Il rientro a scuola con la ventilazione “naturale”? Miani (Sima): “Le finestre aperte non bastano per abbattere il rischio contagio”

Le nuove linee guida del Ministero puntano sul ricambio di aria nelle aule attraverso le finestre aperte, prevedendo l’utilizzo di strumenti come la ventilazione meccanica solo in caso di criticità. Per la Società Italiana di Medicina Ambientale, tuttavia, si tratta di un approccio troppo superficiale e insufficiente per ridurre il rischio contagio. Preoccupazione condivisa dalla dottoressa Costarelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio che dice: “Servono fondi per migliorare le strutture”.
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Kevin Ben Alì Zinati 12 Agosto 2022
* ultima modifica il 17/12/2022
In collaborazione con il Dott. Alessandro Miani Presidente Società Italiana di Medicina Ambientale

Un’aula, quasi 30 ragazzi seduti ai loro banchi, senza mascherina e la voglia prepotente di passarci gran parte del proprio anno scolastico, dentro quelle mura.

Uno scenario a cui va aggiunto un dettaglio: le finestre praticamente sempre aperte. Sia che fuori ci sia il sole, come probabilmente succederà nelle prime settimane di rientro, sia che comincino a cadere le foglie, a ingrigirsi i cieli e forse – si spera – a piovere a dirotto come ogni autunno-inverno vorrebbe.

La ripresa funzionerà così per quell’aula come per tutto il mondo scuola italiano del primo e del secondo ciclo di istruzione. L’ha stabilito il Ministero della Salute, che in accordo con l’Istituto Superiore di Sanità ha appena emanato le indicazioni per guidare l’imminente rientro in classe.

Con le nuove misure, la scuola vuole barcamenarsi in un contesto epidemiologico che oggi racconta di una pandemia sotto controllo ma potenzialmente pronta a riesplodere con l’avanzare delle temperature fredde e il diffondersi di nuove e sconosciute varianti.

L’obiettivo è ripartire all’insegna della didattica in presenza e, ovviamente, garantire la massima sicurezza di studenti e insegnati, avviando anche a scuola una vera fase di convivenza con il virus.

Eppure oggi il rischio di contagio con Sars-CoV-2 non sembra azzerato e il ritorno a scuola non appare affatto sicuro. Colpa, secondo la Società Italiana di Medicina Ambientale, proprio dei capisaldi di questo rientro a scuola.

Lo stop alle mascherine sui banchi e l’impiego delle finestre aperte per il ricambio d’aria al posto degli impianti ventilazione meccanica rischierebbero insomma di provocare l’effetto opposto.

L’aria indoor

Sostituire costantemente l’aria interna “sporca” con quella “pulita” prelevata da fuori negli ambienti chiusi è un’urgenza imprescindibile fin da prima dell’esplosione della pandemia.

Nell’aria che respiri, infatti, possono sopravvivere diversi tipi di inquinanti nocivi alla tua salute. Ci sono quelli di origine biologica, come Sars-CoV-2 o virus più “vecchi” come quello dell’influenza o il virus sinciziale umano, tutti responsabili di patologie gravi e anche mortali.

Accanto a questi, ci sono poi gli inquinanti chimico-fisici, molti dei quali sono addirittura cancerogeni riconosciuti dalla autorità sanitarie: dal particolato atmosferico al biossido di azoto e di zolfo fino al monossido di carbonio.

Senza dimenticarci di tutto il resto, oggi l’attenzione è maggiormente puntata sul Coronavirus. È inevitabile. “I virus airborne, come quello responsabile del Covid-19, sono liberati nell’aria da soggetti infetti, ancorchè asintomatici, attraverso l’areosol fisiologico di droplet che espiriamo con il respiro. Essi restano poi vitali e in sospensione nell’aria indoor per un certo periodo di tempo che dipende dal tasso di umidità relativa e dalla ventilazione ha spiegato il dottor Alessandro Miani, presidente della Sima.

Rischi che diventano ancora più reali negli ambienti confinati: scuole ma anche cinema, teatri, ristoranti e tutti quegli ambienti indoor aperti al pubblico dove è presente un certo numero di persone in contemporanea per un certo periodo di tempo.

“Quando respiriamo, liberiamo un aerosol di goccioline fisiologiche, quelle che vediamo quando alitiamo su un vetro: se siamo infetti, queste contengono un virus o altri patogeni e con l’espirato si diffondono nell’aria arrivando anche molto più lontano (8-12 metri) rispetto alle persone che ci stanno accanto”. Garantire una buona qualità dell’aria negli spazi confinati, dunque, è fondamentale.

Anche perché, come puoi facilmente intuire, mediamente passiamo in questi luoghi il 90% della nostra vita, dalle case agli uffici, dai ristoranti alle palestre. E guardando da qui ai prossimi decenni questa percentuale andrà solo aumentando.

