Fegato grasso, il fruttosio potrebbe essere uno dei nemici da cui guardarti

Un consumo eccessivo di fruttosio, che puoi trovare in frutti come la banana o le arance ma anche in verdure tra cui peperoni e carote, avrebbe un effetto dannoso sulla barriera protettiva dell’intestino: questa si danneggerebbe comportando la fuoriuscita di composti tossici in grado di favorire la conversione del fruttosio in depositi di acidi grassi.
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Kevin Ben Alì Zinati 27 Agosto 2020
* ultima modifica il 23/09/2020

Curare l’alimentazione significa prendersi cura del proprio corpo e della propria salute. Quindi, da oggi, potresti dover fare più attenzione al fruttosio. Lo suggerisce una ricerca pubblicata su Nature Metabolism secondo cui quantità eccessive di fruttosio assunte con regolarità potrebbero provocare la malattia del fegato grasso. Una volta raggiunto l’intestino, il fruttosio sarebbe infatti in grado di rompere la barriera protettiva che protegge gli organi e innescare la steatosi epatica non alcolica.

Il meccanismo del fruttosio

Secondo i ricercatori della Scuola di Medicina della California, il fruttosio avrebbe un ruolo centrale nell'interruzione della barriera intestinale responsabile della malattia del fegato grasso. Ogni giorno puoi assumere fruttosio attraverso frutta come arance o banane, con il miele o anche con alcune verdure tra cui le carote, i peperoni o le melanzane. Una volta che questa sostanza entra nel tuo organismo e arriva nel tratto digestivo, viene scomposta da un enzima chiamato fruttochinasi: l’eccessiva presenza di fruttosio nell’intestino sarebbe però in grado di ridurre la produzione di quella popolazione di proteine responsabili della protezione della barriera intestinale, ovvero quello strato di cellule epiteliali e muco che tiene alla larga patogeni e batteri. Il danneggiamento della barriera comporterebbe la sua permeabilità e la fuoriuscita di endotossine (composti tossici): se dovessero arrivare fino all’intestino potrebbero provocare una maggior produzione di citochine infiammatorie e la conversione di fruttosio in depositi di acidi grassi portando fino allo sviluppo della statosi epatica non alcolica.

Fonte | "Fructose stimulated de novo lipogenesis is promoted by inflammation" pubblicata il 24 agosto 2020 sulla rivista Nature Metabolism

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