Il Long Covid nei bambini: quanto è frequente e da quali sintomi si riconosce

Il Long Covid è una sindrome che può comparire più o meno due mesi dopo l’infezione vera e propria, anche nelle persone che hanno riportato sintomi lievi. Le manifestazioni più comuni sono l’astenia, la difficoltà di concentrazione e la dispnea. Oggi sappiamo che questa condizione può emergere anche nei bambini, nonostante siano di norma meno esposti ai rischi del Covid. Proviamo allora a capire meglio come si manifesta.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Giulia Dallagiovanna 11 Agosto 2021
* ultima modifica il 11/08/2021

Il long covid è una sindrome che può colpire chiunque abbia avuto il Covid, anche in forma lieve. Se è accaduto anche a te, saprai bene di cosa stiamo parlando. Dopo un paio di mesi da quando avevi ricevuto il tampone negativo, hai ricominciato ad avvertire degli strani sintomi come una stanchezza profonda, qualche difficoltà nella respirazione, dolore a muscoli e alle articolazioni, cefalea e così via. Potrebbero anche non sembrarti manifestazioni così gravi, eppure possono diventare debilitanti, al punto da fare fatica a svolgere le normali attività quotidiane. Fino a questo momento era stato rintracciato solo nei pazienti adulti, con percentuali che variavano tra il 10 e il 30% di quelli che erano risultati positivi a loro tempo. Ora, però, è sempre più chiaro che questa sindrome possa colpire anche i bambini. Vediamo meglio come.

Quanti bambini contraggono il Covid

Prima di tutto sappiamo che, nella maggior parte dei casi, il Covid tende a risolversi più facilmente nei bambini. Di solito non manifestano sintomi eccessivamente gravi e spesso lo contraggono in forma asintomatica. È probabilmente per questa ragione che inizialmente non ci siamo preoccupati troppo dei possibili danni che questa malattia poteva riscuotere sui più piccoli.

Oggi, però, l'età media dei contagiati si sta abbassando, complici forse le nuove varianti, andando a colpire soprattutto quella parte di popolazione under12 che per il momento è esclusa dalla campagna vaccinale. "Sono 24 i decessi da Covid in età pediatrica registrati in Italia e sarebbero stati zero con i vaccini" ha dichiarato Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell'Agenzia europea del farmaco Ema e consulente del commissario straordinario all'emergenza coronavirus.

Negli Stati Uniti, nella settimana tra il 22 e il 29 luglio, i contagi tra i bambini sono aumentati dell'85% rispetto ai sette giorni precedenti. E proprio nel Paese americano è stato calcolato che il 30% dei nuovi casi sia legato a ragazzi di età compresa tra i 12 e i 29 anni, dove la copertura vaccinale ancora non ha raggiunto una percentuale elevata. Non solo, ma sono in crescita i ricoveri in ospedale e sono già 340 i decessi registrati tra i più piccoli dall'inizio della pandemia.

I dati quindi ci dicono che anche i più giovani possono contrarre il Covid e che anche loro possono rischiare di sviluppare una malattia grave, anche se con meno probabilità rispetto agli adulti.

L'incidenza del Long Covid

L'incidenza del Long Covid nei bambini è inferiore rispetto a quella registrata negli adulti. Numeri precisi ancora non li abbiamo, ma ci sono diverse stime da parte di esperti e istituti di analisi. La prima è del Mit (Massachusetts Institute of Technology) e suggerisce come circa il 7 o l'8% dei pazienti pediatrici accusi sintomi successivi alla malattia più o meno per tre mesi.

Più elevate le stime dell'Office of National Statistics del Regno Unito, aggiornate al 1 aprile 2021: il 9,8% dei bambini con un'età compresa tra i 2 e gli 11 anni riportava almeno un sintomo riferibile alla sindrome da Long Covid più o meno cinque settimane dopo l'infezione vera e propria. Nella fascia tra i 12 e i 16 anni, la percentuale saliva al 13%. Dopo 12 settimane dal tampone positivo, rimaneva un 7,4% under11 e un 8,2% tra gli under16 con sintomi.

