Gli Ambulatori diffusi: nasce a Bergamo il progetto per i cittadini rimasti senza medico di famiglia

Il 2022 è stato “l’anno nero” per la Medicina Generale: quasi 4mila medici sono andati in pensione, ma non ne sono arrivati altrettanti a occupare i posti rimasti vuoti. Oggi 3 milioni di italiani, semplicemente, non hanno un medico. Una prima risposta a questo grave problema è il progetto di Bergamo, già adottato anche da Ats Pavia, ma una soluzione definitiva può arrivare solo dal governo.
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Giulia Dallagiovanna 21 Dicembre 2022
* ultima modifica il 21/12/2022
Intervista al Dott. Michele Sofia Direttore Sanitario dell'Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo

Il 2022 è stato "l'anno nero" per la medicina del territorio. Quasi 4mila medici di famiglia sono andati in pensione, registrando un picco di uscite dal Servizio sanitario nazionale che non è stato (e non sarà) compensato dalle entrate. Il fenomeno entro cui questi numeri si inseriscono è molto più ampio e per capire quando è iniziato, bisogna tornare indietro di almeno una quindicina d'anni. Oggi ne tocchiamo con mano le conseguenze: circa 3 milioni di italiani semplicemente non hanno un medico. Fimmg (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) calcola che entro il 2028 lasceranno il camice circa 33mila professionisti, con un saldo in negativo tra entrate e uscite pari a 22mila posti. Tra le regioni più in sofferenza si registrano già Sicilia, Campania, Lazio e Lombardia. Proprio da quest'ultima è partito un progetto che prova a trovare una soluzione con i mezzi che le singole Ats e la Regione hanno a disposizione. Si chiama "Ambulatori diffusi" ed è nato a Bergamo lo scorso luglio, ma è già stato adottato da Ats Pavia e a breve potrebbe essere esportato in altre aziende sanitarie lombarde, nonché fuori regione.

"Non è una soluzione costruita specificatamente per il territorio di Bergamo: può essere percorribile anche da altre regioni o a livello nazionale. Al momento, sembra essere l'unica possibilità che abbiamo", ci ha spiegato il dottor Michele Sofia, Direttore Sanitario dell'Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo.

Dottor Sofia, quale era la situazione della Medicina Generale a Bergamo quando avete ideato il progetto?

La situazione era e rimane critica. Ad agosto registravamo circa 21mila cittadini senza medico di Medicina Generale. Oggi, grazie anche agli ambulatori diffusi, siamo scesi a 18mila. Sono arrivati nuovi medici, ma tanti professionisti sono andati in pensione. Il saldo è in negativo: ne mancano 11 in totale. Se pensiamo che ciascuno di loro segue tra i 1.000 e i 1.800 assistiti, ci possiamo rendere conto delle dimensioni del problema.

Credits photo: ATS Bergamo – Regione Lombardia

Come funzionano gli ambulatori diffusi?

Il sistema si basa su tre cardini. Il primo è l'adesione dei medici su base volontaria: ciascuno di loro può dare la propria disponibilità per un certo numero di ore, a totale discrezione. Durante questi slot visitano nel proprio studio pazienti che non erano in carico a loro e ricevono una remunerazione a prestazione, secondo quanto previsto dall'accordo collettivo nazionale. Il cittadino che ha necessità di usufruire del servizio si potrà recare in farmacia e prenotare un appuntamento in base all'orario che preferisce e al medico più vicino all'indirizzo di residenza. Ad oggi hanno aderito 128 medici e 246 farmacie.

Dal 20 dicembre, poi, è entrata in funzione un'app che permette, a chi lo desidera, di prenotare in autonomia dal proprio smartphone.

Che prestazioni offrono gli ambulatori diffusi?

Il medico che mette a disposizione le proprie ore è un medico di Medicina Generale e può quindi svolgere tutte le prestazioni di sua competenza: consulti clinici, rilascio di ricette, rilascio di certificazioni e così via.

Come sono stati messi in rete i medici disponibili, le farmacie, l'app e i cittadini? 

Attraverso una piattaforma che abbiamo distribuito alle farmacie e che ha anche il vantaggio di alleggerire tutta l'attività burocratica che sottrae tempo al medico. Nel momento in cui viene confermato l'appuntamento, vengono inviati in automatico un prospetto delle visite al medico e un promemoria al paziente. Inoltre, la piattaforma si occupa di contabilizzare le visite fatte e di tenere conto delle retribuzioni.

Come stanno reagendo i cittadini a questa nuova possibilità?

Abbiamo svolto un sondaggio intervistando 701 cittadini che avevano usufruito dell'ambultorio diffuso e abbiamo avuto un riscontro incoraggiante. Su una scala da 0 a 5, la valutazione media era di 4. Inoltre, 442 intervistati si sono dichiarati pienamente soddisfatti.

Quali sono invece i limiti degli ambulatori diffusi?

Una delle prime criticità che ci erano state segnalate era la distanza tra i pazienti e il medico disponibile. Ma dalle nostre verifiche risulta che i chilometri percorsi in media sono 3,88, contro gli 1,59 di un cittadino che ha il proprio medico di Medicina Generale. Abbiamo cercato di coprire il territorio nel modo più capillare possibile per andare incontro alle esigenze, soprattutto dei più fragili.

Un secondo limite, più importante, è però la mancanza di un rapporto fiduciario tra medico e paziente come quello che instauravano, ad esempio, i nostri genitori. Nello scenario a cui siamo di fronte oggi è sempre più complicato riproporre questa dinamica, sebbene molto importante. Forse tra qualche anno le riforme ci consentiranno di avere un numero adeguato di medici di Medicina Generale e di recuperare questo rapporto.

Il progetto "Ambulatori diffusi" ha trovato una risposta locale a un problema che però riguarda tutta Italia. E si basa, inoltre, sulle risorse che l'azienda sanitaria ha a disposizione. Secondo lei, la carenza dei medici di Medicina Generale (e di quelli ospedalieri) non dovrebbe essere risolta a livello nazionale e in modo più definitivo?

La soluzione ottimale sarebbe sicuramente quella di avere un numero sufficiente di medici, ma per recuperare tutti i posti che abbiamo perso servono anni. Dobbiamo confrontarci con la situazione di oggi e l'unica risposta possibile è questa. Non ce ne sono altre che consentano di risolvere o limitare il problema nel breve periodo. Da settembre a novembre, il nostro progetto ha garantito più di 2mila visite ogni mese. Visite che altrimenti non sarebbero state effettuate. Inoltre, solo il 40% degli slot disponibili sono stati occupati. Potenzialmente, potremmo erogare fino al doppio delle visite.

Quanti anni serviranno per sperare di fornire di nuovo un medico a ciascun cittadino?

Direi almeno 8 o 9, se teniamo conto dei 6 anni del corso di laurea in Medicina e poi dei 2 o 3 anni di scuola di formazione in Medicina Generale. Ma non è tutto. Bisognerà fare una programmazione tale che invogli i neolaureati ad avvicinarsi a questo percorso.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.