Esiste una nuova radioterapia in grado di bruciare un tumore in un secondo? Non ancora, ecco perché

Sembrerebbe una notizia di quelle che cambiano la vita delle persone, per sempre. Il problema è che non lo è. O almeno, non ancora. Un ricercatore italiano, Gabriele Grittani, ha infatti fatto un’importantissima scoperta che potrebbe effettivamente portare allo sviluppo di una terapia più rapida e meno invasiva per la cura di alcuni tipi di tumore. Al momento però i lavori sono fermi alla fase che precede la sperimentazione.
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Giulia Dallagiovanna 12 Aprile 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

No, i tumori non possono ancora essere bruciati nel giro di pochi secondi da un raggio laser. Purtroppo. In questi giorni sta riscuotendo grande attenzione la notizia che un ricercatore italiano, Gabriele Grittani, avrebbe brevettato una nuova forma di radioterapia che potrebbe far dimenticare il cancro in pochissimo tempo. Il problema è che non è proprio così. Grittani è un fisico nucleare originario di Bari, da diversi anni lavora nel centro di ricerca ELI-Beamlines vicino Praga, che si occupa di sviluppare tecnologie applicabili al settore industriale e medico. E ha ottenuto un importante risultato: gli elettroni sono più veloci e leggeri dei protoni, attualmente già utilizzati nella cura di alcuni tipi di carcinomi, e potrebbero quindi costituire la base per una terapia meno invasiva e più rapida.

Al momento, però, non solo non esiste nessuna radioterapia super veloce che possa essere utilizzata su pazienti malati di cancro. Anzi, non è nemmeno ancora partita la sperimentazione per testare le teorie formulate da Grittani e dal team di ricerca guidato dal dottor Georg Korn. Il clamore mediatico è partito da un'intervista pubblicata sul sito SinapsiMag lo scorso febbraio, che a sua volta prendeva spunto dallo studio scientifico vero e proprio, uscito sulla rivista Matter and Radiation at Extremes il 17 gennaio 2019. Insomma, il primo dato di fatto è che la notizia è piuttosto vecchia.

Ma cos'ha detto di preciso Grittani a SinapsiMag? Questo: "Abbiamo ideato e brevettato un macchinario che utilizza una tecnologia basata sugli elettroni. In pratica: diverse sorgenti di elettroni ultra-energetici vengono disposti intorno alla zona tumorale. In questo modo è possibile orientare ogni fascio di radiazione secondo un angolo specifico, irraggiando il tumore in pochi secondi e in una dose inferiore di raggi per il paziente". E poi ha aggiunto: "Come ogni nuova tecnologia medica, anche questa ha bisogno di ottenere tutte le certificazioni necessarie per essere impiegata e di superare una serie di test clinici". Detto in parole povere, gli obiettivi sono molto ambiziosi, ma siamo ancora ai primi passi.

Il team di ricerca deve ancora passare dalla teoria alla pratica

Sul sito Borderline24 si legge infatti: "È in corso – spiega Grittani – la realizzazione di un prototipo indispensabile per avviare la fase sperimentale". Il punto al quale siamo fermi è questo, un passo prima dell'inizio dei test veri e proprio. Un attimo prima del passaggio dalla teoria alla pratica. Proprio per questa ragione, su Ohga non leggerai della nuova radioterapia contro il tumore, ma di un'importantissima intuizione da parte di un ricercatore italiano, sulla base di un lavoro di ricerca che prosegue in realtà almeno dal 2013.

Devi sapere infatti che una terapia brucia-cancro esiste già. È la termoablazione, che utilizza il calore per distruggere le cellule malate, attraverso la radiofrequenza o le microonde. Come spiegato sul sito dell'Airc (Associazione italiana per la ricerca contro il cancro), è un metodo utilizzato fin dagli anni '90 e efficace solo contro alcuni tipi di neoplasie, tra cui fegato, polmoni e ossa. Esiste poi anche un'altra possibilità. L'istituto Ceco dove lavora Grittani ha messo a punto una tecnica che utilizza i protoni accelerati al plasma per indirizzare le radiazioni verso le cellule tumorali, senza intaccare quelle sane. Viene impiegata soprattutto quando il carcinoma si è sviluppato nei pressi di organi  molto importanti, come il cervello o il cuore.

Partendo da quanto già esiste, quindi, il ricercatore italiano Gabriele Grittani, si è chiesto se non fosse meglio utilizzare gli elettroni. Al momento la teoria sembra dargli ragione e il brevetto per il metodo da lui sviluppato è già stato depositato. Però bisogna dare il tempo al team di ricerca di mettere in pratica le ipotesi formulate. Devono cioè partire con la sperimentazione e passare attraverso tutti i trial clinici del caso. Le speranze sono naturalmente che l'intuizione di fisico barese si riveli esatta anche durante la pratica e che in futuro le persone possano essere curate in modo più rapido e meno invasivo. Ma al momento sono solo obiettivi nobili e ambiziosi.

Fonte| "Characterization of supersonic and subsonic gas targets for laser wakefield electron acceleration experiments" pubblicato su Matter and Radiation at Extremes il 17 gennaio 2019

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