
Se ti ammali e sei un dipendente puoi assentarti dal lavoro pur continuando a essere retribuito, a patto che tu possa dimostrare di non stare bene con un certificato medico. È un tuo diritto, riconosciuto dalla legge (articolo 2110 del codice civile). Ma se sei una donna e soffri di dismenorrea – ovvero hai un ciclo mestruale particolarmente doloroso – per te questo diritto non vale. A meno che non vivi in uno dei pochi Paesi al mondo in cui il congedo mestruale è riconosciuto dalla legge. E l'Italia non è tra questi.
Se credi che questo problema riguardi poche donne, purtroppo ti sbagli. Pensa che soffre di dolori associati al ciclo circa il 70% delle donne tra i 15 e i 25 anni. Con l'avanzare dell'età, la percentuale tende a ridursi fino ad attestarsi sul 25% della popolazione femminile. Stiamo parlando di una donna su quattro.
La dismenorrea è una condizione dolorosa universalmente riconosciuta a livello medico. Si tratta del "termine medico –spiega Humanitas– con cui vengono indicati i dolori associati al ciclo mestruale". Questi possono manifestarsi sotto forma di crampi nella parte bassa dell'addome, ma possono implicare anche altri sintomi, come dolori alla schiena, nausea, vomito, diarrea e vertigini.
"In alcuni casi, la sintomatologia – specificano ancora gli esperti di Humanitas – è facilmente controllabile mediante l'assunzione di antidolorifici; per alcune donne, invece, si tratta di un problema estremamente debilitante che può interferire con le normali attività quotidiane". Ecco perché sono sempre di più le donne, in Italia e nel mondo, a chiedere che venga lo riconosciuto il diritto ad assentarsi dal lavoro in caso di forti dolori. In una sola parola: il congedo mestruale.
Per "congedo mestruale" si intende la possibilità per le donne lavoratrici di astenersi dal lavoro per uno più giorni al mese – a volte in modo retribuito a volte no – quando soffrono di dolori mestruali particolarmente intensi, tanto da rendere impossibile lo svolgimento delle normali attività quotidiane, compresa quindi quella lavorativa.
In realtà è impossibile dare una definizione unica del funzionamento del congedo mestruale, perché sono ancora pochi i Paesi (o le singole aziende) che lo prevedono e ognuno lo fa a suo modo.
Per risalire all'ultima volta in cui in Italia il termine di congedo mestruale è finito nelle aule del Parlamento bisogna tornare indietro di più di cinque anni fa. Era il 27 aprile 2016 quando quattro deputate del Pd (Romina Mura, Daniela Sbrollini, Maria Iacono e Simonetta Rubinato) presentarono alla Camera un disegno di legge – il primo nella storia del Paese – per introdurre il congedo mestruale.
La bozza normativa prevedeva che le donne avrebbero potuto assentarsi al massimo per tre giorni al mese senza dover usufruire dell'assenza per malattia o ferie. Unica condizione prevista per poterne beneficiare era quella di presentare un certificato medico che attestasse la condizione di dismenorrea, da rinnovare di anno in anno. Come spesso accade però l'iter d'approvazione di quella legge venne sospeso perché ritenuto meno importante di altre questione e finì – in buona compagnia – nel cassetto delle norme "rimandabili".
A dire il vero, anche nel resto d'Europa le cose non vanno meglio, esclusa un'unica eccezione – anche piuttosto recente. Il 16 dicembre 2022 la Spagna è diventato il primo Paese in Ue ad approvare una legge sul congedo mestruale.
La norma, contenuta all'interno di un più ampio disegno di legge sulla salute sessuale e riproduttiva, introduce la possibilità per chi soffre di mestruazioni invalidanti di avere tre giorni di assenze giustificate al mese, con possibilità di estensione a cinque nei casi più gravi, sempre però su prescrizione medica.
Nel resto del mondo il congedo mestruale è un miraggio per la maggior parte delle lavoratrici. Per contare i Paesi in cui questo è un diritto reale bastano le dita di una mano. Il primo a introdurlo è stato il Giappone, nell'ormai lontano 1947: qui una donna lavoratrice può chiedere ogni mese i giorni che le servono, senza un limite esplicito. Un anno dopo anche l'Indonesia ha voluto seguire l'esempio del Giappone: qui il congedo mestruale è stato introdotto nel 1948 e consiste nella possibilità di avere due giorni retribuiti di astensione dal lavoro.
Solo molti anni dopo anche la Corea del Sud ha introdotto per le lavoratrici un giorno di permesso al mese per forti dolori mestruali. Era il 2001. Nel 2013 è stata invece la volta di Taiwan, ma qui il congedo si limita a tre giorni giustificati all'anno.
C'è da dire che nonostante il congedo mestruale non sia riconosciuto per legge nella maggior parte dei Paesi, sono diverse le aziende che hanno deciso di accordarlo alle proprie dipendenti. Tra queste ci sono l'inglese Coexist, l'americana Nike e l'indiana Zomato.
Anche in Italia qualcosa si sta muovendo. A settembre 2022 il congedo mestruale è diventato realtà per le oltre 50 dipendenti di Ormesani, un'azienda veneta che ha riconosciuto alle proprie lavoratrici la possibilità di usufruire di un giorno di riposo al mese, retribuito e senza bisogno di certificato medico.
Fonti | Journal of Women's Health, Emedicine, Humanitas, Camera dei deputati