“In più – ha aggiunto il dottor Miani – l’inquinamento atmosferico complessivo negli ambienti chiusi è 5 volte superiore a quello esterno, soprattutto perché si accumulano gli inquinanti esterni e altri sono prodotti proprio dalle attività umane indoor, a partire dalla CO2 che fa parte del nostro espirato”. 

Se consideri poi che l’Italia è il primo paese in Europa per decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico e che l’ISS ha stimato nel 40% del totale le morti dovute a ciò che respiriamo negli ambienti confinati, capisci insomma che quello della qualità dell’aria negli ambienti indoor è un tema decisivo.

Conti alla mano, ha riassunto il presidente della Sima, si tratta di 36mila decessi prematuri all’anno dovuti alla cattiva qualità dell’aria in case, edifici chiusi, uffici, mezzi di trasporto. Un’enormità.

Linee che «non guidano»

All’indomani della pubblicazione delle linee guida in Gazzetta Ufficiale, a far discutere è stato il punto che riguarda il ricambio d’aria all’interno delle aule. Non tanto il cosa, quanto il come.

Il Governo ha riconosciuto l’imprescindibilità di una buona e salubre qualità dell’aria degli spazi scolastici chiusi ma ha puntato tutto sulla ventilazione «naturale» per mezzo dell’apertura delle finestre, percepita come la prima e più efficace forma di ricambio d’aria adeguata per una classe di scuola.

L’utilizzo dispositivi di ventilazione o purificazione, si legge nel documento, è di giovamento “solo se comportano un miglioramento dell’aria indoor” perché è possibile “che la semplice ventilazione delle aule attraverso l’apertura delle finestre possa migliorare sensibilmente la qualità dell'aria, favorendo la diluizione e la riduzione sia di agenti chimici liberati all’interno sia di  virus e batteri rilasciati dagli occupanti”. 

Un sistema evidentemente meno costoso che, tuttavia, rischia di risultare drammaticamente insufficiente per garantire una buona qualità dell'aria indoor. “Possiamo definirle «linee di non guida» – ha continuato il dottor Miani – L’apertura delle finestre può essere utile per diluire ciò che di inquinante è presente nell’aria indoor ma non può bastare”.

La stessa preoccupazione ce l’aveva espressa anche il professor Giorgio Buonanno. Spiegandoci nel dettaglio funzionamento e vantaggi della ventilazione meccanica controllata, il fisico ci aveva raccontato che la ventilazione naturale attraverso le finestre aperte ha un’efficacia limitata perché non permette di controllare quanta aria si sta scambiando tra dentro e fuori e perché la sua portata è comunque insufficiente. «Prendiamo il caso di una scuola – aveva sintetizzato Buonanno – Qui è stato stimato che aprendo le finestre in una classe non si arriva a più di 3 ricambi all’ora, mentre gli studi indicano che ne servono almeno 5-6».

Considera poi che la reale efficacia delle finestre aperte sull’abbattimento del rischio varia anche a seconda di come è fatta la struttura, dove sono rivolte le aule, da quanto sono grandi le finestre.

La soluzione ottimale, secondo il presidente della Sima, sarebbero quindi i sistemi di ventilazione meccanica controllata. “Due anni fa abbiamo fatto uno studio con l’Ospedale Bambino Gesù di Roma in cui abbiamo osservato che il rischio di contagio legato al Covid-19, al chiuso, si abbatteva del 99,6% con la VMC ad una corretta portata d’aria”.  

Prendendo come criterio di analisi la misurazione in continuo della anidride carbonica, la Sima ha poi stimato che con livelli di CO2 pari o inferiori a 700ppm, il rischio di respirare aria espirata da altre persone è inferiore all’1%. Come ottenere questi livelli? “Aprire finestre e porte non sempre basta. Bisognerebbe dare precise e semplici indicazioni ai Dirigenti Scolastici sui volumi d’aria da cambiare ogni ora, gli strumenti di controllo (come i device di monitoraggio della CO2) e fornire loro i fondi necessari a poter dotare le proprie classi delle tecnologie utili a mitigare realmente il rischio airborne del virus”. 

L’Italia rincorre

Secondo gli esperti, insomma, gli impianti di VMC sarebbero in grado di risolvere il problema degli inquinanti all’interno di spazi chiusi come le aule di scuola. Ma è pur vero che si tratta di soluzioni costose: pensa solo a quanto costerebbe dotare ogni singola aula di ogni singola scuola di un impianto del genere.

Esistono, tuttavia, altre strade percorribili. Il dottor Miani ci ha raccontato che in Germania, per esempio, si è investito sugli impianti di VMC (stand alone o centralizzati) ma gli Usa hanno spinto invece sulla purificazione dell’aria nanometrica attraverso dispositivi con una tecnologia che si chiama DFS (o filtrazione disinfettante).