Sono tra il 4% e l'8% i bambini che, in seguito all'infezione da SARS-Cov-2, sviluppano la sindrome da Long Covid

L'ultimo calcolo è stato fatto da un gruppo di ricercatori del King's College di Londra e pubblicato sulla rivista The Lancet Child and Adolescent Health. Sono stati presi in considerazione 1.734 bambini, tra i 5 e i 17 anni, risultati positivi al Covid e con i sintomi della malattia tra settembre 2020 e febbraio 2021. Sono stati seguiti fino alla completa guarigione, ovvero alla totale scomparsa di ogni manifestazione. Il Long Covid è stato registrato nel 4,4% di loro, anche se la percentuale tendeva a essere superiore a mano a mano che si saliva di età. I sintomi principali sono stati la stanchezza, ma anche la mancanza di gusto e olfatto.

I sintomi

Fino ad oggi sono stati descritti ben 200 sintomi che possono essere collegati al Long Covid. In tutto, coinvolgono fino a 10 organi. Nei bambini, però, i più frequenti sembrano essere quelli di tipo neurologico. Più nello specifico, si parla di un'astenia molto intensa e mai avvertita prima del famoso tampone positivo. Altre manifestazioni riguardano un aumento nella difficoltà di memoria e di concentrazione, mal di testa, nebbia cognitiva, disturbi del sonno e cambiamenti nella percezione del gusto e dell'olfatto. E ancora, nausea e inappetenza, oltre a problemi psicologici come ansia, abbassamento del tono dell'umore e sintomi depressivi.

Secondo il professor Michele Miraglia del Giudice, docente di Pediatria e responsabile dell’ambulatorio di malattie respiratorie infantili dell’azienda ospedaliero-universitaria Luigi Vanvitelli di Napoli, oltre a questi sintomi si riscontrano spesso anche tosse e dispnea, ovvero "fame d'aria".

La Società di Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI) sta portando avanti un progetto per mappare tutti i casi di Long Covid tra i bambini sul territorio nazionale. Lo scopo è anche quello di capire se possano esserci differenze tra le regioni dove si sono registrati più contagi e quelle che sono state invece più risparmiate. Ma la domanda più importante che gli esperti si stanno ponendo riguarda i polmoni: il Covid o la sindrome successiva possono provocare danni permanenti all'apparato respiratorio? Il professor Miraglia visita periodicamente i sui pazienti anche per valutare questa possibilità: "Ci sono stati casi di iper-reattività bronchiale, alterazioni ecografiche in cui sono emerse linee focali tipiche del SARS-CoV-2, la presenza di una linea pleurica irregolare. Segnali che l’infezione ha lasciato delle tracce anche pesanti pur non avendo dato manifestazioni acute di sé. L’importante su questi bambini è eseguire il monitoraggio, verificando se tali alterazioni si risolvono o invece durano nel tempo. Il bambino, in seguito al monitoraggio, tornerà in ambulatorio dopo sei mesi per capire se queste alterazioni o sintomi sono rimasti. Noi ci auguriamo di non trovare nulla, tuttavia ci sono sintomi comparsi dopo l’infezione ed è importante monitorarli per evitare che possano dare adito a cronicità".

Dunque, non serve andare in panico. Al momento sembra che i sintomi del Long Covid si risolvano nei bambini più rapidamente di quanto non accada negli adulti. In ogni caso, è evidente come non conosciamo ancora tutto di questo virus e come sia importante privilegiare la prevenzione. Oggi si possono vaccinare gli adolescenti fino ai 12 anni di età, ma sono già in corso le sperimentazione per la somministrazione del vaccino anche ai più piccoli. Sarà importante far avere questa possibilità anche a tuo figlio, quando arriverà il suo momento. E per qualsiasi dubbio, chiedi al vostro pediatra, non ai social network o a strani blog sparsi per internet.

Fonti| "Illness duration and symptom profile in symptomatic UK school-aged children tested for SARS-CoV-2" pubblicato su The Lancet Child and Adolescent Health il 3 agosto 2021; Brain Research Fondazione onlus; Società italiana di pediatria; CDC

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.