Il Coronavirus nell’aria e lo starnuto fino a 8 metri: che cosa dicono l’Iss e l’Oms?

Un recente studio del MIT sostiene che il virus può resistere negli aerosol i quali, grazie alla potenza dello starnuto, possono propagare le goccioline infette fino ad una distanza di 8 metri. Per questo gli autori suggeriscono una revisione delle mascherine, per adeguarle a questa scoperta. Per ora l’Oms non ha rilasciato dichiarazione e l’ultima posizione ufficiale ammette la possibilità di una trasmissione aereo solo in ambienti sanitari che favoriscono la formazione di aerosol. Sulla stessa linea l’Iss: “Fuori dagli ambiente chiusi è da escludere assolutamente”.
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Kevin Ben Alì Zinati 4 Aprile 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

Il Coronavirus ora resisterebbe nell’aria, con uno starnuto viaggerebbe anche per 7-8 metri e il distanziamento di un metro potrebbe quindi non bastare. È il nuovo capitolo che si è aggiunto all’emergenza Coronavirus e che nelle ultime ore sta allarmando un po’ tutti quanti. Ma è davvero così?

La notizia è arrivata dagli Stati Uniti, con una nuova ricerca prodotta dal MIT, il Massachusetts Institute of Technology e pubblicata su Jama. Secondo gli autori uno starnuto può raggiungere velocità comprese anche tra i 10 e i 30 metri al secondo creando così una nuvola di goccioline, un aerosol, capace di allontanarsi fino a 8 metri dalla persona.

Lo studio ipotizza quindi potenziali cambiamenti nelle politiche di distanziamento sociale e nell’uso delle mascherine, le cui caratteristiche "sarebbero da rivedere alla luce di questo studio" si legge nella ricerca. Sulla stessa linea sono state registrate anche le parole de dottor David Heymann, virologo e presidente di un gruppo consulenti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dichiarato alla BBC che “l’OMS sta riaprendo la discussione”. Dichiarazioni da parte dell’OMS ancora non ce ne sono state. Anzi, la posizione ufficiale dell'OMS indica l'opposto, in linea insomma con ciò che sappiamo finora, ovvero che “la trasmissione aerea non è stata segnalata”.

Come puoi immaginare, la questione è arrivata subito anche in Italia e il vertice dell’Istituto Superiore della Sanità, il presidente Silvio Brusaferro, in conferenza stampa ha ribadito quello che ho scritto qualche riga sopra. Ovvero che "per quello che oggi possiamo sapere, le goccioline e il contatto sono le vie principali per la trasmissione. E che finora è stato dimostrato che la potenziale trasmissione via aerosol era nota “solo in ambienti sanitari”.

Lo studio del MIT

Nello studio la dottoressa Lydia Bourouiba, del MIT, ha ricostruito la dicotomia tra le due modalità di trasmissione. Da un lato ci sono le droplets espulse con statuti o tosse. All’interno di queste goccioline, erano presenti agenti patogeni e la trasmissione per contatto con queste è stata per molto tempo considerata la via principale per la trasmissione respiratoria delle malattie infettive.

Studiando la tubercolosi, poi, negli anni ’30 si cominciò a distinguere tra goccioline grandi e piccole. Nel studio Bourouiba spiega che “grandi goccioline si depositano più velocemente di quanto evaporino, contaminando le immediate vicinanze dell'individuo infetto”. Al contrario, piccole goccioline, passando dalle condizioni calde e umide del sistema respiratorio all'ambiente esterno che è più freddo e secco, evaporerebbero invece più velocemente: in questo modo formano delle particelle residue “indicati come nuclei di goccioline o aerosol.

Goccioline e aerosol, dunque. Nonostante questa dicotomia, si legge nello studio, le strategie di controllo delle infezioni sei basavano sul fatto che una malattia infettiva respiratoria si trasmette principalmente attraverso le goccioline. Secondo la ricercatrice del MIT, recenti studi avrebbero dimostrato che le esalazioni, gli starnuti e la tosse non consistono solo in goccioline con “traiettorie semiballistiche a corto raggio” ma, sarebbero “principalmente costituite da una nuvola di gas turbolento che intrappola e trasporta le goccioline trasportandole nell’aria".

L’atmosfera umida e calda all'interno della nuvola di gas consentirebbe alle goccioline di resistere più a lungo a un’evaporazione. “In queste condizioni, la durata di una gocciolina potrebbe essere considerevolmente estesa di un fattore fino a 1000, da una frazione di secondo a minuti.

Grazie quindi alla forza impressa dallo starnuto, le goccioline portatrici di agenti patogeni potrebbero viaggiare fino a 30 metri al secondo e spingersi così molto più lontano rispetto al metro di cui siamo a conoscenza ora: “possono spostarsi tra 7 e 8 metri”, contaminando le superfici.

Le dinamiche turbolente delle nuvole di gas, spiega la ricerca, dovrebbero quindi influenzare il design e l'uso raccomandato di maschere chirurgiche.

Le posizioni ufficiali

Al momento non ci sono dichiarazione ufficiali da parte parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla possibilità che il Coronavirus possa resistere all’aria aperta e che possa viaggiare fino a 7-8 metri di distanza. Come ho accennato all’inizio, la BBC ha riportato le parole del virologo David Heymann, ex direttore generale dell’OMS e ora è a capo di un gruppo di consulenti:L’OMS sta riaprendo la discussione esaminando le nuove prove per vedere se ci dovrebbe essere un cambiamento nel modo in cui raccomandare l'uso delle mascherine”.

Da qui a prenderla come un cambio di marcia nell’utilizzo dei DPI, ne passa. Perché Heymann in questo momento non è la “voce” dell’Oms e perché ufficialmente l’Organizzazione ha condiviso una posizione diversa. Cioè che la trasmissione aerea, quindi attraverso gli aerosol, può essere possibile in circostanze e contesti specifici in cui vengono eseguite procedure o trattamenti di supporto” che appunto generano aerosol. Si tratta di intubazioni, broncoscopie o anche ventilazione manuale prima dell’intubazione. Situazioni dunque che si verificano solo in ambienti chiusi e ospedalieri.

È la stessa posizione che ha ribadito anche il presidente del’Iss Silvio Bruseaferro nella conferenza stampa trasmessa in streaming nella giornata di venerdì 3 aprile. Brusaferro ha spegnato come ad oggi le via principali per la trasmissione siano appunto le goccioline e il contatto con esse. La via aerea è ipotizzata solo in “contesti sanitari dove ci possono essere sintomi o attività che favoriscono la aerosilzzazione”. Seduto accanto a lui, il Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss Giannni Rezza ha anche aggiunto che “fuori dagli ambienti chiusi certamente possiamo escluderlo”.

Ti avevamo raccontato di uno studio che, analizzando la resistenza del virus sulle superfici, aveva notato una sua certa resistenza anche negli aerosol, fino ad un massimo di tre ore. Come specifica l’Oms nella nota ufficiale, si tratta di aerosol “prodotti in laboratorio con una macchina ad alta potenza che non riflette le normali condizioni di tosse umana”.

Finché non arriveranno risposte in merito allo studio del MIT e cambi di rotta nell’utilizzo delle macchine, la situazione non cambia e il distanziamento di un metro resta valido.

Fonti | Who; Iss; "Turbulent Gas Clouds and Respiratory Pathogen EmissionsPotential Implications for Reducing Transmission of COVID-19" pubblicato il 26 marzo 2020 su Jama

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