terapia anti-neuroinfiammatoria che migliorerebbe l’attività del cervello delle persone affette da una particolare forma di demenza, quella fronto-temporale, che è la seconda causa di demenza dopo l’Alzheimer prima dei 65 anni.
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Federico Turrisi 19 Luglio 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

La popolazione invecchia e come ben sai questo vuol dire sempre più casi di malattie neurodegenerative, come morbo di Alzheimer e altri tipi di demenze. Malattie che possono rendere irriconoscibili i tuoi cari e cancellano letteralmente pezzi di cervello. Una di queste è la demenza fronto-temporale, che è la seconda causa di demenza dopo l'Alzheimer prima dei 65 anni.

Al momento una cura definitiva non c'è, ma una nuova speranza potrebbe venire da uno studio condotto dalla Fondazione Santa Lucia IRCCS e presentato durante il quinto congresso dell'European Academy of Neurology, tenutosi a Oslo dal 29 giugno al 2 luglio scorso. La terapia sperimentale va a combattere in particolare la neuroinfiammazione che, secondo varie ricerche scientifiche, accelera il processo neurodegenerativo nella prima fase della malattia. I risultati del nuovo studio sono promettenti, come spiega all'agenzia Ansa Giacomo Koch, neurologo e direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia sperimentale della Fondazione Santa Lucia.

"Recentemente abbiamo eseguito uno studio pilota per indagare la potenziale efficacia e la sicurezza della molecola PeaLut in un campione di quindici pazienti con nuova diagnosi di demenza frontotemporale. Lo studio ha mostrato che dopo un mese di trattamento i pazienti riportavano un miglioramento di circa il 15% in una batteria di test che misurava le funzioni cognitive del lobo frontale ed una riduzione del 20% dei disturbi comportamentali. I pazienti sono apparsi meno agitati, più tranquilli, parlano e ragionano meglio. Inoltre sono emersi evidenti cambiamenti dell'attività cerebrale, con un aumento della plasticità cerebrale e un ripristino dei meccanismi di inibizione."

Che cos'è la demenza fronto-temporale?

A differenza dell'Alzheimer, la demenza fronto-temporale colpisce i neuroni solo di alcune aree specifiche del cervello, in particolare il lobo frontale e quello temporale, e non va a scalfire la memoria della persona affetta, almeno nella prima fase della malattia. I sintomi riguardano soprattutto la sfera del comportamento: i malati cambiano personalità, con forti sbalzi d'umore, diventano impulsivi o trasandati o ancora apatici. Spesso emergono anche problemi con il linguaggio e deficit intellettivi: le persone affette da demenza fronto-temporale fanno fatica a parlare, scambiano una parola per un'altra e hanno difficoltà a comprendere un testo scritto o un discorso. Come molte altre demenze, più progredisce la malattia più la condizione si aggrava, diventando sempre più ingestibile.

Fonti | European Academy of Neurology, Istituto Superiore di Sanità

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