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Ecografia della tiroide: come si svolge e quando fare un esame prezioso per prevenire malattie tiroidee

L’ecografia tiroidea è un esame di diagnostica per immagini sicuro e non invasivo che si effettua per monitorare lo stato di salute di una ghiandola situata alla base del collo che produce ormoni fondamentali per il funzionamento dell’organismo. Ecco cosa si può vedere con questo esame e i possibili risultati.
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Dott. Maurizio Cè Medico chirurgo
26 Febbraio 2022 * ultima modifica il 31/03/2022

L’ecografia alla tiroide è un esame di diagnostica per immagini che viene generalmente prescritto dal medico di famiglia o dallo specialista endocrinologo nel sospetto di una patologia tiroidea o a fini di monitoraggio.

Ecografia alla tiroide

Come si fa

La tiroide è una ghiandola localizzata anteriormente alla base del collo. In virtù della sua posizione anatomica, la tiroide è l’organo ideale per essere studiato attraverso l’ecografia. Come tutti gli esami ecografici, l’ecografia della tiroide è un’indagine non invasiva, sicura, dal basso costo e dall’ampia disponibilità sul territorio. Non esistono controindicazioni per l’esecuzione dell’ecografia della tiroide. A differenza di altri distretti, non occorre nessuna preparazione specifica, ma è consigliabile presentarsi alla visita senza collane (che eventualmente dovranno essere tolte al momento dell’esame) o maglioni con il collo alto. Generalmente è sufficiente restare in canottiera o slacciare i bottoni della camicia per esporre al meglio la base del collo.

Alcuni medici ecografisti preferiscono avvalersi di un cuscino dietro la schiena del paziente per favorire l’estensione della testa e facilitare l’apertura della cosiddetta “finestra acustica” alla base del collo. Normalmente, a differenza di altri organi come per esempio il fegato, la visualizzazione della tiroide è adeguata durante tutto l’esame ecografico, proprio in virtù della sua localizzazione che non prevede l’interposizione di strutture che interferiscono con il passaggio degli ultrasuoni. Tuttavia, alcuni pazienti possono presentare delle anomalie morfologiche congenite (ovvero presenti dalla nascita) o acquisite nel corso della vita adulta, per cui la tiroide si sviluppa verso il basso, nella parte più superiore del torace. In questi casi la presenza delle strutture della gabbia toracica può limitare lo studio delle porzioni più declivi della ghiandola e la qualità dell’esame ne risulterà globalmente inficiata.

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Cosa si vede

La funzione della tiroide è essenzialmente quella di produrre gli ormoni tiroidei, molecole fondamentali per lo sviluppo e il corretto funzionamento dell’organismo, tanto’è che l’assenza di ormoni tiroidei non è compatibile con la vita. In virtù delle molteplici azioni che svolgono, la loro carenza può comportare un’ampio spettro di conseguenze sulla nostra salute, dalle più lievi e misconosciute a quelle più gravi e manifeste. Per questo motivo è importante monitorare lo stato di salute della nostra tiroide. Tuttavia, è importante sgombrare subito il campo da equivoci: l’ecografia tiroidea fornisce prettamente informazioni di carattere morfologico e non funzionale. Questo significa che ci può insegnare molto su come è fatta la nostra tiroide ma non ci può dire se questa funziona adeguatamente rispetto alle esigente del nostro organismo.

Questo aspetto è fondamentale perché implica che il referto ecografico si interpreta sempre in relazione alle indagini ematochimiche (gli esami del sangue) che, al contrario, offrono informazioni sul funzionamento della ghiandola. In alcune condizioni cliniche le alterazioni della funzionalità preludono alle alterazioni morfologiche, in altri le seguono. Ovviamente è ragionevole aspettarsi che tiroidi dall’aspetto “patologico” si accompagnino ad una scarsa funzionalità, ma non è sempre questo il caso.

Il tessuto tiroideo normale presenta un’aspetto peculiare all’ecografia, tipicamente rappresentato da un “tappeto di echi” fini ed omogeneamente distribuiti, interrotto solo sporadicamente dal profilo sinuoso dei sottili vasi sanguigni che irrorano la ghiandola.

