Il cane positivo al Coronavirus in Italia non deve preoccuparti. Il prof Decaro: “Non può contagiare l’uomo”

Il professor Decaro, ordinario di Malattie Infettive degli Animali all’Università di Bari, per la prima volta nel nostro Paese ha individuato tracce di Rna virale nei tamponi prelevati da una barboncina di un anno e mezzo. La notizia, di grande interessare per la comunità scientifica, non deve però allarmare la popolazione dal momento che i titoli virali ritrovati sono molto bassi e non c’è quindi alcun pericolo di contagio.
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Kevin Ben Alì Zinati 13 Novembre 2020
* ultima modifica il 13/11/2020
In collaborazione con il Prof. Nicola Decaro Ordinario di Malattie Infettive degli Animali presso il dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari

Per la prima volta in Italia un cane è stato trovato positivo al Coronavirus ma non c’è nulla di cui devi preoccuparti. La barboncina di un anno e mezzo di Bitonto sta benone e non ha mai accusato nessun sintomo ma sopratutto non è contagiosa. Ci ha pensato il professor Nicola Decaro, ordinario di Malattie Infettive degli Animali dell’Università di Bari a far chiarezza e a spegnere sul nascere l’allarmismo. È stato lui, insieme ai colleghi del dipartimento di Medicina Veterinaria, ad individuare le tracce dell’Rna virale nei tamponi eseguiti sull’animale: “Era una notizia degna di nota per la comunità scientifica ma non così allarmante per la popolazione come invece è stata diffusa da alcuni organi di informazione”. Così ci ha spiegato perché.

Solo sierologici positivi  

Coronavirus e animali domestici non è un binomio del tutto nuovo in questa pandemia. Probabilmente ti ricorderai dei primi casi di infezione riscontrati ad aprile, quando erano state trovate tracce di Sars-Cov-2 nell’organismo di due cani e un gatto a Hong Kong e di un gatto in Belgio. La comunità scientifica aveva subito preso ad indagare quella piega del virus ma sebbene non ci fossero ancora certezze e per di più nessun caso in Italia, la paura era comunque arrivata in fretta a livelli estremi.

Al punto che non erano mancate le segnalazioni e le denunce di persone che abbandonavano i propri animali per scongiurare il rischio di infezione. Allora l’Istituto Superiore di Sanità aveva alzato la voce e aveva sottolineato con decisione come non vi fosse alcuna evidenza che cani e gatti potessero giocare un ruolo nella diffusione epidemica di SARS-CoV-2.

Mentre la stampa ritornava tiepida sull’argomento e gli animali domestici infetti a livello internazionale raggiungevano la poco rilevante quota di 20 casi, il professor Decaro e il Dipartimento di Medicina e Veterinaria dell’Università di Bari avevano avviato un progetto di ricerca con al centro il nuovo coronavirus e gli animali.

Insieme al team coordinato dal professor Saverio Paltrinieri dell’Università di Milano e alla School of Tropical Medicine di Liverpool in questi mesi hanno così studiato oltre 900 animali che vivevano nelle regioni del Nord Italia più colpite dalla prima ondata di contagi. “Li abbiamo testati dal punto di vista sierologico e/o virologico – ha spiegato –  Tra questi abbiamo individuato 67 cani e 54 gatti conviventi con soggetti COVID-positivi che erano stati esposti al virus”. 

In sostanza, avevano ricercato la presenza di anticorpi nel siero e il coronavirus nei tamponi oro-faringei, nasali e rettali di questi animali trovando che “il 4-5% di loro aveva sviluppato gli anticorpi. Significa quindi che erano stati esposti al virus. In nessuno tuttavia abbiamo mai trovato presenza di Rna virale”. Quindi sì, gli animali domestici potevano aver preso il virus senza però subire gravi conseguenze.

La barboncina

Nelle scorse settimane, poi, nel progetto dei ricercatori baresi è stato coinvolto anche il cane di una famiglia di Bitonto. Uno dei componenti del nucleo famigliare era stato trovato positivo al test rapido ed era in attesa della conferma del tampone molecolare, mentre i restanti membri della famiglia avevano tutti avuto i sintomi dell’infezione.

Finora avevamo trovato solo animali che erano stati esposti al virus ma nessuna traccia dell'Rna virale

Prof. Nicola Decaro, ordinario Malattie Infettive degli Animali presso l'Università di Bari

“Sono conoscenti, così li abbiamo contattati, abbiamo fornito loro i tamponi e hanno prelevato per noi del materiale biologico dal loro cane. Analizzando i campioni presi per più giorni consecutivi con tamponi orali, nasali e rettali abbiamo riscontrato la presenza dell’RNA virale. Si trattava, però, di titoli virali molto bassi e quindi non infettanti” ha continuato il professor Decaro, spiegando che la possibilità di trovare anche qui in Italia qualche cane o gatto positivo era attesa dalla comunità scientifica.

“Quando effettivamente è successo non abbiamo trasmesso la notizia, abbiamo informato solo il Ministero della Salute, l’Asl Bari e i servizi veterinari della Regione Puglia con l’intento poi di condividere il risultato su una piattaforma pubblica utilizzata prevalentemente dalla comunità scientifica”.

Niente panico

Il giorno successivo alla diramazione dell’avviso alle autorità, però, il professor Decaro ha visto il “proprio” caso descritto nei dettagli in un servizio di una tv locale, a sua insaputa. Ancora oggi non ha idea di come la notizia abbia potuto varcare le soglie della discrezionalità con cui era stata confezionata, “tuttavia la paura che ne è derivata è ingiustificata. Voglio tranquillizzare tutti: si tratta di un’infezione sporadica, basti pensare che in tutti i casi che abbiamo analizzato fino ad oggi, questo è l’unico di positività virologica. E ricordiamoci inoltre che, nel mondo, solo una ventina di animali sono stati trovati infetti”.

Non era una notizia così allarmante per la popolazione come invece è stata dipinta da alcuni media

Prof. Nicola Decaro, ordinario Malattie Infettive degli Animali presso l'Università di Bari

Non serve fare allarmismo dunque, soprattutto perché il cane in questione sta benissimo, non ha avuto nessun sintomo e non rischia di contagiare nessuno. “La barboncina ha contratto il virus da uno dei proprietari. Non c’è da preoccuparsi né per il cane né per le persone dal momento che la presenza di bassi titoli virali testimonia la quasi certa assenza di potere infettante dei suoi secreti biologici" ha concluso il professor Decaro, ponendo anche l'accento sul fatto che "la letteratura scientifica non riporta nessun caso di animale morto per infezione da SARS-CoV-2 né, tantomeno, di esseri umani contagiati dal proprio animale domestico”. Ancora una volta, quindi, il binomio Coronavirus e animali domestici non deve farti paura.

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