Il 90% dei vaccini promessi dall’UE ai Paesi poveri non è arrivato: Medici Senza Frontiere ci spiega i rischi che corriamo

“Oggi non è più concepibile immaginare di rimanere protetti dal proprio sistema sanitario e al sicuro dentro le proprie frontiere”. Elda Baggio, vicepresidente di Medici Senza Frontiere, riassume così il pericolo a cui andiamo incontro se non garantiamo l’accesso ai vaccini anche ai paesi con meno risorse economiche. Delle 250 milioni di dosi promesse dall’UE, il 90% deve ancora arrivare.
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Giulia Dallagiovanna 6 Ottobre 2021
* ultima modifica il 06/10/2021
Intervista alla Prof.ssa Elda Baggio Vicepresidente di Medici Senza Frontiere e chirurgo d'emergenza

In Europa, oggi, abbiamo così tante dosi di vaccino anti-Covid a disposizione che le stiamo buttando via. Nei Paesi in via di sviluppo ne hanno così poche che solo lo 0,3% della popolazione ha ricevuto almeno la prima iniezione. Una storia che si ripete: la parte ricca del mondo che possiede troppo e quella povera che, invece, non ha abbastanza. Ma commettiamo un errore molto grande se pensiamo che questa disparità nell'accesso alle cure e alla prevenzione non avrà conseguenze anche su di noi. Una su tutte: il possibile sviluppo di varianti che risultino resistenti proprio a quei vaccini e a quelle terapie che oggi ci permettono di intravedere un ritorno alla normalità.

Nel suo intervento al Global Health Summit, il presidente del Consiglio Mario Draghi, ha promesso l'invio di altre 45 milioni di dosi da parte dell'Italia entro la fine dell'anno. Ha inoltre aggiunto che l'Unione europea era già stata generosa. Il riferimento era al programma COVAX, gestito dall'Organizzazione mondiale della sanità, che dovrebbe favorire l'arrivo dei vaccini ai Paesi in via di sviluppo. Ma siamo davvero stati così generosi? La risposta breve è no. Ne abbiamo parlato con Elda Baggio, vicepresidente di Medici Senza Frontiere, chirurgo d'emergenza e da tanti anni in prima linea proprio nelle zone più dimenticate del Pianeta.

A sinistra, Elda Baggio, chirurgo d’urgenza e vicepresidente di Medici Senza Frontiere

Qual è ad oggi la copertura vaccinale nei Paesi a basse risorse economiche Quali sono i Paesi con la situazione peggiore?

Nonostante le innovazioni mediche dell’ultimo anno e le promesse di equità da parte dell’Unione Europea, la copertura vaccinale contro il Covid-19 rimane ridottissima nella maggior parte dei paesi a basso e medio reddito. Nei paesi a basse risorse, solo lo 0,3% della popolazione ha infatti ricevuto una dose di vaccino. Chi vive in questi paesi non ha strumenti di difesa di fronte alla pandemia e non può più fare affidamento solo su atti di beneficenza o volontariato portati avanti da un esiguo numero di paesi ad alto reddito e dall’industria farmaceutica. In Africa, su una popolazione di oltre un miliardo di abitanti, solo 9 milioni di persone sono state vaccinate.

"Gran parte degli abitanti delle zone più remote non ha nemmeno sentito parlare di vaccini"

Inoltre, l’accesso ai vaccini non è omogeneo: la maggior parte delle persone vaccinate vive nelle grandi capitali che hanno ricevuto le dosi COVAX, l’acronimo indica il meccanismo di approvvigionamento globale che mira ad acquistare e distribuire equamente i vaccini contro il Covid-19, mentre gran parte degli abitanti delle zone più remote non ha nemmeno sentito parlare di vaccini.

Come procede il programma COVAX? Le dosi arrivano per tempo? 

Il meccanismo COVAX in realtà è stato compromesso dall’Unione Europea e da altri paesi ad alto reddito, che sin dall’inizio hanno prenotato migliaia di dosi al di fuori del programma, lasciando il COVAX senza opzioni di acquisto, e dipendente da caritatevoli donazioni di dosi. Mentre l’UE ha raggiunto accordi per 4,5 miliardi di dosi per una popolazione di 450 milioni di persone (pari a 10 dosi per abitante), il COVAX ha distribuito solamente 250 milioni di vaccini rispetto all’obiettivo iniziale di 2 miliardi di dosi destinate ai paesi a basso e medio reddito, negli obiettivi questo sarebbe dovuto avvenire entro la fine del 2021. È reale il rischio che le dosi eccedenti il bisogno prenotate dai paesi più ricchi rischino di scadere e non essere usate: risultano scadute 4 milioni di dosi, è imbarazzante.

