
Flogosi è molto semplicemente un sinonimo di infiammazione, un termine che sicuramente avrai già sentito e che indica il meccanismo con il quale il tuo organismo si difende in modo generico dopo avere subito danni alle cellule o ai tessuti, eliminando i responsabili del danneggiamento, ad esempio gli agenti patogeni, e dando il via al processo riparativo.
Di seguito ti spiegherò nel dettaglio quali possono essere le cause del processo infiammatorio e quanti tipi ne esistono, illustrandoti la differenza tra una flogosi cronica ed acuta per poi cercare di capire la cura più adatta.
In medicina flogosi significa infiammazione, ovvero una reazione prevalentemente locale che si verifica quando il tuo organismo subisce un danno provocato da agenti fisici (come lesioni, calore e radiazioni), chimici (acidi o basi forti), biologici (batteri, virus e parassiti) o necrosi e ipossia.
L'obiettivo della flogosi è quello di proteggere il tuo corpo, limitando i danni alle cellule o ai tessuti, eliminando l'agente che li ha causati e avviando il processo di riparazione. In altre parole, possiamo dire che l'infiammazione è una risposta immunitaria alle minacce esterne, scatenata dalle stesse cellule sopravvissute al danno: è infatti la zona sana vicina a quel punto reso vulnerabile da un trauma o da un’infezione a innescare la reazione infiammatoria.
Che sia cronica o acuta, in ogni caso, devi sapere che la flogosi non si verifica all'improvviso ma segue diverse fasi, che sono:
Come ti anticipavo, l'infiammazione o flogosi è un meccanismo di difesa non specifico che il tuo corpo mette in atto per rispondere ad un danno cellulare o ai livello dei tessuti. Le possibili cause del processo infiammatorio sono tante e comprendono:
Ogni infiammazione è contraddistinta da una serie di segni clinici piuttosto specifici, che si manifestano a prescindere dalla zona colpita. In particolare, i sintomi principali che si presenteranno in caso di flogosi sono:
La sensazione di dolore è a sua volta regolata dai centri del sistema nervoso centrale. La percezione del dolore associato alla lesione è soggettiva e influenzata dall'ambiente esterno. La risposta infiammatoria comprende, inoltre, una componente vascolare (angiophlogosis) e una componente tissutale (istoflogosi), che si combinano in varie proporzioni a seconda se il processo è acuto o cronico.
La flogosi viene classificata in base al periodo di tempo, quindi alla durata, e in questa logica si può distinguere tra infiammazione acuta e cronica.
Questo tipo di infiammazione insorge rapidamente in seguito al danno cellulare o tessutale e innesca una serie di reazioni, a partire da alcune modifiche a livello vascolare che comprendono una vasocostrizione seguita poi da una dilatazione dei vasi dell'area colpita. Successivamente, i globuli bianchi fuoriescono dai vasi sanguigni per migrare verso il tessuto interessato, dove prendono parte al processo flogistico con la fagocitosi, mirata ad eliminare i microrganismi dannosi e i detriti cellulari.
Normalmente le infiammazioni acute hanno una durata limitata nel tempo, al massimo di qualche settimana, e sono causate soprattutto da infezioni, necrosi, ipossia o lesioni subite da corpi estranei.
Quando il processo infiammatorio acuto non si risolve, o comunque se la sua causa scatenante non viene eliminata, allora si può parlare di flogosi cronica o istoflogosi, che può durare a lungo ed è caratterizzata allo stesso tempo da un'infiammazione attiva, dalla distruzione dei tessuti e dal tentativo di riparazione.
Tra le cause di questo tipo di flogosi ci sono le malattie autoimmuni, l'esposizione ad alcune sostanze tossiche o più semplicemente l'infezione da parte di agenti patogeni difficili da eliminare, come il virus dell'epatite C, funghi o parassiti, ma tieni presente che per le loro caratteristiche alcuni microrganismi tenderanno inevitabilmente a scatenare un'infiammazione cronica.
L'istoflogosi inoltre può essere distinta in due tipologie a seconda della sua diffusione, ovvero flogosi cronica interstiziale (o diffusa) e flogosi cronica granulomatosa (o circoscritta). Se nel primo caso l'infiammazione cronica è di frequente preceduta da quella acuta, nella flogosi circoscritta i macrofagi tendono ad accumularsi e formare un granuloma per combattere l'agente responsabile, che però riesce solitamente a persistere provocando appunto la cronicità del processo flogistico.
Per diagnosticare uno stato infiammatorio serve prima di tutto un esame obiettivo del medico, soprattutto se la flogosi è superficiale, e poi sono richiesti degli esami del sangue, che dovrebbero confermare una leucocitosi. In alternativa, il medico può prescriverti anche un prelievo specifico per controllare se hai la proteina C reattiva alta, uno dei principali indicatori di un'infiammazione in corso. In ambito ginecologico, poi, anche il pap test può segnalare la presenza di flogosi intensa, moderata o lieve ma, in assenza di cellule neoplastiche, non dovrai preoccuparti e il dottore ti prescriverà un trattamento locale sulla base dell'esito dell'esame.
La flogosi può essere pericolosa quando coinvolge organi di vitale importanza, ad esempio se si manifesta a livello polmonare o intestinale, e quando si presenta in concomitanza di altre patologie, come il diabete, l’obesità o tumori. Ma come si cura? La terapia ovviamente deve essere studiata in base alla patologia o comunque alla causa scatenante, e di norma comprende antinfiammatori, antidolorifici e antibiotici.
Naturalmente anche l'alimentazione, e più in generale uno stile di vita sano, può avere un certo impatto sugli stati infiammatori: in altre parole la flogosi può essere condizionata da ciò che mangi, perché ci sono dei cibi che possono attivare i processi infiammatori e dei cibi che invece hanno proprietà anti-infiammatorie. Tra questi ultimi ci sono i prodotti che contengono antiossidanti (omega-3, zinco, selenio, vitamine B12, C, D, E, coenzima Q) e con un basso indice glicemico, come olio di oliva, pesci grassi, noci, e ovviamente ricordati di consumare verdura a foglia verde come gli spinaci, pomodori e frutta, soprattutto ciliegie, mirtilli e arance. Vanno invece ridotti i cibi pronti, ricchi di zuccheri raffinati e grassi saturi, che possono alterare il microbiota intestinale.
Fonti | Humanitas; Msd Manuals
(Pubblicato il 5-08-2020 da Valentina Rorato
Modificato il 3-02-2022 da Alessandro Bai)