C’è un famoso film di inizi anni Duemila che racconta la crisi dei missili di Cuba dall’interno della Casa Bianca.
Attraverso gli occhi di un consigliere particolare del presidente Kennedy racconta cioè cosa successe in quei delicatissimi tredici giorni di ottobre 1962, quando l’Unione Sovietica installò missili balistici dotati di testate nucleari a due passi dalle coste degli Stati Uniti e il mondo fu a tanto così dalla terza guerra mondiale.
Di quel film torna in mente la battuta del braccio destro di JFK di fronte alle fotografie scattate dagli aerei spia statunitensi, con le prove che i lavori del personale militare proseguivano spediti. Sfogliandole una dopo l’altra ebbe come la sensazione di “vedere le navi giapponesi salpare per Pearl Harbor”. Di assistere cioè al peggio mentre si concretizzava.
È un po’ la stessa sensazione che abbiamo oggi mentre assistiamo all’Africa che dichiara il vaiolo delle scimmie come un’emergenza sanitaria e l’Oms che ne estende la portata a livello internazionale. Quando leggiamo di un caso di infezione in Svezia, poi uno in Spagna, poi cinquanta in Messico, poi uno focolaio forse in Italia.
Guardiamo l’Mpox disperdersi sempre di più nel mondo e ci siamo guadagnati un posto in prima fila per la nuova crisi sanitaria globale. Se, insomma, stiamo assistendo alla nascita di una nuova potenziale pandemia in stile Covid-19.
Ma è davvero così? E soprattutto, quando guardiamo oggi il vaiolo delle scimmie che cosa stiamo effettivamente guardando? La dott.ssa Silvia Nozza, infettivologa dell’Unità di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele ci ha aiutato a fare chiarezza, a delirare bene i contorni del quadro e, soprattutto, a smorzare allarmismi non necessari.
Dottoressa, facciamo un passo indietro. Dopo quanto successo tra il 2022 e il 2023, il MPOX, precedentemente conosciuto come vaiolo delle scimmie, è di nuovo sotto i riflettori, prima in Africa e di riflesso a livello internazionale. Secondo i CDC africani, l’Africa sarebbe stata un po’ dimenticata dal resto del mondo: per questo, insomma, la situazione del Mpox oggi è sfuggita di mano. Che cosa è successo?
Ad oggi sappiamo che esistono due ceppi del virus: clade di tipo I e clade di tipo II. Il ceppo I è sempre stato presente in Africa dando delle epidemie più o meno gravi nel tempo e interessando gli altri Paesi solo come malattia di importazione. I contagiati erano dunque soprattutto operatori sanitari o persone di ritorno dalle zone endemiche dell'Africa come la Repubblica Democratica del Congo che in un secondo momento tornavano nel proprio Paese. Qualche anno dopo si è diffuso un altro ceppo, il clade II, soprattutto come un’infezione sessualmente trasmissibile. Le persone che avevano delle lesioni cutanee simili a quelle della varicella, entrando in contatto con altre persone potevano trasmettere il virus. Quello che l’Africa ha giustamente sottolineato è che una campagna vaccinale massiva è avvenuta soltanto due anni fa e solo nei confronti di popolazioni a rischio sessuale come gli uomini che fanno sesso con uomini. Adesso, nel caso di questa nuova variante si sta invece giustamente stimolando la vaccinazione delle persone che stanno in posti endemici quindi dell'Africa.
Come avviene dunque il contagio da uomo a uomo?
Attraverso contatto diretto con le lesioni attive o con vescicole a livello cutaneo, e quindi visibili, simile a quelle della varicella. A livello orale e a livello genitale invece assomigliano a delle ulcere. In questo senso, dunque, rientra il rapporto sessuale che rappresenta la forma di contatto stretto per eccellenza. Poi, solo in presenza di lesioni attive in bocca, il virus può essere trasmesso attraverso le goccioline.
Ha parlato di due clade distinti ma oggi siamo di fronte un’altra variante più aggressiva.
Oggi siamo a contatto con un sottotipo del clade I, ovvero clade Ib, che ha mortalità più elevata. Bisogna però spiegarla bene.
Prego.
Il concetto di mortalità da Mpox va messo sempre in relazione alle zone di cui si sta parlando. Clade Ib ha una mortalità superiore soprattutto nei bambini e nelle donne gravide (non si tratta di una novità, tra l’altro) ma in questi Paesi la presenza di queste due fasce “deboli” con maggiori possibilità di una forma grave di malattia è più alta rispetto ad altri. Lo stesso discorso vale per la mortalità nei gravi immunodepressi per HIV.
Da emergenza circoscritta al continente africano però Mpox ha poi assunto rilevanza internazionale. Sono stati registrati anche casi europei, uno in Svezia e uno in Spagna. In Italia nel mese di agosto non ci sarebbero stati casi mentre da maggio del 2022 se ne conterebbero oltre mille.
