In Spagna è nato Teodoro, il primo agnello geneticamente modificato: servirà per studiare i segreti della fecondazione umana

Sfruttando la tecnologia dell’editing genetico, un gruppo di ricercatori spagnoli ha creato il primo agnello geneticamente modificato del Paese. Servirà per studiare i fallimenti riproduttivi negli animali da allevamento ma potrebbe servire anche come modello per comprendere ancora più in profondità la fecondazione nella specie umana.
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Kevin Ben Alì Zinati 15 Agosto 2024
* ultima modifica il 30/08/2024

In una fattoria sperimentale di Madrid, situata a poco meno di 2 chilometri dalla sede del Presidente del Governo spagnolo, c’è un piccolo agnello che scorrazza liberamente da un abbeveratoio all’altro.

Gli è stato dato il nome Teodoro in onore di un vecchio pastore di pecore della cittadina segoviana di Aldea Real, scomparso proprio nel 2024 ma questa non è l’unica particolarità che lo rende speciale.

Teodoro infatti è il primo agnello spagnolo geneticamente modificato. Nato, cioè, dal lavoro di ricerca di un team del Dipartimento di Riproduzione Animale dell’INIA-CSIC dedicato alle potenziali applicazioni di Crispr-Cas9 nella comprensione di complessi aspetti legati alla fecondazione animale e umana.

Teodoro è il primo agnello geneticamente modificato in Spagna. Photo credit: INIA–CSIC

Le famose forbici molecolari, premiate con il Nobel per la chimica nel 2020, hanno permesso di creare una mutazione in un gene potenzialmente nell’animale in grado di aiutare a fare luce, in particolare, sui fallimenti riproduttivi negli animali da allevamento.

Secondo i ricercatori spagnoli potrebbe servire anche come modello per comprendere la fecondazione nella specie umana. Lo ha spiegato in una nota il veterinario Pablo Bermejo Álvarez, responsabile delle indagini e nipote del pastore a cui l’agnello deve il suo nome.

Teodoro apre a scenari ambiziosi e mai scorti prima perché, devi sapere, senza Crispr, queste particolari modifiche genetiche mirate venivano effettuate quasi esclusivamente nei topi dal momento che per intervenire su altri mammiferi servivano tecniche molto più complesse.

È per questo che gran parte della conoscenza che oggi abbiamo sulle basi molecolari di diversi processi biologici provengono da modelli murini geneticamente modificati.

Non che sia un male, anzi, il topo rappresenta generalmente un buon modello per studiare la fisiologia e la patologia umana. Ci sono tuttavia alcuni processi in cui le differenze tra topi e altri mammiferi sono notevoli e decisive e che per questo motivo non possono essere indagati basandosi sui dati di topi geneticamente modificati.

Quando poi la tecnologia dell'editing genetico si è fatta largo tra le maglie della scienza, aprendo alla possibilità di compiere modifiche direttamente sul Dna eliminando (“tagliando”), per esempio, uno o più geni difettosi, danneggiato o controproducenti, i ricercatori spagnoli se ne sono subito serviti per generare delle modifiche specifiche e utili ad approfondire il proprio ambito di ricerca in embrioni bovini e ovini prodotti completamente in vitro.

La loro idea era quella di sfruttarli per studiare la funzione di geni coinvolti in diversi processi di biologia dello sviluppo. Su quale gene siano intervenuti però, ancora oggi resta un segreto.

Questi processi possono essere osservati e monitorati in vitro senza dover generare animali geneticamente modificati ma siccome lo studio dei meccanismi di fecondazione richiede a un certo punto la presenza di gameti da animali geneticamente modificati, dalla “teoria” si è dovuti passare alla pratica.

Così, cinque mesi fa i ricercatori spagnoli hanno trasferito degli embrioni geneticamente modificati in due animali non trattati innescando una gravidanza che, alla fine, ha avuto successo.

“I modelli animali geneticamente modificati sono essenziali per far progredire la nostra conoscenza di qualsiasi processo biologico, compresi quelli coinvolti nella riproduzione. Questi animali contengono modifiche genetiche mirate che eliminano o modificano un gene specifico e, quindi, ci permettono di conoscere inequivocabilmente la sua funzione in un processo biologico” ha spiegato Pablo Bermejo-Álvarez, che ha guidato il gruppo di ricerca insieme a Priscila Ramos -Ibeas e in collaborazione con il gruppo di Julián Santiago Moreno.

Fonte | Dipartimento di Riproduzione Animale dell’INIA-CSIC 

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