Un programma come COVAX può essere efficace? Risponde alle necessità effettive di questi Paesi?

Un programma come COVAX può aiutare nella fase di approvvigionamento dei vaccini, ma di sicuro non risponde alle necessità effettive dei paesi a basso reddito. Infatti, al di là del costo dei vaccini che vengono acquistati dal progetto COVAX rimane il problema delle difficoltà di produzione di una quantità di dosi numericamente adeguate. Per adesso infatti non vi è risposta alcuna alla possibilità, che analogamente a quanto fatto negli anni duemila per i farmaci generici per l’HIV, l’Organizzazione mondiale del Commercio accetti di sospendere i diritti dei brevetti così da consentire la produzione del generico del vaccino. L’UE sta nuovamente facendo grandi promesse sul supporto alla produzione di vaccini in Africa, ma senza affrontare chiaramente il problema del monopolio della tecnologia, la sola produzione di vaccini non porta automaticamente a un maggiore accesso. Inoltre, non riconoscendo i vaccini prodotti nei paesi a basso e medio reddito (anche se approvati dall’OMS) per il suo “Certificato Digitale Covid-19”, l’UE sta alimentando ancora di più le disuguaglianze globali esistenti e la titubanza nei confronti del vaccino.

In un articolo sul sito di Medici senza frontiere si legge che "l'UE ha costantemente ostacolato le proposte avanzate al fine di ottenere la produzione, la fornitura e la distribuzione equa di vaccini e terapie"? Di quali proposte si trattava e in che modo le ha ostacolate?

L’Unione Europea sta continuando a ostacolare le iniziative che permetterebbero ad altri paesi di produrre in autonomia i vaccini e altre terapie, e così facendo sembra dare priorità agli interessi della propria industria farmaceutica piuttosto che rispondere ai bisogni medici globali delle persone. L’UE ha inoltre attivamente osteggiato il processo di negoziazione nei confronti della deroga sugli accordi TRIPS, una proposta presentata all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) nell’ottobre 2020 da India e Sudafrica, che permetterebbe ai paesi di sospendere temporaneamente i brevetti e altri diritti di proprietà intellettuale su farmaci, test diagnostici e vaccini utili per la risposta al Covid-19.

Durante il Global Health Summit, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha promesso 45 milioni di dosi di vaccino donate dall'Italia entro fine anno. Ha poi aggiunto che in quanto Europa "siamo già stati generosi". Siamo davvero stati generosi?

"A 4 mesi dalla fine dell'anno, il 90% delle dosi promesse dall'UE non sono ancora state donate"

In realtà, sin dall’inizio, gli stati europei si sono dimostrati molto egoisti, e hanno pensato ad accaparrarsi le proprie dosi di vaccino. Come abbiamo già detto, questo ha marginalizzato e di fatto compromesso il funzionamento del sistema COVAX, per mancanza di dosi acquistabili e nonostante l’UE abbia recentemente aumentato il suo impegno a condividere 250 milioni di dosi, la maggior parte delle quali attraverso il COVAX, a quattro mesi dalla fine dell’anno oltre il 90% di queste dosi non sono ancora state donate.

Cosa stiamo rischiando nel lasciare i Paesi in via di sviluppo senza un'adeguata copertura vaccinale?

L’accessibilità universale al vaccino contro il Covid-19 non è solo una questione di equità, ma anche la precondizione necessaria per vincere la battaglia contro il Covid–19. Più è basso il numero di persone non vaccinate e maggiore sarà la probabilità che il virus continui a circolare liberamente e di conseguenza (come nella storia dei virus) mutare in nuove varianti, minando l’efficacia dei vaccini e contribuendo alla sua diffusione in Europa e nel resto del mondo. In un mondo globalizzato e interconnesso sappiamo che questo è ancora più facile. Oggi non è più concepibile immaginare di rimanere protetti dal proprio sistema sanitario e al sicuro dentro le proprie frontiere.

Credits photos: Ufficio stampa Medici Senza Frontiere

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