Il ruolo del farmacista nella tua vita? ll dottor Castelli: “Da professionisti del farmaco dobbiamo diventare professionisti della salute”

Nella vita del cittadino il farmacista non si limita alla sola distribuzione del farmaco: è un alleato sempre presente e un punto di riferimento sul territorio. Ma è anche un importante sostegno all’attività del medico, come dimostrato durante il periodo della pandemia da Coronavirus. Ma chi è davvero il farmacista nella tua vita? E come può diventare ancora più determinante? Nella giornata mondiale del farmacista l’abbiamo chiesto al dottor Dario Castelli, rappresentante rurale dell’area di Lodi.
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Kevin Ben Alì Zinati 25 Settembre 2020
* ultima modifica il 25/09/2020
Intervista al Dott. Dario Castelli Farmacista rurale, tesoriere di Federfarma Milano, Lodi e Monza-Brianza e rappresentante rurale dell’area di Lodi. 

Quando c'è di mezzo la tua salute, tra te e il tuo medico si inserisce lui, il farmacista. Ovvero quella figura professionale che, da dietro a un bancone, trasforma un pezzo di carta (o digitalizzato) in un passo concreto verso la guarigione o il superamento di un disturbo. Ma il farmacista non è solo questo: è un alleato di cui fidarsi e a cui affidarsi, una porta sempre aperta, a volte è anche un amico. Nella Giornata Mondiale a loro dedicata, ce l'ha spiegato il dottor Dario Castelli, farmacista rurale, tesoriere di Federfarma Milano, Lodi e Monza-Brianza e rappresentante rurale dell’area di Lodi. Uno, insomma, che vive i pazienti tutti i giorni, sul campo e in prima linea.

Dottor Castelli, qual è oggi il ruolo del farmacista nella vita e nella salute del cittadino? 

Il farmacista rappresenta un’estensione del Servizio Sanitario Nazionale sul territorio. Siamo una presenza molto accessibile sia da un punto di vista geografico, grazie all’ampia capillarità, sia dal punto di vista del tempo: la farmacia nei quartieri o nei paesi di tutta Italia è quasi a tempo pieno, con le aperture giornaliere e le notti che facciamo, ci siamo sempre. E in occasione di questa pandemia l’abbiamo dimostrato. Le farmacie non hanno mai chiuso, siamo sempre stati il primo accesso sanitario anche nei paesi all’interno di zone rosse.

Per la cittadinanza la farmacia infatti è sempre più un punto di riferimento.

La nostra missione è di distribuire i farmaci ma tra l’utente e il farmacista si instaura un rapporto di fiducia, conoscenza e confidenza. Questo non solo facilita molto l’accesso da parte del pubblico a determinate informazioni. Bisogna però anche considerare che con noi, a volte, gli utenti hanno meno barriere, esprimono disagi e problematiche in maniera più aperta e il confronto con noi può aiutarli nel successivo incontro con il medico.

Il dottor Dario Castelli, farmacista rurale e tesoriere di Federfarma Milano, Lodi e Monza–Brianza

Secondo lei cosa c’è da migliorare nell’universo delle farmacie italiane? 

Dovremmo poter tornare a distribuire anche quei farmaci che da qualche anno sono erogati solo dagli ospedali. Si tratta dei cosiddetti farmaci innovativi, che per logiche diverse non passano più dalle farmacie. Con gli spostamenti e gli assembramenti in ospedali caldamente sconsigliati, poter avere tutti i farmaci comodamente nella propria farmacia di riferimento sarebbe importante. È un problema che, con impatti più o meno grandi, riguarda tutte le regioni d’Italia, e a rimetterci è il cittadino, che deve fare chilometri inutili per prendere un farmaco che potrebbe ritirare da noi.

Un punto da affinare potrebbe essere anche il pacchetto di servizi erogati all’interno da una farmacia?

In questo periodo siamo stati un supporto importante nella telemedicina e poter eseguire esami semplici come l’elettrocardiogramma, senza sostituirci ai ps o ai reparti ospedalieri, sarebbe un vantaggio per tutti. Noi farmacisti siamo definiti professionisti del farmaco ma in senso lato siamo e dobbiamo diventare dei professionisti della salute. Poter usufruire di servizi in farmacia è molto importante per la cittadinanza. Quando in Lombardia è stata autorizzato lo screening per il tumore del colon retto, per esempio, siamo stati in grado di aumentare esponenzialmente la copertura dello screening e in molti casi abbiamo anche contribuito a portare pazienti positivi a trattare e risolvere il problema prima che la situazione sfociasse in una patologia più grave. Abbiamo dato la dimostrazione sul campo di come le farmacie possano aiutare concretamente.

Oggi che siamo ufficialmente entrati nell’autunno, lo stesso discorso potrebbe valere anche per il vaccino antinfluenzale? Tra l’altro è arrivato anche il “no” da parte della Camera all’idea di coinvolgere le farmacie nell’imminente campagna vaccinale.

Quella dell’antinfluenzale è una battaglia culturale difficile, che ha bisogno di tempo. Il miglior modo perché la farmacia possa avere successo è dare testimonianza di ciò che stiamo facendo. Ricordo 20 anni fa quando le farmacie iniziarono a provare la pressione ai pazienti: molti medici erano scettici e contrari, ora invece ci inviano i loro pazienti. I medici hanno tutte le ragioni di avanzare i loro dubbi, noi come categoria abbiamo tutti gli strumenti per fugarli. C’è e ci deve essere uno spirito di ampissima collaborazione: siamo davvero fianco a fianco per la cittadinanza.

Dottor Castelli, proviamo a sognare: qual è il passo che potrebbe davvero portare le farmacie italiane nel futuro? 

Una maggior interazione della farmacia con tutti gli altri ingranaggi del Ssn, più dialogo con gli ospedali e il medico di medicina generale, soprattutto nella presa in carico del paziente. Il grande sogno sarebbe poter seguire, nel vero senso della parola, il paziente a domicilio per migliorare l’aderenza terapeutica, assicurandosi che ciò che viene prescritto dal medico e poi fornito dal farmacista venga realmente assunto. Sarebbe la vittoria più grande.

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