Gli antidolorifici da banco? Potrebbero diventare rischiosi durante la gravidanza

Un recente studio presentato al congresso della Società europea di Riproduzione umana ed embriologia avrebbe dimostrato una correlazione tra l’uso di antidolorifici senza prescrizione medica e un aumento rischio di danni al feto.
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Kevin Ben Alì Zinati 4 Settembre 2021
* ultima modifica il 10/09/2021

Amici che poi si trasformano in nemici. È il destino cui potrebbero andare incontro le donne incinte e alcuni comuni antidolorifici.

Se hai avuto una gravidanza lo sai: sono mesi difficili, con cambiamenti ormonali non indifferenti che si ripercuotono sul corpo.

Non è affatto raro quindi sviluppare dolori e sintomi come l'influenza, la febbre, infiammazioni o condizioni reumatologiche. Tutte circostanze che ti portano ad andare in farmacia o in parafarmacia e acquistare un classico antidolorifico.

Sto parlando, per esempio, di aspirina e ibuprofene, farmaci dunque per i quali non ti serve nessuna prescrizione da parte del medico.

Dietro a un’azione così semplice e naturale potrebbe però nascondersi un rischio.

Lo rivela un gigantesco studio scozzese appena presentato all’Eshre, il congresso della Società europea di Riproduzione umana ed embriologia.

Analizzando oltre 150mila nascite nell’arco di trent'anni, un gruppo di ricercatori avrebbe riscontrato che le mamme che avevano assunto antidolorifici da banco avrebbero avuto un rischio più alto, di circa una volta e mezza, di un parto prematuro, morte neonatale e difetti fisici al bambino rispetto alle altre.

Non voglio creare allarmismo né tantomeno spaventarti. I dati dello studio dell’Università di Aberdeen, in Scozia, vogliono solo aumentare la consapevolezza e la prevenzione, anche perché il contesto di riferimento è molto ampio.

Secondo i ricercatori, infatti, una percentuale che va dal 30 all’80% di donne in tutto il mondo usa antidolorifici senza prescrizione medica per alleviare il dolore in gravidanza.

Così hanno raccolto i dati di 151.141 gravidanze singole portate a termine tra il 1985 e il 2015 attraverso la banca Maternità e Neonatale di Aberdeeen.

Li hanno poi messi in correlazione con l'uso di cinque antidolorifici comuni e diffusi, ovvero il paracetamolo, l’aspirina, gli antinfiammatori non steroidei (Fans) diclofenac, naproxene e ibuprofene.

Cos’hanno trovato? Che complessivamente circa il 29% delle donne, quindi tre su dieci, avevano preso antidolorifici durante la gravidanza, cifra che è raddoppiata fino al 60% negli ultimi sette anni del periodo di studio.

Più di una donna su 5 poi, equivalente all’84%, ha confermato di averli utilizzati durante le prime 12 settimane di gravidanza.

Poi sono arrivati i riscontri sui feti. I risultati avrebbero dimostrato un’associazione tra l’aumento del rischio per la gravidanza per le donne che avevano utilizzato uno dei farmaci.

Che si traduce in difetti del tubo neurale, morte neonatale, ricovero in una unità neonatale, nascita prematura, con un indice di Apgar minore di 7 dopo 1 e dopo 5 minuti, nascita sotto i 2,5 Kg o sopra i 4 kg, ipospadia, difetti al pene e, purtroppo, anche morte alla nascita.

Gli stessi autori hanno però fatto delle precisazioni, spiegando che le associazioni dell'uso di paracetamolo da solo con un peso elevato alla nascita, difetti del tubo neurale e ipospadia non erano significative mentre il consumo di diclofenac è ​​stato associato a probabilità significativamente diminuite di natimortalità, “un effetto protettivo che secondo gli autori può essere attribuito ai suoi effetti antinfiammatori più forti rispetto agli altri Fans”.

Fonte | Eshre

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