Il paziente di Dusseldorf e la «guarigione» dall’HIV, il dott. Gianotti: “Non abbiamo ancora una cura, ma potremmo essere sulla strada giusta”

Il trapianto di cellule staminali con la mutazione genetica CCR5-Δ32 sembra aver funzionato su un altro paziente ma è comunque una procedura troppa rischiosa che non può ancora essere aperto a tutte le persone con HIV. Questo quinto – o terzo – caso di guarigione potrebbe però teoricamente aprire la strada verso una potenziale cura.
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Kevin Ben Alì Zinati 27 Febbraio 2023
* ultima modifica il 27/02/2023
In collaborazione con il Dott. Nicola Gianotti Infettivologo presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Un’altra persona è «guarita» dall’HIV. L’Università di Dusseldorf ne ha dato notizia pochi giorni fa, raccontando sulle pagine di Nature Medicine la storia di un uomo di 53 anni che a 10 anni da un trapianto di cellule staminali con la mutazione genetica CCR5-Δ32 e a 4 anni dalla sospensione delle terapie antiretrovirali non ha più traccia del virus.

Scorrendo tra i vari titoli di giornale e quelli letti sulle riviste di settore avrai notato anche tu la stessa cosa che abbiamo notato noi. E cioè che qualcuno ha parlato del “quinto” caso di «guarigione» mentre altri citavano “il paziente di Dusseldorf” come la “terza” persona ad aver sconfitto il virus dell’immunodeficienza umana.

Il dubbio è lecito e i numeri in questo caso non sono fini a se stessi. Sapere se si tratta del «terzo» o del «quinto» paziente vincitore sull’HIV è necessario prima di tutto per fare un po’ più di chiarezza sul concetto di «guarigione da HIV», sebbene una definizione definitiva sia ancora lontana.

Secondo il dottor Nicola Gianotti, infettivologo presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, gli autori dell’articolo tedesco, infatti, farebbero bene a parlare prudenzialmente del paziente di Dusseldorf come la terza persona guarita dall’HIV al mondo perché “oggi non abbiamo ancora un criterio oggettivo per affermare con assoluta certezza dopo quanto tempo un paziente è guarito dall’HIV”. Per questo, insomma, hanno ritenuto che i casi certi finora descritti siano tre, di cui uno il loro.

“Il paziente di Berlino, quello di Londra e quest’ultimo – ha aggiunto – hanno avuto una remissione completa di anni successiva alla sospensione delle terapie antiretrovirali, per gli altri casi (la donna di New York e un uomo in California, ndr) invece è forse più prudente aspettare ancora un po’ di tempo prima di dichiararli effettivamente guariti”.

I tre casi di Berlino, Londra e Dusseldorf possono essere considerati guariti con un certo grado di sicurezza perché la loro remissione completa è stata decisamente più lunga. Non bastano insomma una manciata – seppur consistente – di mesi per dichiarare vittoria. Servono anni. Quattro per il paziente di Dusseldorf, quasi tre per quello inglese e addirittura 12 anni per Timothy Ray Brown, il paziente berlinese.

Fare chiarezza suoi numeri del paziente di Dusseldorf ci aiuta poi a ribadire un un principio imprescindibile nella scienza, nella medicina e nel racconto dell’HIV, dove il sensazionalismo rischia spesso di creare troppe illusioni e di fare quindi troppo male. Sto parlando del principio di prudenza.

In tutti questi cinque casi di «guarigione» descritti, le circostanze sono sempre le stesse: l’infezione da HIV unita a una leucemia (tranne nel caso del paziente di Londra che fu colpito da un linfoma) e il trapianto di staminali con la mutazione CCR5-Δ32, che è la base di tutto. “Da anni ormai sappiamo che le persone con questo difetto genetico sono immuni all’HIV, non si possono infettare”. 

Per i pazienti americani forse è più prudente aspettare ancora un po’ di tempo prima di dichiararli guariti

Dott. Nicola Gianotti, infettivologo San Raffaele Milano

Proprio in virtù di queste contingenze ricorrenti, però, non possiamo parlare di una strada accessibile a tutti, non è percorribile su larga scala. Oggi, insomma, non possiamo ancora parlare di cura. “Il trapianto di midollo è del tutto improponibile in altri quadri clinici – ha spiegato l’infettivologo -. Se una persona ha la sfortuna di aver contratto l’HIV e di aver sviluppato anche una forma di leucemia, può vedere il trapianto come una potenziale strada terapeutica, altrimenti non è percorribile”. 

Si tratta di una procedura troppa rischiosa, un trattamento con un’elevata mortalità anche negli anni successivi e comporta terapie immunosoppressive che, se confrontate con quelle a disposizione per tenere a bada l’HIV, sono decisamente più pesanti.

“Come sottolineato da molti, questi casi di guarigione semmai confermano che c’è una possibilità teorica di una cura per l’HIV” ha aggiunto il dottor Gianotti. Secondo l’infettivologo, questo trattamento con trapianto dei staminali per curare la leucemia – parzialmente o totalmente efficace anche contro l’HIV – è un modo per provare a sbirciare un pochino nel futuro.

Il trapianto di midollo è del tutto improponibile in quadri clinici diversi da quelli dei cinque pazienti trattati finora

Dott. Nicola Gianotti, infettivologo San Raffaele Milano

“Dal punto di vista concettuale questi dati sono importanti. Da anni la ricerca sta cercando di capire se sia possibile riprodurre questo difetto genetico senza dover ricorrere al trapianto di midollo e questi casi aprono alla possibilità teorica di farlo senza ricorrere al trapianto di midollo ha concluso il dottor Gianotti.

In un futuro, quindi, una strategia che modifica la genetica di una persona potrebbe, forse, diventare una strada verso una potenziale cura all’infezione da HIV.

Oggi però resta ancora tantissimo da fare, e da capire. Oggi ancora serve prudenza.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.