Il farmacista vaccinatore? Il presidente della Fofi Andrea Mandelli: “Noi siamo pronti, sarebbe un passo nel futuro”

La conferenza Stato regioni ha approvato oggi la famosa ridistribuzione nelle farmacie delle dosi di vaccino antinfluenzale per la popolazione attiva. Si lavora ancora sul ruolo dei farmacisti: per il presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani c’è la massima apertura verso ogni soluzione che possa ammodernare il nostro sistema sanitario andando incontro alle esigenze di tutti i cittadini.
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Kevin Ben Alì Zinati 14 Settembre 2020
* ultima modifica il 23/09/2020
Intervista al Dott. Andrea Mandelli Presidente Federazione Ordini Farmacisti Italiani

La possibilità di vedere un farmacista vaccinatore nella campagna antinfluenzale che prenderà avvio ad inizio ottobre potrebbe essere un passo nel futuro, per il nostro sistema sanitario e quindi per l’intero Paese. È il punto cardine attorno cui gira la questione che la Federazione Ordini Farmacisti Italiani ha portato sul Ministro della Salute insieme alle altre rappresentanze di categoria quando il rischio di lasciare migliaia di persone senza vaccino era passato da potenziale a reale. Ce l’ha spiegato il dottor Andrea Mandelli, presidente di Fofi, poche ore dopo la conclusione della conferenza Stato Regioni proprio sul tema.

Dottor Mandelli, com’è andata con il Ministero della Salute? 

Il Ministero della Salute ha condiviso la nostra preoccupazione e ha deciso di sottoporre alle Conferenza stato Regioni la necessità di provvedere a una redistribuzione ed è di qualche ora fa la decisione che si provvederà a indirizzare sulle farmacie una parte degli approvvigionamenti regionali, anche se andrà approfondita a breve la determinazione di quante dosi saranno a disposizione della popolazione attiva attraverso le farmacie di comunità.

Di che numeri si parla?

Di fronte a una campagna di sensibilizzazione così importante e diffusa, le Regioni, hanno correttamente ipotizzato un aumento dell’adesione alla vaccinazione da parte dei cittadini, anche in virtù anche dell’ampliamento delle categorie considerate a rischio deciso dal Ministero della Salute. Così le amministrazioni hanno dovuto adeguarsi aumentando di riflesso le richieste di vaccini. Da 12 milioni siamo passati a 18 milioni di dosi in Italia,  e a livello globale la richiesta è aumentata del 40-50% rispetto all’anno scorso. In più nel 2019 circa un milione di persone “attive” si sono vaccinate liberamente, quindi lo stesso numero di individui, se non maggiore, quest’anno rischiava di rimanere senza.

Il dottor Andrea Mandelli, presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani

Ora c’è da risolvere la questione del farmacista vaccinatore. 

La vaccinazione eseguita da un soggetto sanitario diverso dal medico è una battaglia culturale. Non è una polemica né tantomeno una sorta di rivendicazione perentoria. Ma dobbiamo riflettere sul fatto che in Europa e nel mondo la possibilità che anche un operatore sanitario diverso dal medico possa inoculare il vaccino è già realtà: pensiamo al Portogallo, alla Francia, alla Germania, al Regno Unito, alla Svizzera o all’accordo quadro che è stato fatto in Austria per autorizzare anche i farmacisti a questa prestazione sanitaria. Se l’Europa procede su questa strada, ottenendo l’aumento della copertura della popolazione, perché noi non dovremmo seguirla? Il farmacista italiano, adeguatamente formato e abilitato, può essere in grado di somministrare il vaccino come i suoi colleghi svizzeri o inglesi.

Secondo lei i farmacisti italiani sono pronti al cambiamento? 

Siamo sempre stati a disposizione del Ministero e pronti mettere in atto tutto ciò che potrebbe servire per rispondere ai bisogni del paese. Durante la pandemia, per esempio, abbiamo stampato milioni di ricette con solo l’NRE, il codice che il medico poteva comunicare anche via mai o telefonicamente ai pazienti anziché consegnargli di persona la prescrizione cartacea: una procedura non certo semplice che soltanto un anno fa non era nemmeno pensabile, che però ha consentito di ovviare alle difficolta di accesso durante il lockdown. Abbiamo dato immediatamente la  nostra disponibilità e la nostra è stata una risposta concreta ed efficace. Arrivare, invece, alla figura del farmacista vaccinatore sarebbe un vero passo nel futuro. Servirebbe a snellire e alleggerire il lavoro dei medici, facilitare lo svolgimento della campagna vaccinale. In Italia i medici di famiglia sono circa 40mila e mi sembra arduo pensare che possano vaccinare 18 milioni di persone nei propri ambulatori, senza contare la  le reticenze di molti cittadini a recarsi nell’ambulatorio del proprio medico o in ospedale per paura degli assembramenti e del poco distanziamento. A questo proposito vorrei mettere subito in chiaro una cosa.

Prego.

Siamo pronti ad abbracciare il cambiamento se ci dovesse essere. Ma attenzione: non vogliamo assolutamente ritagliarci un ruolo da “medici bonsai” appropriandoci di prerogative di altre professioni. I farmacisti non fanno anamnesi, non pongono diagnosi, né fanno prescrizioni, tutti atti professionali che spettano esclusivamente al medico. Una volta che il paziente avrà ricevuto da lui la prescrizione e tutte le informazioni, noi potremo essere a disposizione, come già succede in altre realtà europee, per inoculare il vaccino.

In questo contesto, una prima soluzione potrebbe essere l’arrivo dei medici nelle farmacie per inoculare il vaccino? 

Durante la pandemia le farmacie sono state il presidio più accessibile sul territorio, ci sono sempre state per il cittadino. Autorizzare il medico a svolgere questa prestazione nelle farmacie potrebbe già essere una soluzione che, a oggi, non è possibile perché è ancora in vigore una legge, anzi un Regio Decreto, del 1934 che appunto vieta la presenza del medico in farmacia. Non credo però che una legge del 1934 sia una guida adeguata per pensare al futuro del Paese.

Secondo lei, Dottor Mandelli, il cambiamento arriverà e la figura del farmacista vaccinatole diventerà realtà? 

L’Europa ci chiede di cambiare e di ammodernare anche l’assistenza sanitaria: rifarsi a un Regio decreto del 1934 può essere una risposta adeguata a chi ci chiede di entrare nel futuro?

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