Quando pensi al ferro nel sangue, qual è il disturbo che ti viene in mente? Sicuramente l'anemia, cioè la scarsa presenza di ferro. Eppure esiste un altro problema che è esattamente l'opposto dell'anemia. In condizioni normali (quindi non patologiche) il ferro viene trasportato nel sangue grazie alla transferrina, una proteina plasmatica che solitamente viaggia satura di ferro per circa il 50%. In un'analisi del sangue i valori normali della transferrina dovrebbero variare da 200 a 400 milligrammi per decilitro. Quando i valori della transferrina risultano in aumento ciò può essere dovuto a una carenza di ferro o a una forma di anemia; al contrario, valori della transferrina al ribasso potrebbero indicare un'emocromatosi. Vediamo di cosa si tratta.
Sappiamo tutti che la carenza di ferro nel sangue può portare a qualche disturbo di salute, ma più raramente si pensa in quali problemi si incorre se il ferro è troppo. Quando si verifica questa condizione, infatti, si parla di emocromatosi, una malattia ereditaria causata da un difetto del metabolismo del ferro, che porta ad un accumulo di questo elemento nell’organismo e, nello stadio più avanzato, a danni ben più gravi per la salute.
Esistono ben quattro tipi di emocromatosi dovuti a difetti di cinque diversi geni. L'emocromatosi classica (tipo 1) è una forma di malattia abbastanza comune, particolarmente diffusa nel Nord Europa; in Italia si conta un caso su 500 abitanti in alcune aree del nord e un caso su duemila, tremila abitanti nel centro-sud. Le altre forme di emocromatosi sono più rare. Particolarmente insidiosa l'emocromatosi giovanile (tipo 2) che compare in età precoce e può causare gravi danni anche prima dei vent'anni.
Accorgersi di avere troppo ferro nel sangue non è facile. I sintomi dell'emocromatosi, infatti, sono aspecifici. Il ferro ha un’azione tossica lenta, ma graduale e può danneggiare l'organismo in forme diverse, causando cirrosi epatica, diabete, impotenza e infertilità nell’uomo, amenorrea nella donna, scompenso cardiaco e aritmie, artropatie e osteoporosi.
Al primo sospetto di emocromatosi, occorre sottoporsi a un esame del sangue. Viene fatta un'indagine controllando il dosaggio della sideremia (la quantità del ferro circolante, ossia quello legato alla transferrina, la proteina che trasporta il ferro), della transferrina e della ferritina, oltre al calcolo della percentuale di saturazione della transferrina. Dopo aver escluso altre cause che possono aver determinato eventuali alterazioni di degli esami, si eseguono esami di secondo e terzo livello presso centri specializzati, che comprendono l'interpretazione del test genetico, la misurazione del ferro epatico e lo studio delle eventuali complicanze.
Per risolvere l'accumulo di ferro, bisogna in qualche modo rimuoverlo. La terapia classica quindi consiste in un consistente prelievo di sangue (un salasso, ma fortunatamente non ha nulla a che vedere con la pratica delle sanguisughe fatta in passato) in quantità compresa tra i 350 e i 450 ml, secondo il peso del paziente e con una frequenza che può variare a seconda del caso: nei casi più gravi il prelievo è anche settimanale, nelle forme più lievi è quindicinale o mensile. Una volta che il ferro in eccesso è stato "rimosso", si passa alla fase di mantenimento volta a prevenire che il ferro torni ad accumularsi negli organi.
Alimentazione ed emocromatosi
Non è possibile prevenire l'emocromatosi, ma un aiuto arriva sempre da un'alimentazione sana ed equilibrata. Dovendo evitare un accumulo di ferro, la prima cosa da fare sarà ridurre il consumo di carne nella propria dieta: questa scelta non solo evita un più grave sovraccarico di ferro, ma riduce anche l'assunzione di grassi e proteine. Abbiamo poi visto come l'emocromatosi possa portare, nelle forme più gravi, anche alla cirrosi epatica: per questo motivo, vino e superalcolici andrebbero evitati o consumati occasionalmente.
Fonte| Telethon