“Questi dispositivi stand alone sono in grado di trattenere ed eliminare nanoparticelle fino a 20 volte più piccole di Sars-CoV-2. Quasi tutte le scuole statunitensi sono state dotate di questi purificatori d'aria, che hanno un costo basso e sono altrettanto sicuri ed efficaci”.

Rileggendo poi il documento ministeriale uscito sulla Gazzetta Ufficiale, il presidente Sima ho notato anche come “la responsabilità venga rimandata ai presidi che dovrebbero individuare all'interno dei propri Istituti una figura tecnica che deve sapere predisporre gli interventi adeguati al mantenimento di una buona qualità dell'aria. Il problema – dice – è che in Italia questa figura non esiste. Negli Usa invece ogni scuola ha il proprio manuale di «indoor air quality» e ogni plesso scolastico ha un responsabile della qualità dell’aria indoor. Figure preparate ad hoc”. 

E l’imminente rientro a scuola?

La sola apertura delle finestre, insomma, rischia di non essere sufficiente, soprattutto senza un parametro come la misurazione della CO2, è altamente difficile stabilire se un’aula può considerarsi sicura aprendo le finestre e per quanto tempo.

Per questo la Sima ha suggerito ai ministeri competenti di dotare tutte le aule di sensori smart per misurare la CO2 in continuo. “Saranno gli stessi sensori ad evidenziare quelle situazioni di criticità in cui è necessario intervenire con sistemi di ventilazione meccanizzata, purificazione dell'aria, uso di «coating» fotocatalitici al biossido di titanio a base di etanolo, in grado di eliminare il virus o di diluirne significativamente la presenza nell'aria indoor. Eppure, niente”.

A settembre mancano poche settimane e il ritorno sui banchi è sempre più vicino. Secondo il presidente della Sima non si tratta solo di un rientro uguale a quello scorso dal momento che non è cambiato niente da 3 anni a questa parte. Non vengono date indicazioni né strumenti finanziari per poter migliorare la qualità dell’aria nelle aule e quindi mitigare veramente il rischio Covid-19”. 

Anzi, per il dottor Miani questo rientro a scuola è purepiù pericoloso, visto che è stato anche tolto l’obbligo delle mascherine, se non per i soggetti fragili”. 

I presidi

La preoccupazione per l’imminente rientro a scuola arriva e interessa il lato medico/sanitario tanto quello scolastico/dirigenziale. La dottoressa Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio e dirigente del Liceo Newton di Roma, si è infatti detta preoccupata per un rientro sui banchi carico delle stesse criticità dell’anno scorso, aggravate però dal fatto che non sarà più obbligatorio coprirsi naso e bocca.

Anche lei è convinta che in questo contesto, aprire le finestre per cambiare aria non sia un sistema efficiente e sufficiente: “Soprattutto quando si parla di ambienti costantemente sovraffollati. Basti pensare alle scuole superiori dove ci sono aule che dovrebbero contenere 20 studenti e invece ne tengono normalmente 30”. 

La dottoressa Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio

Se i sistemi di VMC oggi sono irrealizzabili, per costi e tempistiche, un soluzione-tampone potrebbero essere i famosi rilevatori di CO2 che permettono di non tenere aperte le finestre quando è strettamente necessario.

Vero, ma chi paga? “I costi di questi dispositivi sono sostenibili, ma sono comunque a carico delle scuole. Il punto è sempre questo – ha continuato la dottoressa Costarelli – Se non si investe si resta fermi. Dal PNRR sono arrivate moltissime risorse ma non sono finalizzate a questi interventi”. 

L’unica opzione, dice, è affidarsi alla volontà dei singoli enti locali, come la Regione Marche che ha avviato un progetto di installazione di impianti di VMC nelle aule. “In Lazio un’iniziativa del genere non è nelle più lontane previsioni di bilancio”. 

Poi c’è l’altra grande questione delle tempistiche. Mettere in pratica per settembre ciò che prevedono le linee guida pubblicate ad agosto pare per il dirigente scolastico altamente impossibile. Sull’anno prossimo siamo completamente fuori tempo. Le linee guida poi dicono che i dirigenti scolastici devono chiedere ad Arpa e Asl di fare monitoraggio e poi, nel caso di criticità, chiedere agli enti locali di intervenire con personale tecnico qualificato ma quest’iter non è stato ancora strutturato. Cosa succederebbe se tante scuole chiedessero supporto? Che tempi servirebbero per avviare un intervento?”. 

Con la campanella pronta a suonare, resistono preoccupazioni e criticità che rischiano davvero di compromettere l’obiettivo di un ritorno a scuola stabile, duraturo e non singhiozzante e soprattutto sicuro.

È sempre difficile trovare un equilibrio tra la massima normalità, di cui abbiamo sempre più bisogno, e la massima prevenzione, di cui non possiamo fare a meno. “In questo caso però – ha concluso la dottoressa Costarelli – sembra che si stia pendendo per una massima – o forse troppa – normalità, dimenticandoci che siamo ancora in tempo di pandemia”. 

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