
L'epatite C è un'infiammazione del fegato ed è la più temuta tra le varie forme di epatiti. Stiamo parlando di una malattia infettiva che, se diventa cronica, può avere conseguenze gravi in grado di condurre alla morte. Secondo gli ultimi dati dell’Agenzia italiana del farmaco, sono 192.414 in Italia i pazienti con epatite C "avviati" al trattamento con i nuovi farmaci antivirali a disposizione. Sono molti di più coloro che ne avrebbero bisogno, eppure sfuggono al sistema sanitario nazionale. L'epatite C infatti è una malattia subdola, poiché è generalmente asintomatica. Che cosa significa? Significa che la maggior parte delle persone che sono colpite dal virus dell'epatite C non se ne accorgono, finché il fegato non inizia a manifestare i danni subiti a causa del virus. Danni che spesso possono essere ormai troppo severi per intervenire in maniera efficace con i farmaci e dunque costringono al trapianto di fegato.
L'altro elemento di cui devi tenere conto è che i portatori del virus, non sapendo di esserlo, possono trasmettere la malattia. Diventa dunque fondamentale la prevenzione e la sensibilizzazione. Una maggiore attenzione alle pratiche di sterilizzazione, l'impiego di materiali monouso in chirurgia e il controllo delle trasfusioni hanno contribuito sicuramente a diminuire nel corso degli anni il numero delle persone affette da epatite C. Scopriamo allora meglio questa patologia.
L'elemento responsabile dell'epatite C è un virus, l'HCV, scoperto nel 1989, che attacca il fegato. La via di trasmissione è quella del contatto diretto con il sangue di qualcuno già infettato dal virus. Non sono invece veicolo di infezione gli altri liquidi corporei (saliva, sudore, urina eccetera).
Arriviamo così a uno dei capitoli più delicati. L'epatite C è una malattia contagiosa, ma come si trasmette l'agente patogeno, ossia il virus HCV? Le principali modalità di trasmissione sono le seguenti:
Durante le prime fasi generalmente l’epatite C non produce alcun sintomo. I sintomi possono manifestarsi anche parecchi anni dopo il contagio e sono pochi i casi in cui si arriva alla manifestazione della fase acuta dopo poche settimane dall'ingresso del virus nell'organismo. I sintomi sono comunque simili a quelli di una banale influenza, tant'è che spesso le persone infettate non sanno di avere l'epatite C. Tra questi ci sono:
L'epatite C, se per anni non viene trattata, può dare origine a gravi complicazioni al fegato, tra cui insufficienza epatica (ossia l'organo non è più in grado di funzionare correttamente), cirrosi epatica (processo degenerativo irreversibile del fegato dovuto alla formazione di cicatrizzazioni fibrose) e tumore al fegato, detto propriamente epatocarcinoma. Complicazioni che possono rivelarsi fatali e portare alla morte.
Tra i segni che può dare l'epatite C, o meglio la cirrosi epatica provocata dal virus dell'epatite C, c'è il cosiddetto eritema palmare, ossia il rossore al palmo delle mani. Altro segno di un'infiammazione epatica in stato avanzato è la comparsa (solitamente nella regione del tronco) di spider naevi, cioè di nei a forma di ragno. Nel caso di una fase avanzata dell'epatite C può inoltre capitare che il fegato non sia più in grado di eliminare la bilirubina dal sangue e l’ittero, ovvero l’ingiallimento della pelle e delle sclere degli occhi, diventa un indizio che rimanda alla presenza di una forma tumorale.
Individuare l'epatite C in tempo è molto importante. La malattia infatti, come abbiamo già detto, può progredire per decenni senza manifestare alcun sintomo. Il rischio maggiore è che diventi cronica. Fondamentale allora è arrivare a una diagnosi tempestiva, così da iniziare fin da subito la terapia antivirale e regolare in maniera adeguata anche lo stile di vita del paziente (per esempio studiando insieme al medico una dieta ad hoc, che prevede anche attività fisica e l'eliminazione di bevande alcoliche). In questo modo si impedirà al virus di procurare danni al fegato.
Gli esami per accertare un eventuale contatto con il virus HCV o per verificare che ci sia già un’infezione in corso sono due e vengono effettuati con un semplice prelievo di sangue:
Il secondo esame, in particolare, permette di analizzare la carica virale e il genotipo del virus, due utili indicatori per il medico che così valuta quale terapia sia la più adatta. Se lo specialista sospetta un danno serio alla funzionalità del fegato e vuole vederci più chiaro, ti potrebbe prescrivere una biopsia epatica, un esame piuttosto invasivo (ma generalmente sicuro) che si effettua in ospedale.
Una volta diagnosticata la patologia, si parte subito con la terapia. Le probabilità di guarigione offerte dal trattamento farmacologico superano il 90%. Effettuando un breve ciclo di cura – la durata varia da 8 a 12 settimane – è possibile eliminare completamente il virus e fermare così la progressione della malattia nel 97-98% dei casi. Oggigiorno sono infatti disponibili farmaci antivirali ad azione diretta molto efficaci e ben tollerati, somministrabili praticamente a tutti i pazienti con epatite C, tranne per quelli che sono già in una fase avanzata o seguono già terapie a rischio di interazione con gli antivirali. C'è da dire che il trattamento farmacologico non garantisce tutti i suoi benefici in una fase molto avanzata, cioè a coloro che hanno già sviluppato la cirrosi o il cancro del fegato. Certo, si può ottenere comunque un miglioramento delle condizioni di salute, ma il rischio di gravi complicanze è ancora presente. Pertanto, quando il fegato è talmente danneggiato che la funzione epatica è irrimediabilmente ridotta oppure se il paziente ha un epatocarcinoma, è necessario ricorrere al trapianto di fegato.
A differenza delle epatiti A e B, non esiste al momento un vaccino per l’epatite C. Prevenzione significa quindi soprattutto eliminare i fattori di rischio. In questo senso, la diffusione di siringhe monouso ha già contribuito a ridurre in maniera sensibile il rischio di contagio fra i tossicodipendenti che fanno uso di droghe tramite via endovenosa. Per proteggersi dall’infezione causata dal virus dell’epatite C, è opportuno prendere le seguenti precauzioni:
Abbiamo sentito su questo complesso argomento Alessio Aghemo, professore di Gastroenterologia e Responsabile dell’Unità Operativa di Epatologia e Capo Sezione del Centro per lo studio e la cura delle patologie metaboliche del fegato e delle complicanze delle cirrosi presso l'ospedale Humanitas di Milano:
"Oggi con i farmaci che abbiamo a disposizione l'epatite C è diventata un problema medico che si può affrontare in maniera molto efficace e da cui si può guarire completamente. La prevenzione si basa essenzialmente sull'idea che guarendo le persone con epatite C si abbassa il rischio di trasmissione. Ci sono delle categorie di persone che presentano dei livelli di rischio elevati, cioé chi fa uso di sostanze stupefacenti per via endovena, chi svolge pratiche sessuali traumatiche, in particolare tra i maschi omosessuali. In Italia molti dei casi, circa il 70%, deriva comunque da procedure che non ci sono più: trasfusioni di sangue non sicure, utilizzo di siringhe di vetro che si bollivano e di materiale non sterilizzato correttamente. I controlli di sicurezza sulle trasfusioni e l'utilizzo di strumenti monouso hanno azzerato praticamente il rischio da più di vent'anni".
Fonti | Humanitas, Istituto superiore di sanità