Quando si deve effettuare il raschiamento e cosa fare dopo

Spesso si associa il termine “raschiamento” all’interruzione di una gravidanza, ma devi sapere che è una procedura usata anche in altre situazioni.
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Maria Teresa Gasbarrone 9 Agosto 2023
* ultima modifica il 10/10/2023

Il raschiamento è una procedura chirurgica utilizzata per lo più per finalità diagnostiche e terapeutica. Questa operazione è per lo più utilizzata per rimuovere una porzione di endometrio o una massa anomala contenuta nell'utero.

Si tratta di una procedura invasiva e dolorosa, che viene sempre eseguita in anestesia generale. Inoltre, non bisogna trascurare l'aspetto psicologico di questo intervento. Difatti il suo uso a scopo diagnostico oggi è divenuto ormai sempre meno frequente, sostituito invece dall'ecografia transvaginale.

Nonostante ciò, il raschiamento resta una procedura abbastanza comune che, a differenza di quanto si ritenga a livello generale, non viene realizzata esclusivamente nelle ipotesi di aborto spontaneo, ma è molto diffusa anche in altre condizioni ed in particolare per rimuovere polipi uterini, fibromi o una quantità di endometrio in eccesso nelle ipotesi di sindrome dell’ovaio policistico.

Proviamo a capire meglio di cosa si tratti e vediamo insieme qualche piccolo consiglio per affrontarlo.

Cos’è il raschiamento

Oltre agli scopi diagnostici, il raschiamento è utilizzato anche in caso si aborto dell'embrione o del feto nelle prime settimane di gravidanza. Per eseguirla si utilizza una specie di cucchiaio dotato di una porzione tagliente il cui scopo è proprio quello di "grattare" il tessuto da asportare.

Si tratta di un intervento che può essere realizzato in anestesia locale o generale da un ginecologo in day hospital, con una durata media di 30 minuti e che generalmente comporta un tempo di ripresa molto breve e ridotte manifestazioni dolorose successive durante la fase di ripresa post operatoria.

Come ti abbiamo appena detto, il raschiamento non viene utilizzato solo in seguito a un aborto spontaneo. Può, ad esempio, rendersi necessario in caso di interruzione volontaria di gravidanza, oppure di diagnosi di tumore. Vediamo allora di capire esattamente in quali situazioni potrebbe esserti consigliato:

  • Raschiamento diagnostico: questa procedura si utilizza quando è necessario prelevare un piccola porzione di tessuto che dovrà poi essere analizzata in laboratorio. Potrebbe quindi essere richiesto nel momento in cui noti perdite anomale di sangue, un'emorragia particolarmente intensa in seguito a un parto naturale, o quando c'è il sospetto di un tumore all'utero o alla cervice dell'utero, ad esempio dopo esserti sottoposta a un Pap test.
  • Raschiamento operativo: questa operazione ha il fine di rimuovere una massa anomala. Può trattarsi di un tumore, di un embrione, ma anche di un residuo di placenta dopo il parto oppure di un polipo. Tieni presente che, quando viene eseguito in occasione dell'interruzione di gravidanza, sia questa spontanea o volontaria, può essere scelto solo entro (e non oltre) la 13esima settimana di gestazione.

Procedura di raschiamento

Prima del raschiamento

Prima di procedere con il raschiamento, la donna viene sottoposta a una visita ginecologica, spesso associata a tampone cervico-vaginale ed ecografia dell'utero. Normalmente, sono anche richieste le analisi del sangue per esaminare eventuali, possibili, disturbi della circolazione.

Come accade per un qualsiasi altro intervento, prima del raschiamento è necessario informare il medico se si stanno assumendo farmaci e si ha qualche allergia. La paziente dovrà anche firmare un modulo in cui dichiara di essere stata informata su finalità, modalità e possibili rischi dell'intervento, prestando il proprio consenso all'esecuzione del raschiamento.

Durante l'intervento

Dal punto di vista tecnico il raschiamento viene realizzato in due distinte fasi: la prima consiste nella dilatazione della cervice uterina tramite un apposito dilatatore, mentre la seconda – il raschiamento vero e proprio – riguarda la rimozione dell'endometrio o della massa presente attraverso l'apposito cucchiaio chirurgico.

Dopo il raschiamento

Essendo un intervento chirurgico, il raschiamento implica alcuni tempi di recupero e alcune norme comportamentali da rispettare subito dopo l'intervento.

In alcuni casi si può tornare a casa il giorno stesso dell'intervento, mentre in altre circostanze si procede con il ricovero finché la paziente non si è ripresa del tutto.

Dopo l’intervento si può fare la doccia, ma è sconsigliabile fare il bagno, andare a nuotare o avere rapporti sessuali prima della fine delle possibili emorragie successive all'intervento. In alcuni casi, il medico può sconsigliare temporaneamente l'uso di assorbenti interni e raccomandare l'astensione dai rapporti sessuali per circa due settimane.

Rischi e complicazioni

Le complicazioni post raschiamento uterino possono verificarsi durante l’intervento o insorgere dopo qualche giorno o essere rilevate a distanza di tempo. Possono essere così riassunte:

  • Rischio di infezione post-operatoria;
  • Eventi rari dovuti a errori durante l'intervento, come la perforazione dell'utero, ovvero la complicanza più pericolosa del raschiamento. Ma attenzione a fare allarmismo: dalle statistiche mediche si osserva che solo l'1% delle donne va incontro ad una perforazione dell'utero dopo il raschiamento;
  • Danni a carico della cervice;
  • Possibili reazioni allergiche;
  • Possibile insorgenza della sindrome di Asherman, che consiste nella formazione di tessuto cicatriziale sulla parete uterina.

Per quanto riguarda invece la possibilità di rimanere incinta dopo un raschiamento, questo intervento non compromette la fertilità della donna, che può quindi avere una gravidanza dopo l'operazione.

Recupero e follow-up dopo un raschiamento

Tuttavia, subito dopo l'intervento è importante osservare che non si verifichino complicazioni. Per questo motivo è necessario contattare il medico, non appena si verificano:

  • Febbre alta;
  • Sanguinamento uterino anomalo;
  • Difficoltà ad urinare;
  • Debolezza estrema;
  • Crampi lancinanti allo stomaco;
  • Dolore addominale che peggiora progressivamente anziché migliorare;
  • Perdite vaginali maleodoranti.

Se non si verificano eventi simili, è importante attenersi alle indicazioni del proprio medico e rispettare gli eventuali appuntamenti per controlli successivi all'intervento.

Fonte| MSD Manuals; Société Suisse de Gynécologie et d'Obstrétrique; Ivi

(Scritto da Valentina Danesi il 30 novembre 2020;
Modificato da Maria Teresa Gasbarrone il 9 agosto 2023)

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