Questo “tappeto di echi” può essere alterato sostanzialmente in due modi: un modo diffuso, tipico delle tiroiditi (infiammazioni della ghiandola tiroidea) ed un modo focale, quello dei cosiddetti “noduli tiroidei”. Un’alterazione diffusa a carico del tessuto tiroideo è frequentemente associata a una condizione clinica definita tiroidite cronica linfocitaria, o tiroidite di Hashimoto, più frequente nelle donne. Si tratta di una condiziona autoimmune in cui le cellule del sistema immunitario dell’organismo attaccano la ghiandola tiroidea. In questo caso si assiste ad un progressivo sovvertimento della normale struttura della ghiandola che, nei casi più inveterati, diventa progressivamente ipotrofica (piccola), con delle aree di grasso e fibrosi (una sorta di “cicatrice”) che sostituiscono il tessuto normale. Generalmente questa condizioni si accompagna ad un progressivo declino della funzionalità tiroidea per cui i pazienti devono assumere una terapia sostitutiva al fine di mantenere un’adeguato apporto di ormoni tiroidei.

Sul fronte delle alterazioni focali, i noduli tiroidei sono una condizione molto diffusa nella popolazione generale e l’ecografia è la metodica di scelta per studiarli e monitorarli. Il rinvenimento di noduli tiroidei al controllo occasionale è una fonte di preoccupazione per i pazienti. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, ciò non comporta alcuna conseguenza sulla salute: si tratta quasi sempre di noduli benigni. Comprensibilmente, l’espressione “quasi sempre” non è abbastanza per tranquillizzare il paziente che ha appena appreso di avere dei noduli tiroidei. In questa sede può essere utile precisare che, sulla base delle caratteristiche ecografiche (morfologia, dimensioni, ecc.), sono stati sviluppati alcuni criteri, validati attraverso degli studi e convenzionalmente accettati dalla comunità scientifica internazionale, che permettono al medico di stratificare il rischio.

Risultati

Come spesso accade in medicina, la variabilità biologica è tale per cui non è possibile identificare un “bianco” e un “nero”, ma ci si trova più spesso a muoversi in una scala di grigi. Stratificare il rischio significa allora orientarsi in uno spettro di probabilità che va da “nodulo benigno” a “nodulo altamente sospetto”, passando per una serie di gradi intermedi. Sulla base di questo giudizio preliminare, basato prettamente sulle informazioni fornite dall’ecografia, al paziente potrà essere consigliata una rivalutazione a distanza o un’approfondimento diagnostico. In casi selezionati lo specialista endocrinologo può ritenere necessario il prelievo di alcune cellule per l’analisi al microscopico (agoaspirato). In ogni caso, ancora una volta, la scelta dell’iter diagnostico si basa sempre sull’integrazione di dati di varia natura (clinici, ecografici, ematochimici, istologici), sebbene in questo contesto clinico all’ecografia vada riconosciuto un ruolo determinante.

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Normalmente il referto ecografico prevede una descrizione generale dell’organo che comprende la morfologia globale (simmetria/asimmetria), le dimensioni, i profili e l’aspetto generale della ghiandola (in particolare la sua ecostruttura, che può essere omogenea o disomogenea). Nel caso siano presenti delle alterazioni focali, l’ecografista può scegliere di descrivere dettagliatamente quelle più rappresentative ma non è tenuto a descriverle tutte. Non solo perché esistono tiroidi con decine di noduli, ma soprattutto perché un referto di quel tipo non avrebbe alcuna valenza clinica e produrrebbe l’effetto controproducente di distrarre il paziente dal focalizzarsi sui reperti significativi, sospetti, con il rischio di ritardare approfondimenti o impostare monitoraggi sbagliati. Il referto si conclude generalmente con una menzione dei linfonodi localizzati a livello del collo.

Tipicamente, i referti che descrivono quadri di normalità tendono ad essere più sintetici. Di fronte ad un rilievo patologico, al contrario, il medico ecografista è chiamato ad offrire indicazioni, quantomeno di carattere generale, circa il prosieguo dell’iter diagnostico (monitoraggio/approfondimento), che di prassi comprende comunque una visita endocrinologica. La valutazione dello specialista infatti rappresenta il momento di sintesi delle informazioni cliniche e non può essere sostituita dalla sola indagine ecografica.

Quando farla

In conclusione, l’ecografia della tiroide è un prezioso alleato per monitorare la salute di questa preziosa ghiandola. Poiché i noduli tiroidei sono spesso silenti e l’ecografia è un esame sicuro e non invasivo, è consigliabile confrontarsi con il proprio medico di famiglia circa l’opportunità di eseguire l’ecografia della tiroide nell’ambito dei regolari percorsi di prevenzione secondaria.

Laureato con Lode in medicina e chirurgia all’Università degli Studi di Milano con una tesi sull’organizzazione anatomo-funzionale del linguaggio umano, ha altro…
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