Il cuore di Eric Roldán: spinge la sedia a rotelle della mamma Silvia per tutta la maratona di Barcellona e batte il record del mondo

Eric Domingo Roldán è un runner amatoriale e per raccogliere fondi da destinare alla ricerca ha spinto sua mamma Silvia, da 17 anni affetta da sclerosi multipla, per tutti i 42195metri della maratona di Barcellona. Insieme hanno completato l’impresa in 2ore 53minuti e 28secondi, stabilendo così il nuovo record del mondo.
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Kevin Ben Alì Zinati 12 Novembre 2021
* ultima modifica il 05/04/2024

Quarantadue chilometri e centonovantacinque metri in due ore, cinquantatré minuti e ventotto secondi. Se decidi di cimentarti nella distanza tra Maratona e Atene che Filippide, come vuole la leggenda, corse con indosso l'armatura, questi sono numeri non da poco.

Perché concludere una maratona sotto le 3 ore significa percorrere un chilometro in 4 minuti e spicci. Costanti. Significa, in pratica, viaggiare a una velocità tra i 14 e i 15 chilometri all’ora. A piedi.

Se pensi che le nuove regole del codice della strada impongono ai monopattini elettrici di non superare i 20Km/h puoi facilmente intuire che si tratta di una velocità importante.

Ma arrivare a una prestazione simile comporta soprattutto un investimento massimo di tempo ed energie su un solo obiettivo. È come un all-in a poker: significa allenarsi almeno 3-4 volte alla settimana per diversi mesi e incastrare le uscite con tutta l’altra parte della vita. Soprattutto se non la corsa non è il tuo lavoro.

Ora che più o meno sai cosa vuol dire correre una maratona rileggi quei numeri e pensa che Eric Roldán Domingo li ha percorsi spingendo sua mamma Silvia su una sedia a rotelle dall’inizio alla fine della maratona di Barcellona.

Silvia da 17 anni soffre di sclerosi multipla, una patologia neurodegenerativa che attacca e colpisce il sistema nervoso centrale e che l’ha costretta a vivere su una carrozzina.

Eric è un grande appassionato di corsa, ogni anno gira la Spagna e il mondo per partecipare alle gare più belle e impegnative e qualche anno fa, un po’ per scherzo, si è messo in testa di correre spingendo sua mamma sulla sua sedia a rotelle.

Il “gioco” ha presto acceso una lampadina nella mente di un runner amatoriale e di un ragazzo solare, ambizioso e sensibile: spingere sua mamma Silvia lungo i famosi 42195 metri e provare a battere il record mondiale di “maratona più veloce spingendo una sedia a rotelle” di 2:58:40.

Quella di Eric non sarebbe stata solo un’impresa sportiva. Nel suo sogno c’era la volontà di raccogliere fondi per sostenere la ricerca sulla sclerosi multipla.

La sua corsa sarebbe diventata uno strumento per dare il proprio contributo alla scienza e il continuo alzare l’asticella – prima il gioco, poi le corse più brevi fino alla maratona e al Guinness World Record – sarebbe stato il suo megafono nel mondo.

Eric e Silvia ci avevano provato già nel 2019 e a Siviglia l’anno scorso ma il record restava sempre lì, a pochi secondi. Poi è arrivata la Maratón Zúrich de Barcelona 2021.

Per ogni runner, la maratona non inizia sulla start line. Inizia i mesi prima, durante gli allenamenti sotto ogni condizione atmosferica e le ore passate a immaginare il viaggio, i chilometri, la medaglia.

L’adrenalina si fa sentire forte e prepotente il giorno prima, quello del ritiro del pettorale, e la sera prima, quando l’aggancio del proprio numero sulla maglietta diventa un rito sacro e inviolabile.

Eric e Silvia sono dei maratoneti speciali e il loro "pre-gara" è stato un po' diversa. Lui a cercare di raccogliere sponsor e fondi, lei a combattere con la sua malattia e anche contro il Covid-19 che aveva aggravato le sue condizioni di salute in modo pericoloso e quasi fatale.

Ma nessuno dei due si è perso di spirito e domenica 7 novembre si sono presentati alla partenza della loro gara. Qui Eric ha raccontato che sua mamma Silvia, sulla sedia a rotelle, era nervosa come tutti gli altri corridori e che quando hanno iniziato a correre era la persona più felice del mondo “sorrideva e faceva il tifo”.

Forse hai sentito parlare di Eliud Kipchige. È il maratoneta keniano che nel 2019 in un test “scientifico” ha corso la distanza della maratona in un’ora e cinquantanove minuti e quaranta secondi abbattendo clamorosamente il muro delle 2 ore.

L’ho definito esperimento scientifico perché Kipchoge corse con delle scarpe prototipo e un percorso aggiustato ad hoc per dargli il massimo della velocità. Per di più ci furono una serie di atleti che, come dei pretoriani, si alternavano attorno a lui per supportarlo. In realtà, le “lepri” erano lì per tenergli il ritmo e frangergli l’aria.

Allo stesso modo, anche Eric e Silvia hanno corso con i loro pretoriani: atleti anzi no amici, tra cui anche gli italiani Eleonora Gardelli (campionessa di specialità nel 2018) e Marco Scanziani, che davano loro rifornimenti, acqua e sorrisi.

Sono partiti davanti a tutti, perfino di fronte agli atleti élite e hanno corso i primi 7-8 chilometri da soli, con la strada libera di fronte a sé. Quarantadue chilometri e centonovantacinque metri dopo Eric e Silvia ce l’hanno fatta. Hanno tagliato il traguardo più veloce di chiunque altro ci avesse mai provato prima: due ore, cinquantatré minuti e ventotto secondi.

L’hanno fatto prendendosi gli applausi di tutta Barcellona, accalcata sulle transenne per vedere loro due: il figlio che spinge la mamma sulla sedia a rotelle per combattere la sclerosi multipla.

"La cosa più bella di questa corsa è stato vedere Silvia sorridere per tutto il tempo. Ogni chilometro ci diceva di essere felice: ha una vita complicata e non le capita spesso di dirlo" ci ha raccontato Marco Scanziani, che raggiunto al telefono a qualche giorno di distanza dall'impresa fatica ancora a tenere a freno l'entusiasmo. "A parte l'impresa sportiva, perché spingere una sedia a rotelle per 42 chilometri senza mai staccare le mani non è da tutti, è stato incredibile e fortissimo. Correre per un obiettivo così importante ha tutto un altro sapore".   

Quando hanno superato il traguardo Eric ha abbracciato la mamma Silvia e le ha sussurrato una sola cosa: che ce l'avevano fatta, per lei e per la sclerosi multipla.

La maratona non è stata una scelta causale. È lo sport che più di altri incarna la vita: si fa fatica e ci si sacrifica per tanti chilometri ma mettendoci determinazione e sognando la si porta a casa. E, qualche volta, si compie anche la magia.

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