Il rischio viene respirando: nei giorni in cui l’aria è molto inquinata crescerebbe il pericolo di aritmie cardiache

Uno studio italiano ha messo in correlazione i casi di aritmie ventricolari con i livelli di inquinamento atmosferico nella zona di Piacenza evidenziando un legame tra i livelli di Pm10 e Pm2,5 e un maggior rischio per il cuore.
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Kevin Ben Alì Zinati 27 Maggio 2022
* ultima modifica il 27/05/2022

La tua salute sta anche nell’aria che respiri. Un discorso che funziona anche al contrario: l’aria cui tutti i giorni sei esposto quando vai al lavoro, al parco o a pendere un caffè al bar, se inquinata, può incedere pesantemente sulla salute, in particolare quella del tuo cuore.

Alti livelli di inquinamento atmosferico, infatti, potrebbero favorire casi di aritmie cardiache potenzialmente fatali. Lo suggerisce uno studio italiano presentato a Heart Failure 2022, il congresso scientifico della European Society of Cardiology di Madrid.

I dati portati di ricercatori rappresenterebbero un’ulteriore conferma dell’allarme descritto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui l'inquinamento dell'aria ogni anno sarebbe responsabile di circa 4,2 milioni di decessi.

Lo spunto per questa nuova indagine è arrivato dall’osservazione, acuta e precisa, di quello che fin da subito è sembrato qualcosa di più di una semplice coincidenza: gli accessi in pronto soccorso dei pazienti con un defibrillatore impiantabile per aritmia sembravano concentrarsi proprio nei giorni con livelli di inquinamento molto alti.

Così i ricercatori hanno provato a mettere in relazione i due fenomeni, studiando il legame tra i casi di aritmie ventricolari e l’inquinamento atmosferico di Piacenza, classificata al 307esimo posto su 323 città per concentrazioni medie annuali di PM2,5 nel 2019 e nel 2020 da parte dell’Agenzia europea dell’ambiente.

Lo studio ha coinvolto 146 pazienti che hanno ricevuto un defibrillatore impiantabile tra gennaio 2013 e dicembre 2017. Di questi, 93 ne hanno avuto bisogno a causa di un’insufficienza cardiaca dopo un attacco cardiaco, 53 soffrivano di una condizione cardiaca genetica o infiammatoria e 79 pazienti non avevano mai avuto episodi di aritmia ventricolare.

A ciascuno di questi è stato assegnato un livello di esposizioni agli inquinanti atmosferici in base al proprio indirizzo di casa.

Le concentrazioni giornaliere di PM10, PM2,5, monossido di carbonio (CO), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) invece sono arrivate dalle stazioni di monitoraggio dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale.

Dati alla mano, i ricercatori hanno quindi studiato la relazione tra i livelli di inquinanti e l'insorgenza di aritmie ventricolari registrando 440 casi di aritmie ventricolari e scoprendo un’effettiva correlazione con i livelli di inquinamento nell'aria.

Hanno visto che per ogni aumento di 1 μg/m3 di PM2,5, il rischio di aritmie ventricolari aumentava dell’1,5% e che quando queste concentrazioni aumentavano di 1 μg/m3 per un'intera settimana, la probabilità aumentava del 2,4%. Quando invece il PM10 è stato di 1 μg/m3 sopra la media per una settimana, il rischio di aritmie era lievitato del 2,1%.

Oltre i numeri e i valori, anche difficili da visualizzare, la conclusione dei ricercatori italiani non lascia spazio a interpretazioni: “Quando le concentrazioni di polveri PM2.5 e PM10 sono elevate potrebbe essere saggio rimanere a casa il più possibile e indossare una mascherina N95 se si va fuori, specie in aree con molto traffico”. 

Fonte | "Air pollution linked to deadly heart rhythm disorde" presentata a Heart Failure 2022, il congresso scientifico della European Society of Cardiology di Madrid 

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.