II gruppo sanguigno di tipo 0 corre meno il rischio di ammalarsi di Covid-19. Lo ha dimostrato uno studio nato dalla collaborazione tra le equipe degli Ospedali di Mantova e di Pavia, inaugurata con l'avvio della sperimentazione sul plasma iperimmune e pubblicato sulla rivista Vox Sangunis. Attenzione, non significa che se appartieni a quella categoria di persone puoi smettere di indossare la mascherina e di rispettare le misure di sicurezza. Le implicazioni di questa ricerca sono importanti soprattutto per quanto riguarda l'aspetto terapeutico e l'utilizzo proprio del plasma dei pazienti guariti. Ne abbiamo parlato con il dottor Massimo Franchini, direttore di Immunologia e Medicina Trasfusionale all'ospedale Carlo Poma di Mantova e primo autore dello studio.
Dottor Franchini, sono usciti anche altri studi che indagavano il rapporto tra Covid-19 e gruppo sanguigno. Come mai ci si concentra su questo aspetto?
In quest'ambito la letteratura non è conclusiva. Alcuni studi ad esempio hanno dimostrato che esiste un rapporto tra il gruppo sanguigno e la gravità con la quale può svilupparsi la malattia. Nello specifico, il gruppo 0 sarebbe legato a una gravità inferiore rispetto agli altri. Non tutte le ricerche però sono concordi. La maggior parte delle pubblicazioni ha invece confermato una sorta di ruolo protettivo di questo gruppo sanguigno.
Nel vostro studio cosa viene dimostrato?
Per il nostro studio siamo partiti dal sangue dei donatori di plasma convalescente e lo abbiamo confrontato con quello dei donatori Avis che non si erano ammalati di Covid-19 e che corrispondevano per età e per sesso. Abbiamo così notato che il gruppo zero era meno rappresentato rispetto a quanto accadeva nel gruppo di controllo. Chi aveva contratto il virus apparteneva cioè più facilmente ai gruppi A,B o AB. Da questa analisi statistica è emerso l'effetto protettivo del gruppo zero nei confronti del SARS-Cov-2.
Se una persona con il gruppo 0 si ammala, corre anche meno il rischio di sviluppare un'infezione grave?
In realtà non abbiamo notato alcuna correlazione tra il gruppo sanguigno e la gravità della malattia. Si può concludere che chi ha il gruppo 0 zero si ammala un po' meno facilmente, ma quando accade corre gli stessi rischi degli altri pazienti.
Come mai il gruppo 0 ha questo vantaggio?
Il meccanismo che si innesca è lo stesso che era già stato dimostrato per il SARS-Cov-1, cioè il virus che provocava la SARS. Sembra infatti che il virus per mimetizzarsi si rivesta di proteine molto diffuse all'interno dell'organismo che lo sta ospitando, in modo da non essere individuato dal sistema immunitario. In particolare, questa famiglia di virus tende a ricoprirsi con l'antigene A, ovvero lo stesso del gruppo ematico A. Ma le persone che appartengono al gruppo 0 presentano già anticorpi anti-A, anche se non hanno mai contratto l'infezione. Questi si legano all'antigene del virus, neutralizzandolo.
Immagino che questa scoperta sia importante soprattutto per la terapia al plasma…
Esatto. Non abbiamo ancora studi che lo dimostrino, ma è logico pensare che un plasma convalescente donato da un paziente con il gruppo 0 sia più efficace rispetto a quello di altri donatori. Assieme agli anticorpi bloccanti presenterebbe anche già quelli neutralizzanti, che impediscono al virus di legarsi ai recettori delle cellule dell'uomo e dare origine alla malattia.
E per quanto riguarda un eventuale vaccino?
Quando arriverà il vaccino, ci saranno 60 milioni di persone solo in Italia alle quali andrà somministrato. Le dosi però non arriveranno tutte assieme e bisognerà quindi elaborare una strategia vaccinale. Dovremo quindi individuare delle categorie a rischio, come gli anziani, alle quali somministrarlo per prime. Ma forse anche il gruppo sanguigno potrebbe diventare un parametro di scelta: chi ha il gruppo 0 potrebbe cedere il passo a chi appartiene agli altri tre gruppi. Il nostro studio è dunque importante perché aggiunge un ulteriore tassello a quelli già pubblicati.
Veniamo ora alla domanda che chi ha il gruppo 0 si starà ponendo dall'inizio dell'intervista: può ritenersi più protetto rispetto alle altre persone e dunque preoccuparsi meno della prevenzione?
Assolutamente no. Il nostro studio dimostra che ha qualche rischio in meno di ammalarsi, ma quando accade, la malattia può anche rivelarsi grave. È quindi importante ricordare che bisogna continuare a rispettare tutte le norme di sicurezza, indossare la mascherina e lavarsi spesso le mani.
Fonte| "The protective effect of O blood type against SARS‐CoV‐2 infection" pubblicato su Vox Sanguinis il 19 settembre 2020