Il ritorno sui banchi? La dottoressa Bozzola (Sip): “Fa bene ai ragazzi. Non demonizziamo la scuola”

Secondo la Segretaria Nazionale della Società Italiana di Pediatria, tornare a scuola in presenza per i bambini è sicuro e necessario anche per limitare quella che definisce la “pandemia indiretta”. Il dilagare, cioè, di disagi neurospicologici come ansia, depressione o disturbi del comportamento ma anche abuso di sostanze e tentato suicidio che già oggi hanno fatto registrare un notevole aumento di accessi ai pronto soccorso.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Kevin Ben Alì Zinati 19 Gennaio 2022
* ultima modifica il 19/01/2022
In collaborazione con la Dott.ssa Elena Bozzola Segretario Nazionale della Società Italiana di Pediatria

Quando le abbiamo chiesto un commento sulle prime due settimane di rientro sui banchi, Elena Bozzola, Segretario Nazionale della Società Italiana di Pediatria, aveva di fatto la risposta pronta: “Non demonizziamo la scuola”.

Una missione per certi versi ardua se pensi che molte delle paure di una buona fetta di genitori, scienziati e politici si sono avverate quasi tutte.

Il governo da mesi spingeva forte sul rientro in presenza e ha continuato su questa strada nonostante l’impennata di casi sotto le feste e le richieste di molti governatori per un rientro posticipato rispetto al 6 gennaio.

Per scongiurare al massimo le lezioni online è stato introdotto anche un nuovo pacchetto di misure ad hoc per gestire i casi di positività nelle scuole e le quarantene dando spazio alla Dad solo in situazioni di estrema necessità.

Una ripresa indenne al 100% dal virus sarebbe stata impossibile da pretendere ma secondo il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi il piano ha funzionato perché “non ci sono stati disastri”. Un entusiasmo che, tuttavia, non ha trovato d’accordo tutti, nemmeno Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi per il quale “il 50% delle classi” si troverebbe in Dad.

Fuori dai numeri e dalla politica il quadro è un po’ più complicato. Dopo il ritorno sui banchi avvenuto più o meno uniformemente tra il 7 e il 10 gennaio 2022, anche tu oggi avrai sentito di maestri e insegnanti costretti alle lezioni online, avrai contato più di un bambino positivo e isolato a casa e avrai visto più di un genitore alle prese con tamponi, mascherine e misure di protezione varie.

Tra loro c’è anche la dottoressa Bozzola, che da figura istituzionale, scienziata e mamma di due bambini tornati in classe insieme ai compagni, ha comunque voluto disinnescare un po’ il caos nato attorno al rientro in presenza. Difendo strenuamente la scuola perché andare in aula e fare didattica a distanza non sono la stessa cosa – ha spiegato la dottoressa Bozzola – A scuola non si impara solo la storia, la geografia o la matematica ma la vita vera. Stando con i propri simili si favorisce lo sviluppo dal punto di vista dell’apprendimento ma anche da quello neuropsicologico.

I riflessi dello stare lontano dalle classi e dalla normale vita sociale con il tempo sono venuti fuori anche nella popolazione più piccola. Quella che il Segretario Nazionale della Sip aveva già definito la «pandemia indiretta» alla lunga ha sovrastato anche i ragazzi. “Sono sotto gli occhi di tutti i dati legati al lockdown dello scorso anno, non solo in termini di contagio ma anche di disagio neurospicologico che ha avuto sui bimbi e sugli adolescenti”.

L’onda lunga dell’isolamento in questi mesi ha fatto registrare un +84% di accessi ai pronto soccorso pediatrici per disturbi neuropsichiatrici, che vanno dall’ansia alla depressione o ai disturbi del comportamento fino all’abuso di sostanze e anche al tentato suicidio. Tutto a fronte di una riduzione del 40% degli accessi generali ai Ps.

“Per i bambini andare a scuola fa bene” ha chiosato la dottoressa Bozzola, per la quale il dato su cui porre l’attenzione è che il grande aumento dei contagi tra i bambini si è verificato quando le scuole erano chiuse. “Durante le vacanze di Natale siamo passati da una media di 10 accessi in ospedale per Covid a 50. Più che la scuola, dove si sta seduti, si portano le mascherine e gli insegnanti fanno rispettare le misure di prevenzione come il lavaggio delle mani e il distanziamento, i rischi sono legati all’esterno. Alle attività sportive, ai corsi di danza, alla piscina, agli amici a casa, il parco, le festicciole”. Tutta quella socialità dove ci si sente un po’ più liberi ma in cui, invece, si nasconderebbero più rischi.

In effetti, anche Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ci aveva raccontato di una scuola “più sicura” rispetto a tanti altri ambiti. Così come, allo stesso tempo, aveva ribadito l’importanza della vaccinazione per la fascia 5-11 anni.

L’aumento dei positivi tra i bambini è connesso alla variante Omicron non perché siano genericamente più suscettibili di altri ma perché appartengono alla fascia di popolazione oggi meno protetta. “I bambini si trovano più indifesi perché i tassi di vaccinazione sono più bassi, siamo al 15-17% di vaccinazione nella fascia 5-11 anni” ha continuato la dottoressa Bozzola, che nella chiacchierata telefonica si è sentita di indossare per un attimo i panni del genitore lanciando un appello alle mamme e ai papà ancora titubanti sul vaccino.

Sottolineando ancora una volta il positivissimo rapporto rischi-benefici della vaccinazione per i più piccoli, ha spiegato che “far vaccinare i bimbi è una forma di protezione importante e sicura, anche perché sugli 8 milioni di bimbi che l’hanno ricevuto negli Stati Uniti non ci sono stati problemi. "I casi di miocardite sono stati molto ridotti e si sono tutti risolti con un decorso lieve e senza complicanze”. 

La dottoressa Bozzola ha poi voluto condividere con noi questa foto, in cui si vedono i suoi figli, Gabriele e Alessandro, subito dopo la vaccinazione anti–Covid. Il messaggio, secondo la segretaria Nazionale della Sio, è per i genitori ancora titubanti: "fidatevi della scienza".

Se la paura sono gli effetti collaterali, la raccomandazione «amica» della dottoressa Bozzola è quella di non spaventarsi. La dose somministrata ai bambini è un terzo rispetto a quella degli adulti e per questo ridurrebbe ancora di più le reazioni indesiderate. “Se poi insorgono – ha concluso il segretario nazionale Sio – sono fondamentalmente le stesse delle altre vaccinazioni cui hanno già sottoposto i bambini quindi febbre, stanchezza, dolore o rossore nel punto di somministrazione. Ma stiamo tranquilli. Il vaccino serve proprio per questo: prevenire l’infezione e mandare i nostri figli a scuola con serenità e, ovviamente, nel rispetto di tutte le norme anti-Covid”.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.