In Trentino inaugurata la prima Rsa per malati di Covid: servirà a impedire la diffusione del virus nelle case di riposo

Una struttura nuova e all’avanguardia finalizzata a salvaguardare le strutture per anziani rimaste indenni dai contagi e in cui, se il virus riuscisse a entrare, farebbe una strage.
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Sara Del Dot 14 Aprile 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

Era stato chiaro sin dall’inizio. Le vittime principali dell’epidemia di Covid-19 sono i nostri nonni. Il virus che in questi mesi ci ha costretti a vivere reclusi, anzi, richiusi tra le quattro mura di casa, sulle fasce più anziane della popolazione sta avendo degli effetti ben più tragici di qualche mese di noia. La stragrande maggioranza dei decessi avvenuti a causa del Coronavirus riguarda infatti proprio gli anziani e il suo approdo, per una ragione o per l’altra, all’interno di strutture come le Rsa, le residenze sanitarie assistenziali, segna l’inizio di una vera e propria strage. Perché grazie al fatto che all’interno delle case di riposo gli ospiti vivono a contatto tra loro e operatori e medici entrano ed escono quotidianamente, il virus riesce a diffondersi con una rapidità letale, decimando il numero dei presenti. Per questa ragione a Volano, in Trentino, è stata inaugurata oggi la prima struttura destinata ad ospitare i primi casi di infezione riscontrati nelle case di riposo ancora prive di contagi, in modo da isolarli subito e impedire la diffusione del virus tra i vari ospiti. Si tratta di una struttura all’avanguardia e appena costruita, il cui obiettivo (in origine diverso da questo) è stato rapidamente applicato allo stato di emergenza in cui le Rsa del territorio si trovano. Oggi, nel giorno dell’apertura, sono arrivati i primi quindici ospiti e i primi operatori sanitari che se ne occuperanno.

Ma come funzionerà questa struttura, progetto pilota in Italia? Come verranno protetti e controllati gli operatori che vi lavorano? E come è organizzata? Per capire meglio, abbiamo intervistato Francesca Parolari, presidentessa della APSP Opera Romani di Nomi, che si occupa della struttura.

“Quello della Rsa-Covid inaugurato oggi è un edificio completamente nuovo che avremmo dovuto aprire verso la fine della primavera di quest’anno." Racconta Francesca Parolari. "In origine era destinato a essere una Rsa e avrebbe dovuto accogliere alcuni ospiti attualmente presenti nella sede di Nomi, dal momento che si tratta di una struttura nuova che presenta spazi più moderni rispetto a quelli un po’ più vecchi che ci sono nella centrale di Nomi. Tuttavia, una settimana fa abbiamo iniziato a ragionare su quale potesse essere la strategia migliore per salvare le strutture ancora prive di contagi e naturalmente è emerso che quando in una struttura ancora “pulita” si verifica un’infezione da Coronavirus è opportuno spostare subito la persona infetta per evitare che il contagio si propaghi provocando danni irreparabili.”

Cosa che, nelle strutture già attive, è molto complicato realizzare dal momento che le Rsa sono caratterizzate da una forte connotazione sociale e anche gli spazi non sono creati per isolare i pazienti ma per farli stare insieme e combattere la solitudine. Di conseguenza, sarebbe stato molto complicato trasformare alcuni reparti in reparti infettivi e dividere nettamente le attività dei pazienti Covid da quelle dei pazienti sani. La decisione definitiva dell’Opera Romani di mettere a disposizione la struttura di Volano è stata poi resa decisiva dalla circolare del Ministero della Salute in cui si segnalava la necessità di istituire strutture intermedie per approntare cure specifiche per i malati.

“Abbiamo messo in campo uno sforzo organizzativo immenso per rendere tutto pronto in appena una settimana, ma oggi siamo riusciti ad aprirla, riconvertendo questa Rsa in una struttura in grado di ospitare malati di Covid o sospetti tali. Tutto questo, naturalmente, a vantaggio di tutte le strutture del Trentino che ancora sono indenni dal virus.”

E a livello di ospiti e personale come funziona?

“Oggi abbiamo già trasferito un piccolo nucleo di persone e con loro è andato tutto il personale che li stava già seguendo. Naturalmente poi ci regoleremo in base a quanti pazienti verranno ospitati, ma una base di personale è già garantita. Da oggi è presente in struttura un’equipe composta da personale di Opera Romani coordinata da un medico, un’infermiera con esperienza in infettivologia e c’è anche il supporto del dottor Girardello, che è il primario di geriatria dell’ospedale di Rovereto. Infine, abbiamo a disposizione la supervisione finale della task force provinciale creata per dare supporto alle APSP territoriali. Quindi saranno sempre presenti operatori socio sanitari e infermieri di Opera Romani, coordinati con il medico e l’infermiera. Poi, mano a mano che gli ospiti aumenteranno, verranno concordate con le strutture anche modalità di messa a disposizione del loro personale, che andrà a integrare la nostra equipe. C’è poi da sottolineare che il nostro personale ha aderito volontariamente alla proposta di lavorare nella struttura. Noi abbiamo chiesto la disponibilità e tutti, nessuno escluso, hanno accettato di trasferirsi, di andare a lavorare in questa nuova struttura.”

“L’obiettivo principale è quello di creare un centro di eccellenza rivolto alle persone più fragili, agli anziani a cui mettiamo a disposizione le nostre migliori risorse per poterli aiutare a guarire e riaccompagnarli poi nelle loro strutture. Inoltre lo spazio avrà anche una funzione di medio-lungo termine. Infatti, visto che avremo a che fare con il virus fino a quando non sarà disponibile un vaccino, questa struttura potrà anche avere funzione di filtro, consentendo una sorta di periodo di transizione alle persone che devono fare il loro primo ingresso in Rsa per evitare che portino il contagio dove ci sono altri anziani. I nostri ospiti passeranno quindi una quindicina di giorni in una struttura intermedia per poi essere inseriti nelle Rsa di destinazione. Insomma, c’è uno spazio destinato al reparto Covid, che ospita proprio i malati, e un’altra ala distaccata che funge da zona filtro.”

E come saranno gestite le distinzioni degli spazi e le procedure di entrata e uscita?

“Vengono applicati criteri e procedure molto rigidi, gli stessi che si applicano in qualsiasi realtà in cui viene gestito il rischio contagio. La struttura è nuova, c‘è l’ossigeno presso ogni postazione letto, c’è ossigeno centralizzato, un sistema di ricircolo dell’aria molto moderno che limita al massimo i rischi, è una struttura domotica… Insomma, cerchiamo di offrire a queste persone tutto il meglio per questa permanenza temporanea.”

E il personale ogni quanto verrà controllato? Vengono fatti dei tamponi agli operatori?

“Al momento noi effettuiamo tamponi ogni quindici giorni a tutto il nostro personale, quindi nel caso in cui intercettassimo un contagio saremmo in grado di bloccarlo subito. Ora stiamo cercando di capire se è possibile accorciare anche questo periodo per effettuare tamponi con maggiore frequenza. L’importante è riuscire ad arginare i contagi il più possibile, cercando di preservare le strutture indenni che al momento rappresentano circa il 30-40% delle strutture sul territorio e che rappresentano le uniche con cui al momento collaboreremo”.

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