L’incidenza in Italia è “alta” se si pensa che sono stati casi concentrati in pochi mesi ma per la stragrande maggioranza si è trattato di casi avvenuti per trasmissione sessuale o comunque riconducibili ad essa. Non dobbiamo dunque aver paura di questi numeri, anche perché in seguito a quanto osservato due anni fa, le persone più ad alto rischio per acquisizione per via sessuale sono state vaccinate.
Non saremmo dunque nell’anticamera di una nuova pandemia.
Dico di no perché la modalità di trasmissione è molto più circostanziale: il virus cioè non si trasmette per via aerea. Noi operatori sanitari indossiamo le mascherine a contatto con pazienti affetti da Mpox perché non si possono escludere lesioni all’interno della bocca e quindi la possibilità di trasmissione con le famose goccioline. Mpox però non ha una trasmissione aerea, non ha una contagiosità così elevata e, almeno in Europa, dove c'è la possibilità è sufficiente isolare l’ammalato. Nella maggior parte dei casi, cioè, chi contrae l’infezione ha un andamento che non richiede nemmeno una terapia specifica, basta che rimanga isolato a casa fino a quando la malattia si risolve, esattamente come per la varicella, fino a quando cadono le croste.
Il vaiolo delle scimmie quindi sembra non avere le caratteristiche necessarie per diventare una pandemia grave, seria e incontrollabile come è stata per larghi tratti quella trainata da Sars-CoV-2.
Per ora si tratta di un’epidemia circoscritta all’Africa, il motivo dell’allarme dell’OMS è che bisogna stare attenti a possibili casi di importazione. Per ora, a differenza di due anni fa, si parla di possibilità di importazione quindi di persone che arrivano da zone endemiche e non si parla del rischio di avere casi autoctoni.
Troppo allarmismo e preoccupazione ingiustificati, insomma.
Credo di sì. Certo, bisogna fare comunque giustamente prevenzione ma i centri di malattie infettive sono pronti in quanto abbiamo già affrontato l’Mpox due anni fa, non è una malattia che ci coglie impreparati. Siamo invece perfettamente attrezzati nella diagnosi, nella capacità di isolamento e soprattutto, se necessario sappiamo, come trattare le persone e come prevenirlo.
A proposito di preparazione e prevenzione. Oggi abbiamo un vaccino, Imvanex, approvato originariamente come vaccino anti vaiolo “umano”: siamo sicuri che sia in grado di proteggere contro questo sottotipo di clade Ib?
Si suppone di sì in quanto Mpox è un virus a DNA, quindi stabile e meno incline a mutare. Non siamo di fronte a virus a RNA come Sars-CoV-2 o HIV, per intenderci. Dal punto di vista anche soltanto aneddotico, ricordiamo che durante il 2022 la popolazione più anziana, quindi vaccinata per il vaiolo (i nati fino al periodo 1975-76, quando ancora si faceva la vaccinazione antivaiolosa), non ha contratto la malattia e, se anche l’avesse presa, ha sviluppato una forma di malattia molto più lieve. Questo proprio perché la stabilità del virus e del vaccino fanno sì che ci sia una protezione. Ciò che non sappiamo è per quanto tempo il vaccino sarà protettivo. Abbiamo avuto dei casi di persone che, anche se vaccinate, hanno poi contratto la malattia, ma in forma appunto molto lieve. Al netto del fatto che, si sa, un vaccino non è mai protettivo al 100. Bisogna dire però che al momento non ci sono tantissime dosi disponibili, la produzione è complessa e costosa e per alcuni Paesi rappresenta un problema. Non è un caso se verso l’Africa siano partite donazioni da parte di grandi Stati.
Dopo il Covid si è cominciato a dare più attenzione a queste malattie infettive. La risonanza mediatica riservata a Mpox che cosa significa, secondo lei?
Credo che si stia enfatizzando un po’ troppo questa situazione perché ci sono malattie ben più contagiose e con un'incidenza assolutamente diversa. Forse tutto questo clamore è giustificato dal fatto che in seguito alla pandemia di Covid-19 c’è molta più attenzione per tutte quelle malattie che possono avere un contagio interumano stretto. Finché si osservava soprattutto il passaggio dagli animali – scimmie e roditori – all’uomo, la questione Mpox era molto limitata ad alcune aree in cui c'era la presenza degli animali. Con il passaggio da uomo a uomo, invece, fa più paura perché si pensa alla catena che abbiamo visto durante il Covid. La contagiosità di un virus fortunatamente però dipende da tutta una serie di fattori e in questo caso dal contatto stretto, dunque facilmente controllabile. Tanto per intenderci, se viaggiamo su un aereo con una persona con Mpox e si ha distanza corretta, a differenza di altre malattie respiratorie non si corre assolutamente alcun rischio. Ad ogni modo, oggi è chiaro che le persone e i mezzi di informazione sono diventate molto più sensibili agli ambiti delle malattie infettive. E, in generale, questo è un bene.